3 minuti per la lettura
PRENDERÀ il via il prossimo 11 ottobre l’udienza preliminare del processo sui presunti intrecci tra alcuni politici lucani e persone vicine alla criminalità organizzata.
In tutto, sono nove le persone che dovranno presentarsi davanti al gup di Potenza: tra loro l’ex vicegovernatore Agatino Mancusi, indagato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, dimessosi proprio all’indomani delle prime indiscrezioni sul suo coinvolgimento nell’inchiesta coordinata dal pubblico ministero della direzione distrettuale antimafia, Francesco Basentini. Secondo l’accusa, Mancusi avrebbe favorito l’assunzione di alcune persone vicine al clan dei Basilischi, in cambio del sostegno elettorale alle elezioni comunali di Potenza del 2004 e quelle regionali dell’anno successivo. Il referente dell’attuale consigliere regionale dell’Udc, sarebbe stato Carmine Campanella, considerato uno dei luogotenenti dell’ex boss Antonio Cossidente. La sua assunzione presso una fabbrica di Tito Scalo sarebbe stata agevolata, secondo la procura antimafia del capoluogo, proprio da Agatino Mancusi. Agli atti dell’inchiesta ci sono diversi contatti telefonici tra i due, anche in relazione all’organizzazione di presunte “riunioni elettorali” in alcuni ristoranti del potentino.
E’ nel 2010 che Cossidente parla per la prima volta degli intrecci tra mafia e politica in regione e fa i primi nomi. Da allora Basentini, ha aperto un fascicolo di inchiesta.
Stando a quanto stabilito a dicembre dello scorso anno da Rosa Larocca l’ex patron del Potenza sport club Giuseppe Postiglione, e con lui a vario altre 9 persone, dovranno rispondere di una serie di accuse inclusa quella di aver messo in piedi un’associazione a delinquere finalizzata alle frodi sportive. Non più – però – di aver fatto parte di un vero e proprio clan, dividendo la gestione della società col padrino. Derubricate allo stesso modo le intimidazioni ai tifosi, ad alcuni dirigenti e ai giocatori avversari, mentre nell’ambito della stessa udienza sono state definite le condanne per chi aveva optato per il rito abbreviato: Antonio Cossidente (4 anni), Alessandro Scavone (2 anni e 4 mesi), Michele Scavone (2 anni e 8 mesi), e un ispettore di Polizia, Giuseppe Botta (un anno e 8 mesi). Un altro ispettore, Marino Ianni, è stato assolto. Hanno poi patteggiato in 3 Cesare Montesano (1 mese e 10 giorni), Antonio De Angelis (1 anno e 2 mesi) e Antonio Lopiano (1 anno e 2 mesi). Scaglione è stato rinviato a giudizio per concorso esterno semplice, e alcuni rimborsi sospetti per spese di viaggio. Ma l’aggravante mafiosa appena scomparsa è riemersa identica seppure per fatti diversi nel nuovo capo d’accusa, quello appena notificato, dove figurano anche l’ex assessore comunale al bilancio Rocco Lepore (già condannato a 7 anni in primo grado sempre per concorso esterno), il boss pentito e un suo uomo, Michele Di Bello, per l’incendio della porta dello studio dell’avvocato Massimo Molinari (in contrasto con Lepore per questioni di partito), Paolo Santangelo (cugino di Galante e dipendente del Don Uva), accusato di false informazioni al pm, e proprio il luogotentente di Cossidente, Carmine Campanella attualmente detenuto al 41bis. Postiglione e gli altri (Aldo Fanizzi, Pasquale Giuzio, Luca Evangelisti, Raffaele De Vita, Ettore Todaro, Donato Lapolla, Antonio Di Pasquale, Paolo Spada e Giorgio Nobile) dovranno comparire il prossimo 20 febbraio davanti ai giudici del collegio del Tribunale per l’inizio del dibattimento. Per Mancusi e i destinatari degli avvisi notificati ieri pomeriggio resta ancora -invece – la possibilità di presentare memorie farsi interrogatore, prima che il pm decida se richiedere o meno un rinvio a giudizio.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA