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IN QUESTE ore si sente tutto lo smarrimento di una Basilicata acefala. Manca una regia, un padre che sappia indirizzare, un uomo libero e super partes che riesca a scremare il meglio che c’è eliminando la zavorra del risentimento che aumenta di ora in ora piuttosto che diminuire. Sono tutti schierati e pieni di livore. Sembra che chi ha perso lavori perché chi ha vinto trasformi il suo successo in vittoria di Pirro. E chi ha vinto ha bisogno di rimarcare costantemente di essere il candidato di centrosinistra perché evidentemente avverte di non esserlo. Ci vorrebbe un Napolitano lucano. Qualcuno che faccia capire che Ilio brucia, che spieghi l’insensatezza dell’alba prima della battaglia. Ma dove lo troviamo?
La sensazione – pre e post primarie – è che le condizioni degli accordi che la politica sta mettendo in campo (ma questo vale anche per tutte le sorelle e i fratelli del Centrodestra) siano volutamente leonini per far sì che non siano accettati. Giusto un pretesto, dunque. E così la politica continua ad essere tattica, senza la preparazione di un’offerta vera di cambiamento. Vediamo di sintetizzare
1) Il risultato delle primarie della coalizione di centrosinistra è un dato certo. Le ha vinte Marcello Pittella. Ai fini del riconoscimento della vittoria serve a poco dire che lo scarto è di poche centinaia di voti ed è anche strumentale rimarcare le appartenenze e le idee di chi ha votato o è stato spinto ad andare a votare. Io credo, anzi sono convinta, che Gianni Rosa non abbia votato così come credo che molti elettori di centrodestra desiderino esattamente le stesse cose che vogliono gli elettori di centrosinistra. A tratti è persino puerile voler mettere in discussione a tutti i costi un risultato. Quanto al consociativismo mi pare che la Basilicata abbia fatto scuola. Le regole non possiamo girarcele a nostro piacimento. Lavoriamo per punti di contatto e non di divisione. Possibilmente senza trucchi e con coraggio. Mi sarebbe piaciuto, ad esempio, che il comunicato di Bubbico lo avesse fatto direttamente Lacorazza. Il nucleo centrale democratico ha voluto evidentemente trasmettere il senso di una leadership di corrente, (ormai così dobbiamo chiamarla) contribuendo a mio avviso a dare l’idea di un controllo indiretto su questo turno elettorale. Una delle cause, ribadisco, della percezione di Piero Lacorazza come candidato sub protezione.
2) La questione morale o delle mani pulite non esaurisce la questione rinnovamento. Ma da essa non si può prescindere come condizione di opportunità se non vogliamo appunto essere infettati dal berlusconismo come cultura imperante e vogliamo coltivare il senso della differenza. La classe dirigente lucana sa cosa significa essere indagata e poi assolta. Epperò l’ultima inchiesta è innegabile che sia stata tra le più odiose. La magistratura in Italia – e dunque anche in Basilicata – non è scevra da apparati e strumentalizzazioni. Io mi guarderei bene dall’affidarle una funzione regolatrice dei rapporti politici. L’etica della politica non ce la devono insegnare i giudici. Essa è, non trovo altre parole: essere onesti, avere una rotta per il bene degli altri, non essere complici. Ed essere all’altezza di un compito. Quando mi trovo davanti alle dichiarazioni di Erminio Restaino che racconta un pezzo di storia del gruppo Pd che neppure la magistratura mi pare di capire ci abbia finora raccontato, significa che evidentemente ci sono ancora molte cose da scoprire. Ognuno contribuisca alla verità per quello che può. Non sarebbe male liberarsi piuttosto che iniziare a rinfacciarsi le cose, per mettere definitivamente un punto su una fase storica ormai chiusa. Io non mi sento un poliziotto ma se so scrivo. Chi sa parli ora. Se vi fidate parlate pure con me, evitando condanne anticipate ma spezzando una volta e per tutte la catena delle connivenze e dei silenzi. La Basilicata si gioca una partita importante. Molti di quelli che hanno sostenuto Marcello Pittella sono indagati. Sarebbe un gesto nobile fermarsi un turno. A meno che non si intenda la politica come una condizione di scambio. Quanto al candidato presidente, è egli stesso indagato (ricordiamo che è una roba di 200 euro e stento a credere che abbia fatto un imbroglio per 200 euro). In ogni caso si è sottoposto a un giudizio popolare. Si è candidato, potevano farlo altri. O il il Pd nazionale che purtroppo non c’è poteva sbarrargli la strada prima della candidatura.
Quindi questa discussione è ormai oziosa. Dobbiamo dire che da oggi in poi dobbiamo pensare a creare un futuro di giustizia per tutti. Ognuno faccia i conti con la propria vita e con la sua età. Pittella deve dimostrare di essere il candidato di tutto il centrosinistra, e non può non ammettere che il cambiamento significa mettere in campo progetti e volti nuovi. Gli altri devono ammettere che i puntini sulle primarie dovevano essere messi prima. Il famoso coraggio della responsabilità che nessuno ha avuto. Adesso però i puntini si possono e anzi si devono mettere sulle liste. Perchè una vittoria non appaia una restaurazione. Altri, adesso, devono provarci. Il centrosinistra così può risparmiarsi sedute di autocoscienza e pensare di supportare e condividere con altrettanto rinnovamento una fase che tutti ci auguriamo nuova.
3) Ho girato questa regione per tre giorni grazie alla bella iniziativa di Restartsud. Mi accompagnavano una storica, Antonella Pellettieri, strepitosa cultura e formazione di destra, un regista che non ha neppure 30 anni e ha vinto già molto, Giuseppe Marco Albano, un imprenditore di Baragiano, Gianluca Imbrogno, uno scrittore Gaetano Cappelli, un altro imprenditore che fu campione mundial, Franco Selvaggi, una enologa testarda, Elena Fucci. Abbiamo visitato luoghi e aziende, conosciuto persone e incrociato sguardi, abbiamo visto come i luoghi possono diventare poesia o beffa, un dubbio di vera gloria già in partenza. Ho capito una cosa da questo viaggio: che molto è stato speso e perso lasciando non sedimento, ma scorie. Come quel centro sportivo immenso e abbandonato sulla sponda della diga di Senise che grida vendetta. Quella stessa diga che dovrebbe prepararsi a un megattrattore quando lì attorno non c’è neppure una pista ciclabile. Ho conosciuto una famiglia che fabbrica il tempo da quattro generazioni, i Canonico a Lagonegro. Vendono manutenzione persino per il Big Ben, ma gli hanno fatto smontare il museo degli ingranaggi a casa loro. Si può pensare a una politica che non le spari grosse e che impari la fatica della costruzione dei piccoli passi?
4) Quando ho intervistato Viti disse una cosa sacrosanta: che a un uomo non si può togliere la parola. Viti non può non sapere che un ciclo politico di cui egli ha fatto parte attivamente è finito. A ogni uomo la sua storia. Poi discutiamo se fu storia gloriosa o nefasta. Ma io no dirò mai a nessuno: taci. Piuttosto non lo ascolto. Per quello che penso io, spero sia finito il ciclo della preponderanza della cultura clericale che a questa regione ha trasmesso molti buoni valori ma anche dogmi curiali, falsi perbenismi e molte ipocrisie. Mai una parentesi laica, con democristiani e comunisti sempre alla guida. Se non fossimo in epoca post ideologica direi che l’aspetto più interessante di Pittella (di Marcello e di Gianni) è la possibilità che ci sia in campo una cultura laica. Ma siamo nel 2013. Cosa significhi essere laici nel 2013 non lo leggo più da Galasso. Certamente meno sagrestia e meno frondismo populistico possono aiutare l’emancipazione liberale.
5) Alla fine del ragionamento ritorniamo alle dimissioni di De Filippo. Quello che disse non si può ignorare. Egli avrà un ruolo nella formazione delle liste: si spogli del suo essere di parte e si adoperi per trovare istmi di connessione nel nome di quelle coordinate di valore che lui stesso ha gridato in consiglio regionale. I lucani hanno fretta. Come tutti gli italiani. Non tutto dipende dalle politiche regionali. E neppure da quelle nazionali. Ma da qualche parte bisogna pur cominciare. Domenica mattina si può immaginare di mettere un punto e iniziare a ragionare seriamente di futuro?
l.serino@luedi.it
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