Il consiglio regionale della Basilicata
5 minuti per la letturaL’intervento (e il monito) dell’ex magistrato Alberto Iannuzzi sui costi della politica e per il voto unitario sui fondi per gli staff
LA VICENDA della legge con la quale il Consiglio Regionale della Basilicata ha deliberato l’aumento delle spese riconosciute ai consiglieri regionali non meriterebbe ulteriore attenzione, se non fosse per la rilevanza che la materia riveste per l’opinione pubblica, avendo a che fare con il tema attuale e molto sensibile dei costi della politica, nonché per i risvolti paradossali che essa presenta, al punto da farla diventare emblematica di un certo modo di fare politica dei partiti, non proprio cristallino. Anzi, per dirla tutta, essa dimostra l’incapacità della classe politica di liberarsi da alcuni vizi del passato (paradigmatica è la norma che ripristina il cosiddetto “salto della quaglia”) e l’ulteriore perdita di credibilità complessiva del sistema dei partiti, che sembra ormai non risparmiare nessuno degli attori dell’agone politico. Il virus della “malapolitica” sembra aver contagiato tutti, anche coloro che, essendo alle prime armi, si presentano forti di un bagaglio di buoni propositi.
Fatto sta che paradossalmente da questa vicenda ne esce con le ossa rotte non tanto la parte politica che ha la responsabilità di aver assunto l’iniziativa di deliberare l’aumento delle spese, che, beninteso, potevano essere destinate a soddisfare le necessità di chi vive in situazione di disagio economico-sociale, bensì la coalizione che, per il ruolo ricoperto e per la originaria petizione di principio, avrebbe dovuto contrastare l’approvazione di quella delibera. Al riguardo, risulta singolare la difesa d’ufficio sostenuta dall’opposizione, solo dopo aver registrato le critiche rivolte al provvedimento, ed il tentativo con un cui si è cercato di giustificare il voto di astensione, facendo ricorso ad argomenti piuttosto imbarazzanti dal punto di vista politico.
Davvero poco convincente risulta, in particolare, l’argomento principale speso a tal fine, che, al più, potrebbe avere una valenza in un’aula di giustizia, dove si parla di nesso di causalità tra condotta ed evento, con il tentativo di auto-assolversi da qualsiasi responsabilità, sul presupposto che la delibera sarebbe stata comunque approvata, anche con il voto contrario dell’opposizione. Argomento al quale è agevole obiettare che in un consesso politico quando si è contrari al merito di una delibera, si esprime il voto contrario, essendo l’unico modo per dare un chiaro inequivocabile e coerente segnale politico di dissenso rispetto alla proposta avanzata dalla parte politica avversa, nonché per affermare un principio di giustizia.
Del resto, se così non fosse, c’è da chiedersi che senso avrebbe per l’opposizione partecipare alle sedute consiliari, visto che la maggioranza del governo regionale ha i numeri per far approvare tutte le delibere che vuole. Sarebbe interessante sapere, poi, se dai banchi dell’opposizione si sia levata qualche voce critica verso la delibera, pur in presenza del voto di astensione. E poi sorprende che la proposta originaria annoveri tra i firmatari persino il consigliere di una forza politica che si è sempre battuta contro il professionismo della politica e per la riduzione dei costi che essa comporta. Insomma, per dirla con le parole del sommo poeta, ciò che “ancor m’offende”, non è solo la decisione in sé, quanto le modalità dell’approvazione e la gestione complessiva della vicenda, con un atto di contrizione postuma, compiuto solo dopo aver registrato le critiche alla delibera, provenienti da più parti. Inoltre, non può non destare qualche motivo di perplessità la circostanza che il Consiglio Regionale abbia approvato il provvedimento non in una seduta ad hoc, dedicata alla discussione della delibera, così come avrebbe meritato l’importanza del tema in esame, bensì, senza dare molto nell’occhio e quasi alla chetichella, in occasione del voto sull’autonomia differenziata, che ha finito inevitabilmente per “oscurare” la decisione sull’aumento delle spese dei consiglieri.
Solo dopo che il Fatto quotidiano ne ha dato notizia in un articolo di giornale, si è avuto contezza della delibera. Anche qui si è trattato di pura casualità o di strategia mirata ? E’ paradossale peraltro che sino ad oggi la discussione sui costi della politica non abbia investito il merito della delibera, che dovrebbe essere l’aspetto di maggior interesse per il cittadino, per cui non sono state esplicitate nei comunicati successivi le ragioni che hanno giustificato l’aumento degli stanziamenti predisposti dall’Ufficio di Presidenza ed approvati dal Consiglio regionale. Né può essere tranquillizzante sapere che il provvedimento abbia probabilmente disciplinato criteri e controlli adeguati, come insegna non solo la squallida vicenda degli “scontrini” oggetto del processo “Rimborsopoli”, finita con il colpo di spugna della prescrizione, ma anche, per chi ha la memoria meno corta, la vicenda relativa alle indennità riconosciute in favore dei consiglieri a seguito delle false dichiarazioni di residenza, che portò il Consiglio Regionale dell’epoca ad approvare finanche una legge che, modificando il concetto di residenza rilevante ai fini della concessione delle indennità, tentava di sanare condotte penalmente rilevanti.
Perciò, anche la recente storia giudiziaria dimostra che non si può confidare nell’intervento “riparatore” della magistratura penale, anche perché l’accertamento di questi illeciti spesso ha richiesto indagini complesse. Di fronte a questo scenario politico poco edificante, in cui l’opposizione è andata a braccetto con la maggioranza, si avverte sempre più l’esigenza di un’iniezione di sano ed autentico civismo, che restituisca alla politica la dignità che le compete ed il compito di farsi interprete credibile delle istanze dei cittadini, al servizio del bene comune.
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