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La Meloni lo ha difeso nell’assemblea dell’Anci, ma senza abuso d’ufficio rischia di esserci un arretramento della giustizia
Nel corso dell’assemblea dell’Anci, l’associazione che riunisce tutti i comuni d’Italia, il capo del Governo, Giorgia Meloni, ha rivendicato l’abolizione del delitto di abuso d’ufficio con l’orgoglio di chi ritiene di aver portato a casa un risultato importante per la giustizia.
Nel motivare lo stop a questo reato, ha affermato «No processi a onesti. Non lasciare i sindaci in balia della paura della firma».
Ha aggiunto, altresì, che l’abolizione «serve ad assicurare serenità a chiunque intenda operare nella legalità senza rischiare lunghi e disonorevoli processi per le persone per bene»
In tal modo il capo del Governo ha ritenuto di farsi portavoce del timore espresso in passato da alcuni sindaci, la stragrande maggioranza dei quali svolge il proprio mandato amministrativo onestamente e nel rispetto della legge, e che pertanto non avrebbero nulla da temere nel porre la propria firma sugli atti di loro competenza.
IL TIMORE DELLA FIRMA
Il timore della firma, invece, dovrebbe riguardare quegli amministratori, che, abusando del loro potere, cercano di favorire amici e parenti, di solito appartenenti alla propria parte politica.
Costoro, a seguito dell’abolizione del delitto di cui all’art. 323 del codice penale, vedono finalmente legittimato, sotto il profilo penale, il loro operato illecito, che oggi può essere spinto al punto di avvantaggiare i propri familiari, dal momento che con tale abrogazione rimane esente da responsabilità penale anche chi firma un provvedimento in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto.
In altri termini. rimangono impunite condotte odiose, come per esempio, i favoritismi nei concorsi pubblici, con cui, invece di valorizzare il merito dei candidati, si mandano avanti i raccomandati, con la conseguenza, a tacer d’altro, che i giovani meritevoli saranno sempre più scoraggiati dal rispettare la legalità ed indotti ad accettare le pratiche clientelari, pur di ottenere un posto di lavoro, sebbene sia un diritto garantito dalla nostra Costituzione.
ABOLIZIONE DELL’ABUSO D’UFFICIO, ALTRI EFFETTI SULLA GIUSTIZIA
Nel difendere l’abolizione del reato il presidente del Consiglio non ha considerato, inoltre, che di tale effetto beneficeranno non solo i sindaci, ma una serie infinita di pubblici ufficiali e di incaricati di pubblico servizio, i quali non hanno mai palesato la paura della firma.
Il motivo è evidente: costoro vengono pagati per svolgere un servizio pubblico nell’interesse dei cittadini, per cui la paura della firma non avrebbe ragion d’essere e, se prendesse il sopravvento, finirebbe per paralizzare il funzionamento dell’amministrazione pubblica.
Ne va dimenticato che l’abuso d’ufficio è stato negli anni progressivamente depotenziato, con una serie di modifiche normative, che ne hanno reso sempre più complicata l’applicazione, e ciò spiega perché il numero di condanne è diventato sempre più limitato. Tanto è accaduto, perciò, non perché l’amministrazione pubblica sia divenuta più virtuosa; senza considerare che spesso i processi si sono conclusi con la scure della prescrizione.
Peraltro, i procedimenti per abuso d’ufficio nella maggior parte dei casi venivano definiti con l’archiviazione, per cui gli indagati non ne venivano nemmeno a conoscenza.
Pertanto, appare inconsistente il timore che dall’esistenza del solo procedimento potesse derivare per coloro che erano coinvolti la perdita di serenità; senza dimenticare che il processo è sempre ed inevitabilmente un’esperienza dolorosa per chiunque lo subisce, e non solo per i sindaci; e tuttavia, è necessario per accertare la responsabilità in ordine a fatti spesso molto gravi, quando sono accertati elementi di rilevanza penale.
UN PRECEDENTE PERICOLOSO
E poi, che senso ha invocare la paura della firma, se si considera che non c’è nessuna norma che prescrive di candidarsi ad una carica pubblica e che si diventa sindaco per libera scelta e, quindi, con la consapevolezza di dover assumere delle responsabilità nei confronti dei cittadini del comune in cui si viene eletti.
Assecondare questa logica costituisce un precedente pericoloso e può essere contagioso, come dimostra la recente protesta del personale sanitario, indetta a causa delle condizioni estremamente critiche in cui opera, nel corso della quale si è invocata l’abolizione della colpa medica. Ma è evidente che la soluzione non dovrebbe essere quella di esentare i medici e gli infermieri dalla responsabilità penale, bensì di metterli nelle condizioni ottimali per far funzionare la sanità pubblica.
L’abolizione dell’abuso d’ufficio è un fatto grave, anche perché costituiva un reato spia di condotte più gravi, quali la corruzione e la turbativa dasta, come dimostrano molte indagini condotte anche recentemente per delitti contro la pubblica amministrazione.
UN INTRALCIO GIURIDICO
A tal riguardo, l’abrogazione del reato potrebbe eventualmente impedire, o comunque creare un intralcio giuridico, anche nell’iniziare – per fare un esempio di grande attualità – un indagine diretta a verificare l’eventuale sussistenza di condotte penalmente rilevanti a carico di coloro che, a vario titolo, potrebbero avere delle responsabilità nella gestione dell’acqua della Camastra, con le gravissime conseguenze sull’emergenza idrica ancora in corso di svolgimento.
In conclusione, ritengo che l’abolizione dell’abuso d’ufficio sia un segnale di grave arretramento della giustizia, dal momento che priva i cittadini di uno strumento giuridico di tutela nei confronti degli abusi della pubblica amministrazione.
In ogni caso, lancia non solo ai sindaci, ma anche a tutti i pubblici ufficiali, un segnale che non incoraggia certo ad osservare la legalità, di cui il nostro Paese avrebbe, invece, assai bisogno, anche per favorire uno sviluppo economico-sociale equilibrato.
E poi, ci si preoccupa di assicurare la serenità ai sindaci, in quanto timorosi di assumere le proprie responsabilità.
Ma perché non ci si preoccupa anche e soprattutto della serenità dei milioni di cittadini, che si ritengono lesi nel loro diritto ad avere una Pubblica Amministrazione che funzioni nel rispetto del principio di legalità, prescritto dalla Costituzione, e che, pertanto, si rivolgono all’autorità giudiziaria per avere una risposta alle loro istanze di giustizia?
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