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POTENZA – «Sarebbe stato preferibile – scrive il sindaco di Anzi, Giovanni Petruzzi –  concentrare le energie di mobilitazione e di coinvolgimento dell’elettorato esclusivamente nella campagna elettorale per il voto del 17-18 novembre per sconfiggere gli avversari del centrodestra e dell’antipolitica».

Sarebbe stato meglio, certo.

«Ma sarebbero occorsi un senso di appartenenza al partito, uno spirito di servizio e una generosità che, purtroppo, sono mancati in diversi autorevoli dirigenti». Petruzzi è stato il primo dei dirigenti del Pd, tra quelli che hanno sostenuto Piero Lacorazza, a raccontare pubblicamente la delusione. Non per la sconfitta, ma per come alla sconfitta sono arrivati. Non tanto – non solo almeno – per una campagna elettorale condotta in retrovia, dice. Ma perché si sono incaponiti sul metodo «primarie come totem», e perchè parte della dirigenza si è intestardita anche sul candidato, senza facilitare percorsi unitari.

Il risultato, dice ancora Petruzzi, è l’aver «fatto passare per “rivoluzionario” il numero due della Giunta regionale in carica, che ha avuto l’abilità d’intercettare migliaia di voti anti sistema e, cosa più grave, anti Pd, che si sono aggiunti a quelli delle collaudate e ramificate filiere coltivate» proprio dagli avversari.

Quello che emerge dalle parole di Petruzzi è il resoconto di una campagna elettorale giocata tutta su tattica e numeri.

Eppure, per il Pd – per il centrosinistra in generale – le elezioni regionali dovrebbero essere l’appuntamento del riscatto. Sullo sfondo ci sono sempre una classe dirigente colpita in modo bipartisan da un’inchiesta sull’uso personale della cosa pubblica; una cittadinanza sempre più distante dalla politica; povertà in crescita (i dati Istat o di Bankitalia sono una continua conferma di ciò che la realtà racconta nella quotidianità); aspettative diffuse su temi come la sanità, il lavoro, il welfare.

La sfida tutta interna al Pd tra Lacorazza e Pittella ha sempre avuto sullo sfondo il tema del cambiamento.

Al di là delle modalità con cui questa aspettativa è stata comunicata, entrambi i candidati hanno scelto il tema della svolta.

Lacorazza ha utilizzato l’idea del cambiamento come filo conduttore del suo viaggio. Idea finita anche nell’hashtag scelto per dialogare sui social: #cambiareinsieme, twittava.

Marcello Pittella ha declinato il cambiamento in una sfida al posizionamento dell’establishment del Pd. Ieri, da candidato governatore in pectore, diceva: «Sarà compito di tutti recuperare quell’unità e quella compattezza di un nuovo centro sinistra, frutto di diverse sensibilità e anime, che dia concretezza alla visione della “Basilicata che vogliamo”, indispensabile per dare un sorriso ed una nuova speranza al popolo lucano e vincere la non facile competizione elettorale prossima ventura».

Torna – torna sempre – l’impegno a coinvolgere la cittadinanza nel percorso di crescita del territorio. «Insieme», dicono tutti. In altro modo non si può.

Va bene, la partecipazione. Il Pd se lo era detto anche qualche mese fa, a poche ore dal voto per le politiche, dopo l’incetta di consensi del Movimento 5 Stelle e la scoperta improvvisa che un movimento poco organizzato era riuscito a parlare alla comunità. In modo reale, tra l’altro. Coinvolgendo – ancora una volta, senza voler analizzare i contenuti – i cittadini: hanno chiesto un contributo, consegnando l’idea di un protagonismo vero rispetto alle scelte future.

Se lo era ripetuto il Pd.

In queste primarie, i due sfidanti democratici hanno scelto toni e luoghi diversi, accomunati solo dal camper e dal tour territoriale per incrociare sostenitori (o farsene di nuovi). Prove muscolari nei numeri, oppure strategia di partito.

Il divario tra i due, a scrutinio chiuso, è piccolo. Così ora il Pd e il centrosistra in generale devono fare i conti con una nuova difficile fase di composizione degli equilibri. A trovarne uno.

Il tempo a disposizione, tra l’altro, è davvero poco.

Chissà se il tempo basterà per aggiungere al dibattito anche qualche tema importante.

s.lorusso@luedi.it

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