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UN nemico vale più di un amico. Perchè col nemico si fanno patti di convenienza reciproca, con gli amici bisogna essere generosi e a volte ti tradiscono pure. Un nemico è quasi una sicurezza: la prevedibilità delle sue mosse, soprattutto se si è alla terza guerra d’indipendenza, tranquillizza sull’esito finale, quasi sempre un armistizio. Insomma si fa battaglia per non perdere l’allenamento. Oggi i nostri antagonisti di sempre, Vincenzo Folino e Vito De Filippo, hanno ancora una volta deposto le armi. Accordo fatto su Lacorazza. Marcello Pittella continua la sua marcia. Apprezzabile. E’ durissimo contro l’apparato, contro Speranza e contro De Filippo.
Apprezzabile anche Vincenzo Santochirico, l’unico che ha comunicato il suo farsi da parte: viene prima la Basilicata e poi il destino personale.
E’ un dissidente il governatore uscente? I dissidenti con se stessi sono felici di smentirsi, scriveva ieri sul suo blog Civati. “Tessono elogi all’incoerenza, minacciano crisi facendo l’occhiolino, si schierano per una soluzione il lunedì e la smentiscono il martedì, dicono subito ma intendono mai, qui lo dicono e qui lo negano”.
Bisogna aggregare, includere, scrive invece il governatore.
De Filippo annuncia che il suo passo indietro fatto all’atto delle dimissioni non è un tirarsi indietro, ripassa con le parole il racconto di quest’estate da dimenticare, le proposte, gli accordi fatti e sfumati, l’incancrenirsi di un dibattito pieno di veleni buttati dalle torrette d’avvistamento. L’altra sera, al bell’incontro organizzato dal sindaco di Potenza, Vito Santarsiero, sul presente digitale, la buona battuta che circolava, all’ora dell’aperitivo nel salone degli specchi, era: in fondo le primarie si sono già fatte. Alla fine bisogna far parte di un gruppo, scrive ancora De Filippo.
Perchè la politica è condivisione, gli uomini soli al comando sono un’illusione eroica che cela fratture e sconnessioni. Eppure nell’era dei rapporti orizzontali servirà sempre una piramide intellettuale. In qualunque incrocio, purchè con lealtà. “Riconoscersi in un partito significa riconoscersi in un patto di lealtà”, scrive De Filippo all’alba di ieri. Odo grida d’indignazione. Soprattutto dall’area Sud. Mentre Folino se la ride beato, in fondo ha investito su due giovani.
Eppure (ci penso mentre scrivo) sono giorni in cui percepisco una tristezza diffusa. Superiore persino all’indignazione. Perchè la quiete dopo la tempesta minaccia di banale prevedibilità anche il nostro futuro. La tristezza è nel timore che la linea piatta dell’ennesima tregua si proietti dal partito al territorio. Che cioè la distensione delle relazioni porti con sé un prosciugamento dei progetti. Tregua ad alta tensione, futuro a testa bassa. Questa è la paura da cui devono liberarci. Lacorazza a un’ora dalla sua candidatura mette in rete il programma: per punti come suggerisce oggi la grammatica social, e convoca sulla chat di facebook i suoi ciberelettori. La cultura non sarà un optional (ah, quante volte abbiamo sentito fare questa contestazione a Santarsiero), il petrolio si estrae laddove è già concordato, benefici per tutti, open data alla regione e nomine per meriti e dedizione. Pittella nel pomeriggio fa sapere che non ha paura del confronto. Parole di fuoco, dopo l’intesa fallita.
Sarà lunga, fino al voto.
Noi cominciamo a chiedere che la comunicazione politica si trasformi in atti della politica. Cominciamo a chiedere di assumersi anche responsabilità non condivise (la condivisione, anche in Rete, non sempre è un bene), chiediamo – soprattutto – che le scelte restituiscano sorriso ai lucani. Dobbiamo liberarci dal risentimento e dall’odio, dalle lettere anonime e dai corvi, dal fango e dai sospetti. La Basilicata da questo punto di vista è davvero pericolosa. Il fango può uccidere come le pistole. Solo al netto di tutte queste miserie si potrà resettare e ricominciare. E c’ è un solo modo per prosciugare il fango. Deve splendere il sole di scelte fatte secondo un criterio: non assecondando l’onda delle richieste, come se fosse una gara a guadagnare più follower o più like, ma proponendo poche idee, sostenendole e diffondendole nel Paese, non solo tra i nostri confini. L’Italia deve accorgersi che la Basilicata esiste e dà molto al Paese. Il momento italiano non è dei migliori. E’ una guerra di nervosismo. Secondo i sondaggi il Pdl ha recuperato gran parte dei propri delusi, il Pd è il partito che ha perso più elettori da sei mesi a questa parte verso l’area del non voto.
Un dato da aggiungere ai quattro milioni di voti democratici (un terzo del bacino tradizionale) che sono andati al M5s a febbraio. E’ da qui che se vogliamo, dobbiamo cambiare qualcosa. Il Pd ha la responsabilità dell’oggi, e dal Pd la Basilicata pretende di essere risarcita. Se gli altri sapranno aprirci le porte del nuovo mondo, noi l’attraverseremo.
l.serino@luedi.it
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