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La sede della Regione Basilicata

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VISTA da lontano, con un certo distacco e senza coinvolgimenti emotivi, personali, (e politici) l’avanspettacolo della campagna elettorale per le elezioni regionali lucane 2024 è un teatrino triste e surreale. Per dieci giorni, ci hanno inzuppato in modo impietoso (speriamo che sia finita) tutte le trasmissioni satiriche e di intrattenimento del Paese, sempre distratte davanti a altre questioni. Una figuraccia, senza alcun senso del ridicolo, un’esibizione di arrivismo, potere, voltafaccia, ipocrisia, doppiogiochismo che i lucani non meritano. Neanche gli immensi Flaiano e Prezzolini riuscirebbero forse a trovare la sintesi ironica e giusta di tanta confusione. Una commedia all’italiana senza precedenti che si lascia alle spalle, su un campo minato, le macerie di certe reputazioni politiche, di carriere sfregiate, di credibilità distrutte in un gioco che a un certo punto è sembrato uno sceneggiato televisivo. I lucani sceglieranno e giudicheranno, non hanno bisogno di consigli, di suggerimenti.

Le vittime di questa forsennata corsa alle elezioni regionali sono tante, tra cui anche politici con blasoni altisonanti, e ancora ambizioni e sogni nel cassetto. Di nuovo non si è visto nulla e più che i primi attori hanno prevalso le mezzefigure e i pupari. Neanche una settimana per le liste, poco più di un mese per mettere in piedi, da una parte e dall’altra, in ogni schieramento, uno straccio di proposta, un programma minimo che possa spingere a recarsi nei seggi, anche se con naso, bocca e orecchie turati. Non sarà facile. Vedremo, ci auguriamo che dopo questa bufera, sulla scena possano irrompere proposte inedite, decisive, convincenti. La Basilicata ne ha bisogno.

Resta la sensazione amara di una regione senza una classe dirigente adeguata, incapace di anteporre il bene comune alla tutela di interessi particolari. Tutto il sistema politico dovrebbe chiedere scusa alle personalità della società civile tirate in ballo in queste settimane, esposte, usate, blandite e poi abbandonate con cinismo e calcoli di partito. Il civismo tanto esaltato e invocato, in Basilicata da sempre timido e rinchiuso in un angolo, esce da queste giornate con le ossa rotte, frustrato e mortificato dai soliti giochetti che neanche i faccendieri della prima repubblicana avrebbero saputo architettare.

Quando queste persone perbene potranno accedere ai vari campi della politica senza pagare pegno ai marpioni delle candidature sarà un bel giorno. Per ora accontentiamoci di riempire i seggi di votanti, di superare la sfiducia, sarebbe già un buon risultato dopo questo psicodramma senza precedenti. Le piroette di questa vigilia elettorale hanno dato al voto un significato che va oltre l’elezione del nuovo consiglio regionale.

La vera protagonista, quella che deciderà il risultato delle elezioni regionali sarà l’infedeltà trasversale. Le schermaglie per la candidatura di Angelo Chiorazzo (ma anche per quella di Bardi) hanno diviso in modo trasversale le forze politiche. Non c’è omogeneità, almeno stando alle cose dette e viste fino a oggi. Quanti nel Pd, anche senza voto disgiunto, andranno comunque a dare la preferenza a Chiorazzo? E quanti avrebbero preferito non andare con i Cinque Stelle?

Quanti pittelliani o militanti di Italia Viva condividono la scelta di andare a braccetto con il centrodestra? E quanti tra la coalizione di Bardi non resisteranno alla tentazione di dare un segnale contro l’arrivo di Pittella, Braia e Polese? O per la riconferma del governatore? La trasversalità sarà la protagonista nel segreto delle urne, lì verranno regolati conti, bocciate scelte, consumate vendette. Lì si scoprirà chi avrà avuto ragione o torto. In attesa di soluzioni per una comunità laboriosa e discreta, che ama la concretezza e il silenzio.

Servono dirigenti politici nuovi, giovani, il coinvolgimento decisivo delle donne, anche stavolta rimaste ai margini. La formazione delle liste potrebbe essere un’occasione per dare un segnale di buona volontà e cambiamento. Senza un cambio di passo non inizia nessuna nuova storia. E’ solo la rielaborazione di un copione vecchio, logoro, stantio, superato. Quello che avvilisce e non dà speranza.

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