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QUESTA settimana sarà un mese. Un mese dall’elezione del nuovo presidente della regione, Marcello Pittella.

Ma, affari di verifica giudiziaria lo tengono ancora incatenato tra color che son sospesi mentre Ilio brucia.  Abbiamo così due governatori, uno uscente e uno entrate, entrambi dimezzati. Uno che vorrebbe fare di più, ma non può. L’altro che vorrebbe fare di meno ma non deve. Insomma due papi, come ho scritto qualche giorno fa. Eppure il Vaticano fu più veloce a fare il cambio di guardia.

Perché i giudici non mollano? Può essere soltanto la verifica del seggio dove ha votato Aurelio Pace? Di quante schede si tratta? In un mese le avrebbero potute ricontare cento volte. Forza giudici, fateci il regalo di Natale, liberate il presidente della Basilicata. Se succede stasera o domattina sarà già tardi.  Paradossalmente il potere giudiziario che ha determinato la crisi del governo regionale si ostina a tenerlo ancora in scacco. Ci vuole buon senso ad accompagnare le regole. Equilibrio, non sfida tra i poteri.

Qualunque uomo, reduce da una così lacerante battaglia come quella che ha combattuto a più tappe in una estenuante battaglia elettorale Marcello Pittella, perderebbe la forza di reazione davanti a tanta prolungata stagnazione.

La crisi di governo che attraversa la Basilicata dura da mesi. Da quando il governatore uscente ma ancora in carica decise di dimettersi. Dietro le motivazioni politiche anche una stanchezza umana. A volte non è la salita irta che scoraggia gli uomini, ma quella ricorrente rassegnazione davanti all’inutilità dello sforzo per averlo troppe volte affrontato. Il nuovo che arriva non sempre garantisce discontinuità, ma spesso è provvisto della fiducia e della intraprendenza tipica di ogni inizio.

Questa condizione la Basilicata deve sfruttare, esattamente come potrebbe capitare all’Italia grazie all’elezione di Matteo Renzi a segretario del Pd. Il sindaco fiorentino non è tra i miei preferiti, ma è innegabile che potrebbe provocare un effetto che forse i più non avevano calcolato: una sana competizione a chi fa meglio e più velocemente. Per non lasciargli la scena il governo Letta potrebbe accelerare il cammino che serve a questa benedetta Italia che non sappiamo dove andrà. Proprio quello che ci aspettiamo da Marcello Pittella.

 C’è un momento in cui cambia tutto. In fretta. Basta un abbrivio e si innesca un meccanismo che non si ferma più. Ci sono poco  meno di seicentomila lucani che non hanno più voglia di capire chi sta con chi.

Hanno voglia di essere ben amministrati, di recuperare fiducia, di credere che c’è un’amministrazione pubblica che lavora per il benessere collettivo e non per un accumulo di ricchezza o potere personale. Che tristezza il battibecco con Taddei sul bonus benzina. Il desiderio di polemica ad ogni costo.

Abbiamo il dovere di mettere il nuovo presidente alla prova: lavoro, petrolio, sviluppo, processi culturali, nuovo protagonismo nei confronti di uno Stato che non deve dimenticare di essere tutt’uno con un pezzo di terra che sta sotto Gaeta.

Giudici, per favore. Controllare è un dovere, disperdersi con quell’arroganza di chi ritiene di poter rimanere seduto sul tetto di un mondo che nel frattempo frana è come suonare sul ponte del Titanic.

Un solo auspicio. Ci aspettiamo che il giorno stesso della liberazione del presidente, Marcello Pittella sia emulo del suo segretario Renzi per la formazione della nuova giunta. In 24 ore ci dica chi sono gli uomini che insieme a lui governeranno la Basilicata. Un mese di meditazione può essere sufficiente.

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