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POTENZA – Non fa sconti. Non gli è piaciuto l’endorsement dell’ex segretario della Dc e anche ex governatore Antonio Boccia a favore dell’avversario candidato Vito Santarsiero. Lo ha evidentemente infastidito. Anche irritato, forse. E non lo manda a dire. Alla domanda diretta Antonello Molinari risponde: «Non mi è piaciuta. Sa di cosa antica».
Non gli è piaciuto nemmeno il sostegno di Erminio Restaino a Santarsiero ma glissa la domanda con un sorriso aggiungendo soltanto: «Erminio è un amico e resta tale. Ma non condivido la sua scelta».
Per il resto Molinari che è ancora segretario provinciale del Pd del Potentino in carica comunque parla di un Partito democratico impazzito che ha bisogno di un atto di coraggio e di un rilancio. Si autodefinisce un candidato “ribelle” e spiega: «Io spero di contribuire alla realizzazione di un partito forte che sia in grado di selezionare la propria classe dirigente consapevole della propria funzione». E sul perchè della parola ribelle aggiunge: «Non sempre il Pd è stato all’altezza del proprio ruolo. Penso, e lo dico da segretario provinciale anche se ancora per poco, che il Pd avrebbe potuto fare di più e meglio ma credo ci sia ancora tempo. Ad ogni modo io non nascondo i problemi. Non è nel mio carattere».
Da qui le domande poste a Molinari nella redazione del Quotidiano della Basilicata.
Parliamo di lei. Perchè si è candidato?
«Se dovessi definirmi direi che sono un candidato del Pd dell’anno 2013. Ho 36 anni, una professione di avvocato che mi dà soddisfazioni e indipendenza economica, una storia politica, sempre nel centrosinistra partendo da posizioni moderate, ma mai nessun incarico amministrativo. E ho il mio senso critico a cui non rinuncio, così come in democrazia nessun uomo deve rinunciarci».
Posizioni moderate. Lei si sente un ex democristiano?
«Io quando quando ho votato per la prima volta non ho trovato sulle schede nè il simbolo della Democrazia cristiana e nè quello del Pci. Non posso alzare vessilli di questo tipo. Ma faccio riferimento a quell’area moderata politica che credo sia troppo marginalizzata. Anche all’interno dello stesso Pd. E comunque ritengo di poter dare seguito a quella tradizione popolare senza però alzare vessilli. Ma voglio mettere in guardia l’elettorato da gioiose macchine da guerra che per la verità sembrano un revival degli anni ‘70 e ‘80 che sembrano inseguire più un modello di consenso che un modello politico».
Traspare del risentimento. Insomma non le sono piaciute le parole di Boccia a favore di Santariero?
«No. Non mi sono piaciute assolutamente».
Perchè?
«La ritengo una strumentalizzazione inutile e per di più non al passo con i tempi e soprattutto non attenta ai problemi seri che ci sono sul tavolo. Io poi dico che la Seconda Repubblica non mi ha appassionato perchè c’è stato un livellamento verso il basso. Ma gli anni ‘80 hanno rappresentato il prodromo dei problemi attuali. La mia generazione paga le scelte sbagliate di allora. Non credo quindi che quel modello, se pure lo vogliamo considerare politica, sia da perseguire soprattutto in una fase come questa. Oggi rivendicare certe appartenenze mi pare uno stratagemma solo per ricercare consensi».
Lei comunque fa riferimento a Margiotta…
«Si. Ma sicuramente e posso dire di avere una sensibilità vicina anche a quella di altri esponenti di partito, come lo stesso presidente e segretario regionale De Filippo, forse anche in questo caso frutto della comune provenienza moderata. Ma parliamo di intese che si sviluppano nel presente, sulle cose da fare e che spesso vedono anche una forte convergenza con esponenti provenienti da tradizioni diverse.
Passiamo oltre. Ancora per poco segretario provinciale del Pd perchè?
«A breve ci saranno i congressi».
Lei è un trentenne. Non ce ne sono pochi candidati. Cosa pensa di questo nuovo elemento?
«Un bene. Nelle democrazie moderne si diventa premier a 40 anni. E’ un fatto positivo che ci sia una nuova generazione in campo».
s.santoro@luedi.it
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