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POTENZA – Il mondo produttivo lucano chiama. La politica risponde, ma solo in parte. Due presidenti – Michele Somma di Confindustria e Paolo Laguardia di Pensiamo Basilicata – per tre soli aspiranti: Elisabetta Zamparutti per la Rosa nel pugno, Marcello Pittella per il centrosinistra e Tito Di Maggio per il centrodestra. Assenti tutti gli altri, alla speciale iniziativa voluta dalla associazioni datoriali, in vista del voto di domenica e lunedì. La sala grande del Park hotel si riempie, anche se con pò di ritardo, ma più di presenze istituzionali che di imprenditori. Eppure i temi da trattare sono importanti: nella Basilicata dai numeri che la confinano agli ultimi posti delle classifiche economiche, i prossimi cinque anni saranno decisivi per evitare che la barca affondi. E allora, per pianificare la risalita, serve responsabilità e partecipazione da parte di tutti i soggetti. Dai presidenti Somma e Laguardia è questo il primo messaggio che arriva forte e chiaro. E il candidato Pittella, anche in qualità di ex assessore alle Attività produttive, è quello che meglio raccoglie la sfida su questo su questo primo aspetto. Ribadendo la necessità di una “socializzazione” della programmazione, anche dando seguito alla “buona esperienza messa a punto con Obiettivo Basilicata 2012”. Ma qui siamo solo alle questioni di metodo. Perché la vera partita continua a giocarsi sulle solite due carte: prossima programmazione dei fondi comunitari e petrolio.
Almeno potenzialmente. E la precisazione è d’obbligo. Perché – come ribadisce più volte il moderatore del confronto, il caporedattore Rai, Oreste Lopomo – la Basilicata continua a vivere una profonda contraddizione: la regione che ha potuto godere di risorse tali da rendere possibili grandi ambizioni, si scontra invece con indicatori economici che non la differenziano molto dall’Italia “peggiore”. Tito Di Maggio, di professione imprenditore, non lascia cadere la palla: «La responsabilità non può essere ricercata altrove. Sta tutta in questi 20 anni di amministrazione di centrosinistra. Se i giovani avessero la certezza della meritocrazia, non avremmo quella fuga dei cervelli che su questo territorio ha numeri disastrosi. Se solo non ci fossero le solite logiche che regolano il rapporto politica-imprenditore – nell’accesso, a esempio, ai finanziamenti pubblici – fare impresa da queste parti non sarebbe un atto eroico, così come, invece, lo è oggi». Pittella replica: è sbagliato gettare via il bambino con l’acqua sporca. Molte cose buone – a parole sue – sono state fatte. Sì, si può fare di più – sostiene ancora – «e ora noi dobbiamo guadare avanti» – Ma che non tutto va demonizzato. E per quanto riguarda la modalità e qualità dell’utilizzo delle royalty del petrolio, aggiunge: «Non si può non tener conto del fatto che molte di quelle risorse sono servite alla Regione per far fronte alle riduzioni dei trasferimenti statali. Parliamo di tagli che in pochi anni sono arrivate quasi al 40 per cento. Attraverso le compensazioni ambientali derivanti dalle estrazioni siamo riusciti a garantire il mantenimento degli stessi livelli di welfare». E sempre per stare al futuro, il candidato del centrodestra dice, invece: «Cosa serve? Cose semplici: responsabilità e certezza del diritto. Quello che fino a ora, però, è mancato».
Per l’aspirante governatore del centrosinistra la sfida per la Basilicata consiste nel recuperare la centralità che pure nel passato ha saputo conquistare. Anche attraverso accorsi inter regionali. Ma soprattutto a partire dal petrolio. «Bisogna aprire una nuova e più forte trattativa. Prima con lo Stato, e poi con le società petrolifere».
Facile da dirsi, difficile da farsi – per Elisabetta Zamparutti – soprattutto per chi ha già avuto modo di confrontarsi con l’esperienza amministrativa e ha fallito. L’ex parlamentare dei radicali, insiste: il vero nodo è recuperare fiducia nelle istituzioni, quindi renderle più credibili. E lancia pure una proposta: quella di ridurre il carico fiscale sui redditi da lavoro, compensandone la riduzione con una tassazione ambientale da far pagare alle società che si occupano di estrazioni. Solo che, per il resto del confronto, la candidata de “La rosa nel pugno” sconta, evidentemente il profilo più nazionale. E dalle Filippine alla giustizia giusta, alla fine dà l’impressione di perdere di vista la Basilicata.
C’è Tito Di Maggio che insiste. Replica a Pittella, che lega il clima di sfiducia crescente nei confronti della politica alla crisi dei tempi e alla e dinamiche nazionali. E ripropone la questione in termini locali: «I lucani hanno vissuto venti anni di ferite reiterate. Come conseguenza hanno perso il senso di appartenenza. E ora sentono questa partita come se la si giocasse sulla pelle degli altri».
E chiude con una battuta, rivolta allo sfidante di centrosinistra: «Vorrei che io fossi il presidente e tu l’imprenditore. Allora ti farei vedere, riuscirei a fare per te più di quello che tu hai fatto per noi». L’altro replica, con lo stesso tono ironico: «Chiaramente, non te lo auguro».
Ma il consenso più largo lo guadagna il mattatore della serata, il caporedattore Rai. A chi elenca i corridoi transeuropei a cui la Basilicata potrebbe collegarsi, replica: «Rendiamoci conto che a Matera non c’è neanche la stazione del treno». E in platea scatta un sentito applauso.
m.labanca@luedi.it
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