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La balenottera vissuta nel Pleistocene circa 1,8 milioni di anni fa è il più grande mai scoperto nel suo genere: si chiama “Giuliana”, nuotava nel Mediterraneo dove oggi c’è la Basilicata, ma i resti giacciono nel Museo Archeologico Nazionale di Matera

ROMA – E’ il fossile di balenottera vissuta nel Pleistocene, circa 1,8 milioni di anni fa, più grande mai scoperto e potrebbe raccontare la storia dell’evoluzione della Terra: si chiama “Giuliana”, nuotava nel Mediterraneo, dove oggi c’è la Basilicata, ma i resti giacciono dimenticati nel Museo Archeologico Nazionale di Matera. La sua storia è raccontata nel documentario «Giallo ocra – Il mistero del fossile di Matera», realizzato dal giornalista scientifico Renato Sartini (GUARDA IL TRAILER UFFICIALE).

Scoperto da un agricoltore l’8 agosto del 2006 nel lago artificiale di San Giuliano, a cui deve il nome, il fossile non è stato ancora studiato, ma dalle prime indagini fatte al momento del ritrovamento è stato possibile stabilire le dimensioni del cetaceo. «Il cranio ha permesso di stimare in 25 metri la lunghezza della balenottera, misure raggiunte oggi soltanto dalla balenottera azzurra e dalla balenottera comune che, con i loro 33 e 26 metri circa, sono i più grandi animali del pianeta», spiega nel documentario il paleontologo Giovanni Bianucci, dell’università di Pisa, che ha esaminato il fossile con i paleontologi Walter Landini, della stessa università, e Angelo Varola dell’università del Salento. Secondo l’esperto è «il più grande fossile di balenottera mai scoperto risalente al periodo compreso tra 1.8 milioni e 781mila anni fa» e la sua grandezza potrebbe fornire informazioni anche sui cambiamenti climatici. «Poiché quanto più grande è la massa di un corpo tanto più lenta è la sua perdita di calore in acque fredde, il fossile – osserva – confermerebbe la teoria secondo la quale l’aumento delle dimensioni di questi cetacei sarebbe una risposta alle glaciazioni degli ultimi 2 milioni di anni».

Della balenottera sono state trovate 12 vertebre, diverse costole, la pinna pettorale, la parte posteriore del cranio, mandibola e mascella. I resti sono stati scoperti a circa 100 metri sul livello del mare quando l’Italia meridionale era molto diversa da oggi: l’attuale Puglia era un arcipelago di isolette e un ampio canale univa quello che oggi è il Mar Ionio con il Mare Adriatico.

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