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Angelo Chiorazzo

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Nell’intervista al Quotidiano Angelo Chiorazzo non ha dubbi tra la sua visione della Basilicata e le sferzate a Bardi e al possibile contendente Latronico (FdI)

Angelo Chiorazzo, quale sarà la prima cosa di cui si occuperà se dovesse essere eletto presidente della Basilicata?

«Un piano straordinario per risollevare la sanità lucana dallo sprofondo nel quale è caduta. Una ferita lancinante sulla pelle dei lucani, che non possono curarsi nel luogo dove vivono. Investimenti straordinari, rinnovata organizzazione e motivazione delle strutture e del personale sanitario per abbattere le liste d’attesa e garantire le cure su tutto il territorio lucano. Sulla cura della salute ogni minuto perso è un danno che per taluni, soprattutto i più deboli, può rivelarsi irreparabile. E poi il lavoro che manca, le infrastrutture carenti, l’agricoltura abbandonata al coraggio dei singoli operatori e l’ambiente con le sue emergenze.
Su questi temi la Basilicata ha bisogno di un vero e proprio piano Marshall. Tante emergenze da affrontare con immediatezza, perché questo centro destra ci consegna una Basilicata in ginocchio. Rimetterla in carreggiata sarà una molto faticoso. Ma come non considerare prioritarie in questa sfida la questione Stellantis e del comparto automotive, il recupero di un ruolo centrale della Regione nella gestione dell’acqua, l’attenzione per Matera, motore del sistema turistico regionale e patrimonio dell’umanità. Sarà importante per affrontare al meglio tutte queste emergenze avviare una operazione verità sui conti della regione fortemente compromessi».

Sanità disastrata, spopolamento, crisi dell’automotive e transizione energetica. Quali sono le sue idee nuove per cambiare la Basilicata?

«Riparto dalla frase di De Gasperi che ho citato nella mia prima uscita pubblica: bisogna sempre promettere un po‘’’ di meno di ciò che si è sicuri di poter mantenere. E sui temi che lei mi propone so che non si possono affrontare con la bacchetta magica. Ma è obbligatorio recuperare visione, programmazione e metodo di lavoro. Partiamo dalla sanità: è un settore che va seguito, su cui c’è bisogno di un’attenzione continua. Quando diciamo che in questi anni manager sanitari venuti da fuori regione sono saliti e scesi dalle nostre Asl come si fa con un autobus, mortificando le professionalità presenti nelle nostre strutture regionali con atteggiamenti punitivi, con chi ritenuto di non stretta osservanza per compiacere richieste, il più delle volte ordinate da Roma o da Napoli.
Quando denunciamo che le professionalità sanitarie che hanno lottato il covid sono state abbandonate stiamo dicendo il perché, in un quadro nazionale di mancanza di professionalità, la Basilicata è quella che resta dietro tutti. La Basilicata, in linea con l’Italia, ha un sistema sanitario pubblico integrato tra gestione diretta e convenzionata. In un quadro economico sano, si tratta di un sistema virtuoso per gestire picchi di domanda e dislocazione territoriale che per anni ha consentito al sistema sanitario regionale di tenere. Poi è stata innescata una conflittualità interna alla organizzazione del sistema pubblico e poi con i privati, con il risultato che il costo del dell’emigrazione sanitaria si è più che raddoppiato.
Credo che nel nostro sistema sanitario debbano tornare metodo e concordia. E se c’è concordia tutti concorrono a offrire prestazioni all’utenza, senza liste d’attesa improponibili che portano ad andare fuori.
Lo stesso sulla crisi dell’automotive: quali sono i fattori di competitività del territorio? Ne dico uno su tutti: la leva energetica può servire a rendere la localizzazione di aziende in regione più conveniente? Io penso di sì, avremmo a disposizione finanche la risorsa naturale per innescare la leva energetica: il Gas dei giacimenti di Tempa Rossa e Viggiano.
Che fine ha fatto il centro di ricerca e formazione di San Nicola di Melfi? Combattere lo spopolamento è conseguenza del Governare bene le questioni dell’occupazione, il lavoro e poi l’organizzazione dei servizi fondamentali per la vita di ogni cittadino: sanità, scuola e trasporto pubblico. La Basilicata, regione più ricca di risorse d’Italia, deve consentire ai giovani lucani di non partire più e a quelli che sono fuori di rientrare».

Clientelismo e corruzione, due piaghe storiche lucane, come pensa che possano essere superate?

«Sono due piaghe, purtroppo, dell’intero Paese. C’è un problema culturale e la soluzione non può che passare dalla trasparenza. Dovremo lavorare per diffondere una grande cultura della legalità e rendere la pubblica amministrazione quella casa di vetro che troppo spesso esiste solo a parole. E poi le clientele si combattono aiutando le persone ad uscire dall’area del bisogno. Anche per questo: lavoro, dignità e diritti. Dobbiamo avere un atteggiamento inflessibile: attenzione alle necessità e cura dei bisogni di tutti e di ciascuno, ma zero favoritismi. Serve una linea netta. Mettendo in conto che la forza di un sistema non è l’essere immune da problemi, ma il saperli espellere, eliminare nel minor tempo possibile».

Piero Lacorazza si è associato alla richiesta di Margiotta di una nuova discussione all’interno della direzione regionale del Pd. Se alla fine i democratici dovessero decidere di cambiare nome intende candidarsi comunque?

«Premetto che, per rispetto non ho commentato dall’inizio le discussioni interne ai partiti e non inizierò a farlo ora. Sono sempre stato interessato al confronto con tutti, l’ho fatto anche con Piero, e auspico che non si perda altro tempo. E sono convinto che ogni approfondimento del dibattito interno alle diverse forze converga in questa direzione. Mi preme però aggiungere che non mi sono mai sentito il candidato del Pd e non mi sentirei, nell’ipotesi che lei ha fatto, il “non candidato” del Pd.
E su questo mi permetta di ripercorrere brevemente alcuni passaggi che non riguardano direttamente il Pd a cui, in verità devo essere grato per la fiducia dimostrata: il mondo civico, di cui sono espressione, ha prima lanciato un appello alla politica partendo dai temi. Poi ha offerto un nome alle altre forze del perimetro moderato e progressista. Per due mesi, e nonostante l’avvicinarsi delle elezioni regionali, la cosa è stata dai più lasciata in secondo piano senza che si accendesse il dibattito. A seguito di questo ho dichiarato la mia disponibilità, ed è partita la discussione sul metodo indicando la imprescindibile necessità delle primarie. Abbiamo dato disponibilità a seguire anche questa indicazione e ora aspettiamo le logiche conseguenze».

Come spiega la presenza tra i suoi sostenitori di politici e sindacalisti che hanno da sempre combattuto proprio l’affidamento a operatori privati dei servizi sanitari, schierandosi a difesa della sanità pubblica?

«Siamo tutti, e dobbiamo esserlo, per la sanità pubblica. E qui va sciolto un equivoco: il sistema sanitario pubblico e universale non è necessariamente il sistema sanitario reso da dipendenti pubblici. In Italia e in tutto il mondo. Come non sono pubblici i fornitori di farmaci e apparati in ospedale, le aziende che fanno i servizi e le manutenzioni, e via dicendo. Ma è importante, da una parte, che il governo del sistema sia pubblico, per un’altra che non si possa curare solo chi può pagare.
Il sistema sanitario Italiano è stato un’eccellenza che ci hanno invidiato in tutto il mondo per come è riuscito a garantire il diritto di cura universale. La sanità pubblica va difesa, valorizzata e migliorata. E la linea di demarcazione va fatta tra “profit” e “no profit”.
La sanità privata convenzionata è da considerare complementare alla sanità erogata direttamente dalle strutture pubbliche e deve essere regolata in un quadro di certezze, di controlli e di norme che garantisca tutti.
Questa è la sanità pubblica che tutti difendiamo».

Dopo la nascita di Basilicata casa comune, è arrivata una secca presa di distanze della conferenza episcopale della Basilicata che ha smentito l’esistenza di “una lista dei vescovi”, intimando a chi fosse intenzionato a lanciarsi nell’agone politico di rinunciare agli incarichi nelle varie entità riconducibili alla chiesa lucana. Come si spiega questa retromarcia?

«Per la lista dei vescovi credo vada pagato un copyright al vostro giornale, che se non ricordo male coniò questa espressione. Ne colgo il lato comunicativo, soprattutto sul versante ironico, perché è ormai chiaro da decenni che i vescovi non fanno politica ma si occupano di animare le coscienze, orientandole al bene comune.
Qui in Basilicata è successa una cosa significativa e bella. Grazie all’impegno di Lindo Monaco, Fausto Santangelo e tanti altri impegnati da anni nel sociale e nel dibattito sul bene comune, ma senza un intervento diretto in politica, si è creato un vero e proprio fermento che ha portato il 21 giugno alla presentazione di una riflessione sulla Basilicata nel libretto “Segni di speranza” che ha scosso l’opinione pubblica e, credo, anche la politica stessa. Lì è finito il compito dei vescovi lucani e delle varie aggregazioni laicali e alcuni dei protagonisti di questo processo hanno fatto un passo avanti.
E hanno deciso di impegnarsi direttamente, rispondendo agli appelli continui di Papa Francesco, del presidente della Cei, il Cardinale Matteo Zuppi, degli stessi vescovi lucani e tornando indietro, agli innumerevoli appelli di Papa Benedetto e di Giovanni Paolo II a un impegno diretto dei cattolici in politica. Come possiamo non ricordare Paolo VI che definiva La politica la forma più alta di carità. E’ l’insegnamento che ci spinge ad affrontare la politica con spirito di servizio. Un fermento, quello di cui ho fin qui parlato, che ha marciato di pari passo ad altre espressioni civiche laiche, di sindaci, di amministratori, di persone impegnate nel mondo del sindacato e della cultura, con cui alla fine c’è stato un confronto, una sintesi, in un fronte civico ampio e pluralista che ha fatto il mio nome».

Ha avuto modo, invece, di parlare del suo impegno politico con Papa Francesco nei vostri incontri più recenti? Pensa che in Basilicata esista un pezzo di chiesa non bergogliano che potrebbe ostacolare il suo percorso?

«Quando si hanno l’opportunità e l’onore di parlare con il Santo Padre, i colloqui non si raccontano in pubblico. E sulla seconda domanda le dico che una Chiesa bergogliana non esiste, ma esiste una Chiesa Cattolica Apostolica Romana di cui Francesco è il Papa. So che in Basilicata anche tra quanti frequentano le chiese e i sacramenti ci sono persone che ne mettono in dubbio l’autorità. Leggo anche che ci sono persone che pensano che la terra sia piatta. Confido che questi non insegnino nelle università e quelli di prima non abbiano ruoli di rilievo nella chiesa. E rispetto a questo il sostegno al mio percorso è piccola cosa. Ma come dicevo prima, noi ci rivolgiamo ai cittadini, non ai fedeli».

Lei è considerato il prototipo moderno dell’imprenditore cattolico. Non teme che questa sua appartenenza, col riaccendersi dell’indignazione popolare per le ombre persistenti sul ruolo della chiesa potentina nella tragica vicenda di Elisa Claps, possa danneggiarla da un punto di vista elettorale?

«Sono un cooperatore e non un imprenditore cattolico.
Ho letto i diari di Elisa pubblicati da Mariagrazia Zaccagnino. Ci sono alcuni passaggi che mi hanno profondamente commosso e davvero inviterei tutti a leggerlo, lo farei leggere nelle scuole per far capire la bellezza, la dolcezza e la profondità dell’animo di Elisa.
Credo che tutti dobbiamo respingere la volgarità di chi vuole usare la storia di Elisa nella contesa elettorale sporcandola. Elisa deve appartenere a tutti, e, per essere chiaro, credo sia innegabile che sia l’unica vittima, con mamma Filomena, papà Antonio e i fratelli Gildo e Luciano, di questa storia.
La vicenda di Elisa resta un nodo irrisolto nel cuore di tutti. Mi auguro che presto ci sia una profonda operazione di verità che vada oltre quella giudiziaria e che possa lenire la sofferenza di un’intera comunità. E in questo percorso non deve mancare la carità della Chiesa».

Secondo lei, è un caso che il vescovo lucano che ha dato la spinta decisiva alla campagna di ascolto da cui sono nate Basilicata casa comune e la sua candidatura, Vincenzo Orofino, sia stato l’unico a non esprimere pubblicamente solidarietà al vescovo di Potenza, Salvatore Ligorio, per le aggressioni verbali ricevute dopo la prima messa domenicale nella chiesa della Trinità?

«La campagna di ascolto è stata lanciata da tutta la Conferenza Episcopale lucana all’unisono. I vescovi Ligorio e Orofino sono legati da un rapporto di amicizia e profonda stima che, evidentemente, non ha reso necessarie attestazioni pubbliche».

E’ vero che il primo a spingerla a candidarsi a governatore è stato l’ex viceministro Filippo Bubbico, mentre lei cercava di convincere lui a tornare in campo?

«Non so da dove nasca questo retroscena frutto di fantasia. Sono onorato che oggi il presidente Filippo Bubbico mi abbia manifestato la sua fiducia».

Nei giorni scorsi Basilicata casa comune ha annunciato querele nei confronti dell’ex direttore della Nuova del Sud, Mario Isoldi, e di un giornalista milanese, Daniele Martinelli, autore di un video, rilanciato da Isoldi, in cui rievoca tutta una serie di vicende giudiziarie conclusesi sempre con un nulla di fatto, ma che hanno comunque coinvolto: o lei direttamente, o le aziende in cui ha avuto ruoli dirigenziali. Poiché la diffamazione  è procedibile soltanto a querela di parte, dobbiamo intendere che Basilicata casa comune si è fatta portavoce della sua volontà di presentare una querela?

«Quando ho annunciato la mia disponibilità alla candidatura, d’intesa con chi mi aveva spinto a questo passo, ho annunciato anche che avrei fatto una battaglia per la verità contro chi pensa che menzogna e fango possano essere armi politiche. In questa occasione gli amici di Basilicata casa comune mi hanno richiamato a quell’impegno spiegando che non si può consentire di pensare che la diffamazione sia una cosa accettabile. Anche perché, a non chiedere un approfondimento giudiziario si darebbe il destro di dire che se ne ha paura perché c’è qualcosa da nascondere. E da nascondere non c’è proprio nulla».

Cosa ritiene che ci sia di diffamatorio in quanto sostenuto da Martinelli, e nella sua riproposizione da parte di Isoldi, escludendo le omissioni sul suo avvenuto distacco dal gruppo La Cascina?

«Una serie di falsità e imprecisioni degne di un’azione di deliberato killeraggio politico. Un’assoluzione perché il fatto non sussiste riferita come una prescrizione; mi indica come appartenente a un sistema di malaffare mentre fui tra i primi a denunciarlo pubblicamente firmando anche un atto per segnalare quei fatti ai magistrati; attività della Cascina di cui non ho responsabilità né dirette né indirette perché erano successive al mio addio che vengono attribuite alla mia persona. Ancora, sobilla falsità quando dice “probabilmente anche Chiorazzo”, riferendosi ad accuse rivolte ad altri e le estende a me che ne sono totalmente estraneo.
Potrei continuare punto su punto, ma finirei con dargliela vinta e inquinare quello che deve essere un dibattito politico che deve basarsi sui temi e sui programmi. Le dico solo una cosa su Mafia Capitale. In quell’inchiesta alcuni degli imputati, poi condannati, in un’intercettazione dissero che se non fossi stato in qualche modo in vista avrebbero dovuto “fare foco da tempo”. Non mi sono lasciato intimidire allora e certo non mi farò intimidire ora. Da loro come da altri. Quel video è tutto ciò che non deve essere la politica: odio, diffamazione e falsità. Mi candido anche perché non voglio darla vinta a chi agisce così».

Salvatore Margiotta, tra i pochi che non hanno votato in suo favore, ha parlato di “metodo Boffo” a proposito delle critiche piovutegli addosso dalla Nuova del Sud, che è il quotidiano del suo amico Donato Macchia, per essersi espresso contro la sua candidatura. Il suo principale sostenitore politico, che è l’ex ministro Roberto Speranza, subito dopo ha ammesso che è necessaria una «riflessione sull’editoria in questa regione». A cosa pensa che si riferisse?

«Ho stima sia di Margiotta che dell’autore dell’articolo in questione, e parlare di “metodo Boffo” forse è qualcosa che travalica una differenza di opinioni. Ma non mi sento arbitro di questioni che, comunque, non dipendono da mie scelte. E non spetta a me interpretare i pensieri degli altri così come prima del monsignor Orofino e dell’onorevole Speranza. Le posso dire che condivido quello che dice Roberto Speranza: va fatta una seria riflessione sull’editoria in questa regione. Una riflessione che deve garantire un sistema di diffusione e finanziamento che garantisca indipendenza.
Anche la stampa, come l’economia, deve essere sottratta alle forche caudine del sistema della Regione Basilicata o di altri poteri economici. Serve una legge chiara e condivisa, che dia garanzie di autonomia e forza. Non è solo una garanzia per i lavoratori, ma per uno degli elementi cardine della democrazia. E, per quel che mi riguarda, i dibattiti devono sempre essere costruttivi».

Sempre Lacorazza ha criticato i toni complottistici con cui Basilicata casa comune ha liquidato le posizioni di quanti, soprattutto nei 5 stelle, criticano la sua candidatura, ironizzando sul fatto che una coalizione non è “un coro o un gregge”. Poi ha parlato di “gattopardismo in salsa lucana”. Se spera in un sostegno dei vari partiti riconducibili al centro e alla sinistra, perché non ha ancora avviato delle consultazioni con i loro referenti regionali?

«Non ho avuto modo di parlare di questo con Piero e non so a cosa si riferisse. Certo in questi giorni sono circolate anche notizie di accordi trasversali, qualcuno, falsamente, ha messo in mezzo pure noi, e come altri abbiamo smentito. Se qualcuno gioca a fare complotti deve sapere che con noi non c’è dialogo.
Quanto ai rapporti coi partiti, riprendo la frase secondo cui una coalizione è un coro e non un gregge e per questo abbiamo lasciato ai partiti il diritto di iniziativa anche per evitare che qualcuno potesse continuare a parlare di atteggiamento sbagliato. Ma teniamo d’occhio i tempi».

Lacorazza ha ridimensionato il tema di un suo possibile conflitto d’interessi, in quanto consigliere di amministrazione di Auxilium, ma ha espresso preoccupazione per non meglio precisati interessi “nascosti” e “circuiti di relazioni che, se anche meno evidenti, sono stati e sono piombo nella ali per la Regione Basilicata”. Ha idea a chi si riferisse?

«Non c’è nessun conflitto d’interesse, le norme vigenti su questo punto sono chiarissime.
Piero Lacorazza ha una lunga militanza nella vita pubblica della Basilicata in cui ha avuto responsabilità politiche ed amministrative di primissimo piano. Non mi permetto di interpretare il pensiero di nessuno, specie perché su temi così delicati non si può parlare per supposizioni. Ma per battere quel sistema di interessi, quel piombo sulle ali della Regione, e anche quella catena di relazioni corte, clientele e corruzione a cui anche lei prima faceva riferimento, credo che tutti abbiamo un dovere: parlare con chiarezza. Sono certo che anche Piero non mancherà di farlo nelle sedi opportune e nei momenti giusti».

Lei è vice presidente del Potenza calcio del suo amico e sostenitore Donato Macchia, che deve le sue recenti fortune imprenditoriali soprattutto alle autorizzazioni ottenute dalla Regione, perlopiù ai tempi delle ultime amministrazioni di centrosinistra, per lo sviluppo di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Non teme di avere amici e sostenitori troppo interessati alle competenze degli uffici regionali?

«Ho già chiarito alla mia prima uscita pubblica che anche sulle fonti rinnovabili, oltre che sul petrolio, in Basilicata, abbiamo già dato. Sulle rinnovabili che impattano su territorio e paesaggio dico senza paura che la Basilicata ha concesso troppo. Bisogna essere decisi a mettere un freno. Dovrebbe stupire e interessare, invece, come in questa consiliatura alcuni degli impianti più osteggiati dai territori – si veda l’ultimo caso di Muro Lucano – siano stati di fatto autorizzati con un silenzio assenso. Nonostante la mano dello Stato sia più pesante rispetto a quella regionale, per alcuni casi, resta un tema di regolamentazione e anche di tutela della integrità del paesaggio lucano. E quanto a Donato Macchia è un amico che conosco da 20 anni e come altri amici si è entusiasmato di questa avventura».

Pensa che l’amministrazione regionale uscente debba sforzarsi di approvare prima delle elezioni lo schema del piano paesaggistico appena arrivato alle fasi finali della sua stesura?

«Deve approvarlo ma non con scelte al ribasso. Serve uno strumento rigoroso e di alto profilo, da condividere con tutte le forze, le amministrazioni, gli ambientalisti e i cittadini. E’ giusto che questa amministrazione se ne assuma la responsabilità. Se non riusciranno a farlo, o lo faranno senza la necessaria condivisione, sarà tra le priorità che dovremo affrontare».

Cosa Bardi ha trascurato nel suo mandato e cosa invece avrebbe fatto lei? Condivide la politica dei bonus?

«L’elenco è lungo. Per brevità direi ha trascurato la Basilicata. A partire dalla condivisione delle scelte con i lucani, dalla concertazione. Un’amministrazione democratica non è un corpo militare anche perché non si tratta di eseguire ordini ma di fare scelte. E i risultati di un’impostazione di questo tipo si sono visti dalla sanità, ridotta al lumicino, all’agricoltura, che ha cambiato 4 assessori rimanendone per oltre un anno priva.
E quanto alla seconda domanda condivido i bonus ma non la politica dei bonus: giusto dare vantaggi alle popolazioni che sopportano disagi come quelli delle estrazioni, ma non si può svendere l’ambiente per poche briciole, né si può pensare che amministrare una terra si limiti a dividere qualche spicciolo e dire fate voi. Cosa lascerà l’attività estrattiva in Basilicata quando sarà finita? E’ possibile pensare che le attività non oil delle compagnie per portare lavoro green qui siano solo i pannelli solari per dare energia ad Acquedotto lucano. Quanto lavoro porta questa attività?»

In che rapporti è con l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi?

«Ho rapporti di stima. L’ho invitato qui in Basilicata, in piazza a Matera per un incontro pubblico durante quel grande evento culturale che è la Festa di Avvenire che da alcuni anni organizzo con molti amici. Sono convinto che di petrolio ed energia bisogna parlarne davanti a tutti e non nel chiuso delle stanze. Sono contento e orgoglioso di essere stato l’unico ad accendere i riflettori su un tema così importante, quale il petrolio, in una pubblica piazza e ho apprezzato che Descalzi abbia accettato di discutere con i lucani a viso aperto. Ricordo che lui stesso disse che toccava alla Regione indicare ad Eni cosa serviva sul versante dello sviluppo. Come lui si occupa benissimo di Eni, la Basilicata dovrebbe avere qualcuno che si rapporti con lui e con Eni in difesa degli interessi della Regione e dei lucani».

Auxilium è attiva nell’accoglienza dei richiedenti asilo ed eroga quei servizi assistenziali avanzati che secondo qualcuno, soprattutto in considerazione l’invecchiamento della popolazione lucana, rappresentano una grande opportunità occupazionale e di sviluppo del territorio. Lei concorda con queste persone rispetto alla possibilità che i giovani lucani smettano di partire per lavorare nell’assistenza agli anziani, o nell’accoglienza dei migranti, e che questo possa rappresentare il futuro della Basilicata? O pensa che occorra immaginare qualcosa di diverso?

«Una piccola precisazione. Auxilium non partecipa più a gare per l’accoglienza di migranti. Ha scelto di lasciare questo settore quando i decreti Salvini hanno portato a non garantire sistemi di accoglienza che fossero di conforto per chi ha lasciato la sua terra e di garanzia per le comunità che ospitano queste persone. Tagliare le spese di assistenza psicologiche a chi, donna o uomo, ha subito violenza e torture, negare adeguati corsi di lingua a chi si deve integrare sono i germi di un conflitto sociale da evitare.
Non so le scelte che Auxilium farà in futuro, dato che, come annunciato, la lascerò, ma troverei logico, nello spirito con cui è nata, che continuerà ad occuparsi di accoglienza e integrazione, anche senza alcuna remunerazione e per solidarietà. Del resto, negli ultimi anni, ha scelto di farlo andando direttamente nei Paesi alle prese con guerra e povertà.
Sull’assistenza, è parere condiviso a livello internazionale che i lavori di cura sono quelli che possono meglio conciliare occupazione e qualità della vita, anche perché non sono delocalizzabili. Ma la Basilicata non può essere una grande Rsa, come non può essere un grande polo auto, un grande giacimento petrolifero o un unico parco fotovoltaico. Bisogna sostenere l’agricoltura, magari anche con politiche idriche che portino a produzioni a maggiore valore aggiunto. Per questo è impensabile che la Regione non abbia battuto colpo quando è stata estromessa dalla gestione di quei sistemi di invaso che pure incidono sul nostro territorio, sottraggono territorio, comportano rischi e necessità di manutenzione.
E poi c’è il turismo che mostra il suo potenziale non solo a Matera, e ancora l’energia e l’iniziativa dei lucani che va supportata con assistenza e infrastrutture. Faccio un esempio: quante possibilità pensate abbia un albergatore di Maratea di fare una buona stagione se non sa se ci sarà la strada per arrivare nella sua città? E allora servono le infrastrutture. Insomma serve un progetto complessivo. Serve una nuova storia per la Basilicata».

Il governatore uscente, Vito Bardi, potrebbe non essere ricandidato. Tra i nomi che circolano per la guida della coalizione di centrodestra c’è quello di Cosimo Latronico, considerato un’espressione del mondo cattolico come lei, e cresciuto a sua volta in Comunione e liberazione. Lei pensa che una sfida Chiorazzo-Latronico, possa essere rappresentativa di una società come quella lucana, e non spingere verso altre proposte politiche chi ha altri riferimenti ideali?

«I punti di contatto con Cosimo Latronico sono che la domenica si va a messa e pochi altri precetti cattolici. Per il resto abbiamo visioni diametralmente opposte. A partire da come sia possibile abbracciare forze estremiste e populiste quali sono Fratelli d’Italia e la Lega, come sia possibile fare fronte comune con chi incita all’odio. E ancora come sia possibile partire dai moderati del centrodestra e ritrovarsi tra i radicali del destra-destra.
Con la propria coscienza ognuno fa i conti in proprio, io per primo, ma con la popolazione i conti sono pubblici. E le differenze tra me e Latronico sono sostanziali. Su questo sono certo che, per quel che riguarda il centrosinistra, proprio il confronto su temi e ideali sarà l’elemento di svolta per ricompattarsi a dispetto di chi forzava le divisioni in nome di quella “lista dei vescovi” a cui abbiamo fatto riferimento prima. Le ombre del pregiudizio svaniscono sempre all’alba della ragione».

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