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POTENZA – «Che Marcello Pittella sia contento e anche un po’ spavaldo è normale, ha vinto le primarie. Per la precisione ha vinto con 375 voti in più del suo principale competitore, Piero Lacorazza».
Ora, dice Filippo Bubbco – il generale da queste parti – quei 375 voti in più «consegnano nelle mani di Pittella la possibilità di unire il centrosinistra e presentare una proposta di rinnovamento e di cambiamento largamente condivisa, ma non sono sufficienti per affermare che quella ottenuta domenica scorsa è una vittoria del popolo contro gli apparati». Perché, continua il viceministro «questo non è vero, e appare anche poco rispettoso nei confronti delle oltre 30 mila persone che hanno scelto gli altri candidati. Non sono “popolo” anche loro? Non hanno la stessa dignità gli elettori che hanno scelto Lacorazza?».
Non parla spesso Bubbico. Quando lo fa è per chiarire. E con la dichiarazione di ieri non fa altro che ratificare la sensazione che si è diffusa fin dalla chiusura dello scrutinio, nel post-primarie. È un fronte contro fronte, interno al Pd, forse più in generale al centrosinistra, di cui Pittella vuole farsi interprete.
«Alla vigilia delle elezioni regionali che mi vedranno candidato presidente del centro sinistra – scrive Pittella nella lettera con cui abbandona l’incarico in esecutivo – ritengo opportuno lasciare il mio incarico per evitare sovrapposizioni di ruoli e competenze».
Ma non è così facile individuare il perimetro del centrosinistra a cui si riferisce l’ex assessore. Quali saranno i contorni con cui il centrosinistra arriverà alle elezioni regionali del 17 novembre, tocca proprio alla sinistra stabilirlo.
Spetta a una sinistra interna al Pd, quella vicina a Vincenzo Folino e Bubbico, in cui militano esperienza diessina, tradizione comunista, ma anche una dose massiccia di riformismo. Quella area che è stata combattuta da Pittella come “apparato”.
«E Pittella – dice Bubbico – , non è “apparato” anche lui? Semmai, a volerla dire tutta, la differenza sta nel fatto che gli elettori di Lacorazza sono, con tutti i limiti e le contraddizioni del caso, il “popolo del centrosinistra”, mentre Pittella ha chiesto (e ottenuto) voti anche da cittadini ed esponenti del centrodestra. Sono i rischi delle primarie aperte, si dirà. Ed in parte è vero. Ma ciò, appunto, non autorizza nessuno a dividere in buoni e cattivi i cittadini che hanno votato alle primarie del centrosinistra. Pittella dovrebbe esprimersi con maggiore rispetto verso gli altri, cercando di non eludere l’ansia di cambiamento di tanti elettori del centrosinistra. Altrimenti taluni potrebbero interpretare questo atteggiamento sprezzante come ansia di potere». La strada, indicata in toni poco concilianti: «Accentuare le lacerazioni e le divisioni può servire forse per la vanagloria personale, ma non aiuta la Basilicata a venir fuori dalle gravi difficoltà in cui si trova». I temi, appunto.
A questa zona progressista si è avvicinata di recente anche un’area cattolica e laica che guarda con attenzione i temi del sociale.
C’è poi una sinistra alla sinistra del Pd che dalle primarie è stata alla larga. Sel non ha firmato la carta d’intenti perché – spiegava lunedì la coordinatrice Maria Murante – il Pd non ha risposto alle questioni poste come irrinunciabili. Il rinnovamento (su facce e programmi) prima di tutto. Avrebbero preferito un presidente di garanzia e poi da lì partire con un percorso di rifondazione del centrosinistra lucano. «Abbiamo ottenuto – scriveva Murante – un regolamento di conti interno al Pd».
L’unica decisione coerente, a questo punto, fa eco Rifondazione, è «presentare una proposta unitaria della sinistra alla società lucana, con al centro il reddito minimo garantito». E poi ambiente, energia pulita, una diversa politica sul petrolio.
Pittella, nel frattempo, può contare su parte dell’universo socialista. Anche nel Psi c’è parecchio malumore: in molti contestano al segretario Livio Valvano di non aver candidato un esponente del partito alle primarie. «A completare la domanda di cambiamento che viene dal voto c’è l’affermazione di Pittella che – scrive il consigliere Rocco Vita – abbiamo sostenuto perché espressione dell’area della sinistra riformista erede della migliore tradizione politica e culturale socialista. Quanto al perimetro della coalizione, deve comprendere le forze politiche e i movimenti che hanno partecipato alle primarie, in uno scenario che, sono certo, non può sfuggire a chi in queste ore ha il compito di lavorare, in continuità e sintonia con il risultato di domenica, tenendo nella dovuta considerazione le difficoltà presenti in tutti i partiti della coalizione».
Lo scenario è instabile.
In molti sostengono che le due sinistre potrebbero far fronte comune. Potrebbero trovare l’intesa puntando su quelle stesse condizioni che anche l’area vicina a Folino aveva posto in casa democratica. Niente indagati nelle liste, niente porte girevoli, ripetono da tempo. Non potrebbero vivere con facilità una corsa elettorale con Pittella candidato governatore, condividendo la campagna elettorale con metà del consiglio uscente. Pittella è stato sostenuto infatti da consiglieri regionali di area moderata, colpiti da rimborsopoli o in alcuni casi con trascorsi nell’opposizione.
Certo, al momento è solo un’ipotesi circolata. Ma poi quale corsa? In contrapposizione al blocco di pittella? Pd contro Pd? O nuova coalizione più simile a un movimento? Folino governatore? O forse un candidato popolare, di rottura, sul modello del primo governo Vendola?
Nel frattempo, lo scenario si è fatto complicato anche altrove. La spaccatura nel Pd e nel centrosinistar lucano in generale potrebbe facilitare – in linea di principio – la corsa del centrodestra. Al momento, tuttavia, ancora si rincorrono diverse idee e posizioni sulle alleanze.
Potrebbe approfittarne magari il Movimento 5 Stelle. Ma i numeri da capogiro raccolti alle politiche di febbraio non sono facili da replicare in una competizione locale.
In generale, la frammentazione a cui si è spinto il centrosinistra potrebbe sviluppare un esito post voto con percentuali basse, nessun vincitore reale e scarsa governabilità.
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