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POTENZA – La platea del cinema Don Bosco, strapiena, probabilmente si aspettava qualche ricetta politica concreta, un messaggio che fosse anche una presa di posizione “di parte”. Ma in periodo elettorale magari non era il caso, visto che nelle prime file, ad assistere al dibattito tra la giornalista Carmen Lasorella e il presidente del Censis, Giuseppe De Rita, c’erano quasi tutti i candidati alle regionali e i pezzi grossi dei partiti. Di Maggio, candidato del centrodestra, a fianco al governatore dimissionario Vito De Filippo. Lontano invece il candidato portavoce del Movimento 5 Stelle, Piernicola Pedicini. Sparsi il sindaco di Potenza, Santarsiero e il deputato Vincenzo Folino, che abbandona la sala a metà dibattito. E anche Ernesto Navazio.

Ma ci sono anche i vertici di Cgil e Cisl assieme, ovviamente, alla Uil, che ha organizzato l’incontro sperando di trovare risposte per una “Basilicata 2013, sguardo al nuovo”.

Il problema fondamentale di tutta la conversazione, e che ad un certo punto De Rita candidamente ha ammesso, è che si tratta di un dibattito “in bianco”, una forma non schematica di discussione che il sociologo affronta pescando nel passato e raccontando più di una Basilicata passata che di quella futura. Perché è vero che, ragionando per massimi sistemi, il dibattito si arena quasi subito sulla questione delle “connessioni”.

Il termine è vago, Lasorella cerca di metterla sul pragmatico citando i nuovi networks mentre De Rita è più aleatorio, parla di «tessuto connettivo» dei territori salvo poi, in chiusura, tornare sulla rivoluzione digitale. Si parte da una considerazione puramente antropologica, che vale per il Meridione in genere ma calza a pennello alla Basilicata. Una regione «prigioniera di un’identità fantasmatica» vittima dell’«insipienza» e svuotata da se stessa, disperatamente alla ricerca di quel «sale» capace di risvegliare l’identità pensando «alla novità dopo un secolo di rimpianti». Dall’idea di industrializzazione urbana che «Potenza, per esempio non ha saputo cogliere» e prima ancora alla ricerca del bisogno.

«Prima in Basilicata i problemi erano la lignite e come arrestare l’avanzamento dei calanchi, oggi sono acqua e petrolio, ma sostanzialmente l’ordine non cambia». C’è una sorta di divisione, di servilismo legato ad aspetti politici quanto sociali, l’idea di divisione tra Nord e Sud ma anche Est ed Ovest. Lasorella cita Zanotti Bianco e De Rita tenta di superare quell’approccio.

«Zanotti Bianco puntò molto sull’alfabetismo, ma in questa regione i risultati non sono stati quelli sperati. L’ampliamento scolastico non ha cambiato nulla, in questa regione ciò che è entrato è stato assorbito e rilasciato lasciando dietro di sé un effetto disperante. Dalla parte dei lucani c’è quella formazione di settore che le compagnie petrolifere possono fornire ben più di autostrade e ospedali», anche se la Basilicata «anche oggi, dopo un secolo, riesce a ingoiare le novità e a ruminarle, senza però ottenere gli effetti attesi». Ed è qui che la politica dovrebbe riscoprire il suo ruolo.

Intanto, oggi la classe dirigente che va «appresso ai fenomeni giorno per giorno» quando sarebbe meglio «fare un break per guardarsi dentro». Ed è solo qui l’unico passaggio politico concreto di De Rita. Cita Renzi come esempio di politico che «cavalca l’onda del momento» quasi a sottolineare la distanza incolmabile tra l’uomo e la gente. Quello che serve è una «classe dirigente capace di coltivare il rapporto con la propria identità e con quella del mondo che la circonda.

Calvacare l’onda non serve a nulla. Così come non serve ragionare ancora sull’immagine di una cultura contadina». Quello che consiglia De Rita è di squarciare definitivamente il legame con il passato come strumento di “creazione” politica. Riaffermare con coraggio cosa si ha adesso e in che modo il presente possa ispirare il futuro.

Carmen Lasorella chiama in causa la gestione delle risorse pubbliche, il petrolio, il problema della formazione, il gap tecnologico e il rapporto delle donne nel mondo lucano. Ritorna a Zanotti Bianco e cerca di sviscerare gli aspetti più strutturali dell’identità lucana.

E sul petrolio il presidente del Censis non ha il minimo dubbio: «Chi viene a prendere risorse deve fare capitale umano». Concetto lanciato da Lasorella. Il concetto di «alfabetizzazione professionale» deve valere anche per il petrolio. Fare in modo, cioè, che le compagnie petrolifere trasferiscano le conoscenze sui luoghi per ottenere la definitiva indipendenza. E quando si parla di petrolio partono sistematicamente gli applausi.

Il superamento della povertà lucana passa da questi concetti e soprattutto dalla rivoluzione digitale. in una «Basilicata disconnessa». La formazione, a questo proposito, è una risorsa fondamentale ma prima ancora «stabilire distacco della politica dalla dimensione insulare. Non sono di certo i tablet e i telefoni griffati, quella è una moda, come lo era una volta per le giacche griffate».

Connettersi serve anche a rimodulare il concetto di sviluppo che non è soltanto un problema «Nord contro Sud. Lo sviluppo si muove per contiguità territoriale. Per questo c’è bisogno di costruire una dimensione orizzontale della politica, non subalterna a luoghi geografici». Come dire e affermare la potenzialità di essere “altro” rispetto a chi ci circonda. ma la politica lo capirà? Cambierà? «No. Berlusconi ieri e Renzi oggi sono proprio quella politica senza sviluppo. Si deve riprendere il senso della vita collettiva. I giovani via perché probabilmente quel senso lo trovano fuori».

Non esistono ricette facili, ma solo metodi ed approcci nuovi utili a riscoprire un senso e una necessità nuova. Svegliare la Basilicata ha senso soltanto se si ha obiettivi precisi sul futuro. A questo serve la politica, il resto è soltanto contorno per una regione alla ricerca disperata di sé.

v.panettieri@luedi.it

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