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NON una parola, un commento, uno spunto che facesse trasalire almeno il suo digital fake. Persino quest’ultimo è in difficoltà, fatica a parlare. Silenzio totale, lavoro underground pro bono pacis Pd. Lo si nota di più se c’è o se non c’è? Vincenzo Folino è di sicuro il grande assente di questi giorni. È strana una campagna elettorale lucana senza di lui. «Io sto a Roma», dice, «sono deputato», e non capisci mai fino in fondo se è astuzia o diserzione. Temporanea. Profilo basso, pernottamenti low coast nella Capitale, fughe familiari appena può, emendamenti e interventi in Aula quasi sempre sulla Basilicata da apprendista parlamentare.
Il deputato Pd si è battuto come un leone durante le primarie. Il correntone ex Ds ha convocato il suo popolo in giro per la Basilica, spiegando, distinguendo, lottando, inneggiando alla questione morale che si sarebbe presentata a una settimana dal voto. E così è stato, in verità. Non non so quanta consapevolezza da parte di una società talmente al collasso che è attenta solo a controllare la vertigine del precipizio sul quale si trova. Un leone fino alle candidature delle primarie, con Lacorazza propugnato come si fa per l’ostensione di una reliquia. Poi in picchiata sulla preda, durante i giorni della grande sfida con Pittella, come un falco, di quelli che volano sulle sue Dolomiti. Ancora sul campo di battaglia, senza cedimento, dopo la cocente sconfitta a dettar regole all’inatteso vincitore, orientando, influenzando, maledicendo ogni tanto De Filippo, ancora di più il senatore Margiotta, battibeccando con Luongo come si fa tra marito e moglie, rilassandosi solo al suono mite delle parole di Bubbico al quale ha lasciato il comando dell’orgoglio per rispondere al nemico subito dopo l’esito delle primarie. Insomma facendo tante cose perche sì, era meglio non pensare di dover lasciare il proscenio a uno che avanzava da una famiglia socialista. Per un comunista un brutto ricordo. Ma solo questo. «In fondo Marcello ha accettato le indicazioni di Epifani», dice più a se stesso che all’interlocutore, guardando i suoi figli politici (per esempio Speranza o lo stesso Lacorazza) che conoscono il Pci come una lezione di storia e guardando le foto che pubblicano i giornali alla ricerca di una bandiera che non c’è più.
Tanta energia spesa nei preliminari. Sfinito. E così, incassata una sconfitta (la vittoria di Marcello), incassata una vittoria (le regole accettate), si è steso, stanco, sull’annullamento del più e del meno. Attende l’esito del congresso nazionale, attende soprattutto l’esito di domenica prossima per capire che cos’è oggi la Basilicata e come affrontarla.
In fondo da qui non sarebbe mai voluto partire.
l.serino@luedi.it
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