Vito Bardi
3 minuti per la letturaPOTENZA – È un prezzo altissimo quello pagato dal governatore Vito Bardi per il “no” alla giunta fotocopia che gli era stata chiesta dai partiti della sua vecchia maggioranza (LEGGI). Dopo mesi di tensioni e richieste di rilancio dell’azione amministrativa della Regione alimentate da quegli stessi partiti.
A dar fuoco alle polveri, quasi certamente, è stato il flop del tentativo di imporre a Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia un rinnovamento complessivo dei 5 assessori in carica del 2019. Dopo il fallimento di quello iniziale di intervenire sostituendo i soli Rocco Leone e Donatella Merra, il primo di Forza Italia e il secondo della Lega, confermando l’altro leghista, Francesco Fanelli, il forzista Franco Cupparo, e il meloniano Gianni Rosa. Che poi è stata la premessa dell’azzeramento di giunta deciso all’inizio del mese per dare un’accelerazione alle trattative. A distanza di un mese dall’annuncio del ritiro dalla giunta stessa, poi in realtà mai formalizzato, dei due assessori leghisti. Solo un rinnovamento totale, infatti, avrebbe potuto indorare la pillola per i sostituiti.
La soluzione adottata per il Bardi bis, invece, è stata quella della conferma dei leghisti Fanelli e Merra, quest’ultima persino con le stesse deleghe, e la sostituzione dei soli Cupparo, Leone e Rosa, con i forzisti Dino Bellettieri e Vincenzo Acito, e un transfuga dei meloniani come Vincenzo Baldassarre. Col risultato di portare allo strappo di Leone e dei restanti meloniani, Tommaso Coviello e Piergiorgio Quarto, e il ritiro a Francavilla di Cupparo, che ora minaccia di disertare l’aula del Consiglio sino alla fine della legislatura. Riducendo la non-più-maggioranza all’interno del parlamentino lucano da 13 a soli 9 voti utili su 21. Due in meno della maggioranza assoluta, e con tutta una serie di problemi nella composizione e nel funzionamento delle commissioni consiliare. Un problema, quest’ultimo, che rischia di portare alla sostanziale paralisi dell’attività del Consiglio con conseguenza a cascata anche su tutti gli enti regionali la cui effettiva capacità di spesa dipende dall’approvazione di bilanci e stanziamenti in via Verrastro.
Senza considerare che all’orizzonte c’è anche il tema del rinnovo dell’ufficio di presidenza del Consiglio regionale dove un altro leghista, Carmine Cicala, aspira alla conferma contro una parte del suo stesso partito.
Che la chiusura del Bardi bis abbia lasciato con l’amaro in bocca persino alcuni dei “miracolati”, in realtà, s’è visto bene proprio martedì. Durante il pesante attacco al governatore dell’ex assessore Rocco Leone. E ancora ieri tra quanti nella non-più-maggioranza hanno commentato l’accaduto esprimendo solidarietà a quest’ultimo, più che al “loro” presidente.
Con un altro governatore, più politico di Bardi, è difficile immaginare una scena simile senza una stuola di consiglieri a frapporsi a difesa del loro “capo”. O anche solo a disturbare l’invettiva del Leone di turno per creare lo scompiglio necessario a ottenere la sospensione della seduta. In maniera da concedere al presidente tempo utile per meditare sulla risposta più adeguata da fornire, o anche soltanto a calmarsi.
Tecniche abusate persino nel più piccolo dei consigli comunali a difesa del sindaco di turno dai loro più feroci oppositori. Eppure dimenticate, oggi, anche da quanti si professano esponenti del “partito del presidente”.
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