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E’ COME una tegola in bilico su di un cornicione, con le teste degli indagati sotto e l’impatto imminente. Così, la legge 154 del 1981, decaduta nel 2002 per le amministrazioni comunali e provinciali, ma ancora vigente per le Regioni, rappresenta una bella grana per i candidati, come testimoniano diversi avvocati amministrativisti, interpellati dal Quotidiano, dopo la denuncia dell’esponente di 5 Stelle.
In effetti, gli indagati di rimborsopoli sono tecnicamente candidabili, ma potrebbero risultare incompatibili con la loro eventuale carica acquisita, nel momento in cui il Gup, ammettendo la costituzione di parte civile del massimo ente regionale, li rinviasse a giudizio. Un passaggio procedurale, che innescherebbe, di fatto, una lite di carattere civilistico (inserita nel processo penale) tra l’ente ed i suoi neo rappresentanti, facendo materializzare la loro incompatibilità. L’insidia è data dal fatto che la loro eventuale decadenza per incompatibilità, potrebbe essere decretata dal consiglio regionale, che non ne convaliderebbe l’elezione già da subito, o, in subordine, da un qualsiasi cittadino elettore, che promuova un’azione civile nei loro confronti, chiedendone la decadenza. Almeno uno degli attuali candidati, per giunta anch’egli indagato, ne ha già esperienza diretta. La data che fa da spartiacque non è, come sostengono da 5 Stelle, necessariamente quella dell’udienza preliminare, fissata per il prossimo 16 dicembre. Questo perchè, in quella occasione, il Gup potrebbe accogliere l’istanza di costituzione di parte civile dell’ente Regione, ma potrebbe anche riservarsi sulla decisione dell’eventuale rinvio a giudizio degli indagati, che dovessero essere eletti. Un dato importante, ma irrilevante ai fini dell’insidia che grava oggettivamente su questa tornata elettorale. Non resta che attendere l’esito delle urne, per capire se qualcuno dovrà avere qualche preoccupazione in più oltre la gioia.
a.corrado@luedi.it
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