L'ortofoto dei carabinieri del 2016 in cui si notano i parcheggi retrodunali e le auto in sosta
5 minuti per la letturaMATERA – Dopo due anni di privazioni per la pandemia, la ripresa di lidi di Metaponto, la “Rimini dello Jonio”, inizia tra pesanti incertezze. Le ragioni sono tutte, nero su bianco, in una lunga relazione trasmessa dal Raggruppamento carabinieri Biodiversità di Martina Franca all’ufficio di Compatibilità ambientale della Regione Basilicata. I militari, dopo un’attenta ispezione su tutto il litorale di Metaponto, hanno rilevato diffuse irregolarità che si sarebbero perpetrate nell’ultimo ventennio, in parziale violazione anche al Piano dei lidi, vigente dal 2005 su tutta la fascia jonica.
Nel rapporto dei carabinieri, si parla di «strutture amovibili che sono state in parte lasciate oltre periodo finestra della stagione balneare, anche e soprattutto nelle aree a protezione speciale (comprese strutture realizzate in calcestruzzo con persino porte-saracinesce in metallo); strutture realizzate in aree a pericolosità idraulica; e poi parcheggi realizzati abusivamente al servizio dei bagnanti nelle aree protette, installazioni dei lidi sulle vie tagliafuoco della pineta ed in zone non comprese nella concessione; lidi in possesso di un permesso per il solo chiosco da 20 metri quadri, che avrebbero installato anche gli ombrelloni, mezzi meccanici utilizzati per la pulizia della spiaggia quando la norma prevede l’obbligo di utilizzare solo sistemi manuali. E poi ancora, aree adibite agli ombrelloni di una ampiezza superiore a quanto concesso, installazioni realizzate sulle dune protette, che avrebbero impedito il naturale sviluppo della duna stessa e della vegetazione spontanea su quell’area marina attraverso la deposizione della sabbia per effetto del vento, oltre a cassonetti ed altre masserizie utilizzate dagli stabilimenti e lasciate sull’arenile oggetto di concessione».
Una serie di inadempienze, rilevate dai carabinieri con la relazione datata 31 maggio 2022, che mettono una grossa Spada di Damocle sulla sopravvivenza di diverse strutture, oggi già aperte ed in esercizio. In particolare, i carabinieri agli ordini del tenente colonnello Giovanni Notarnicola, in veste di Autorità di gestione della Riserva naturale statale di Metaponto e della Zona naturale di conservazione “Metaponto-Foce del Bradano” e “Costa jonica foce Basento”, hanno iniziato le verifiche il 2 aprile scorso esprimendo un cosiddetto sentito vincolante sulla Valutazione di incidenza ambientale. È stato chiesto subito agli uffici regionali di inviare loro le Valutazioni di impatto ambientale (Vinca), obbligatorie per il corretto esercizio delle attività dei lidi in zone a protezione speciale, per prevenirne l’irreversibile compromissione ad opera dell’uomo.
«La Vinca – scrivono i carabinieri – prevede l’adozione delle Linee guida nazionali, recepite dalla Regione Basilicata un anno fa. La verifica ha riguardato 18 lidi, la cui posizione è gestita dal Comune di Bernalda in dialogo con la Regione; di questi, secondo i carabinieri, 9 si trovano Zsc (Zona speciale di conservazione) “Costa jonica foce Bradano”, ed altri 9 esterni. Poi operano altri 10-15 stabilimenti che non avrebbero proprio presentato la richiesta di Vinca (ad esclusione di qualcuno), e risulterebbe pertanto “ignorata la normativa europea, nazionale e regionale a tutela dei siti nell’installazione degli stabilimenti”».
L’attuale riferimento normativo regionale, è il “Piano regionale di utilizzazione delle aree demaniali marittime della costa tirrenica e della costa jonica”, risalente al lontano 2005, che già due mesi dopo l’adozione aveva previsto una Variante per le aree marittime, la cui procedura non si è mai perfezionata, «ma stabiliva la tipologia delle installazioni (esistenti, solo chioschi e spiaggia attrezzata), con l’indicazione delle relative superfici. Il tutto per adempiere alla Valutazione di incidenza ambientale. Questa Variante al Piano dei lidi, prevedeva già allora l’esclusione di 9 spiagge attrezzate sulle 29 proposte, oltre alla trasformazione di altre 3 in semplici Punti ristoro e una serie di prescrizioni». Ma, secondo i carabinieri, tutte le prescrizioni della Via sarebbero state disattese, ed oggi ci sarebbero addirittura alcuni stabilimenti balneari non compresi nel Piano regionale ed altri con posizione ed ampiezza divergenti.
I carabinieri precisano di aver inviato lo scorso 21 maggio un quesito all’ufficio Demanio della Regione, per avere chiarimenti sugli strumenti urbanistici vigenti e sul rilascio delle concessioni demaniali, ma di non aver ancora ricevuto risposta, almeno fino al 31 maggio. Quindi si fa riferimento all’erosione costiera ed ai due incendi che nel 2015 e nel 2017 hanno interessato le aree boscate, ricordando che «in zone sottoposte ad erosione e fuoco non si possono installare lidi», come invece sarebbe accaduto, «tanto da costringere l’anno scorso i carabinieri a revocare le concessioni». Da qui deriva il denunciato «danneggiamento dell’habitat naturale con installazioni non sempre consentite, spianando vistosamente le aree dunali, e soprattutto non completamente smontate durante l’inverno».
I militari rilevano ancora che troppi mezzi a motore percorrono le strade di zona protetta, non utilizzando quindi il parcheggio «predisposto dal commissario prefettizio del Comune di Bernalda, come punto di sosta per poi raggiungere con apposite navette la spiaggia, ricordando che i lidi in Zsc possono montare la struttura dal 1 giugno al 31 settembre, mentre quelli esterni possono anticipare il montaggio al 15 maggio». In conclusione, i carabinieri rilasciano parere positivo all’istanza presentata dal Comune di Bernalda per i lidi di Metaponto, «a condizione che si rimuovano tutti i motivi di impedimento descritti, garantendo l’accesso all’area balneare solo a piedi, con biciclette o bus navetta, favorendo l’accesso ai disabili senza realizzare sentieri sulle vie spartifuoco, che potranno essere percorse solo dalle navette a determinate condizioni. Inoltre, i titolari dei lidi devono liberare le aree da mezzi meccanici ed altri ingombri non previsti, rispettando le misure delle aree in concessione con strutture di facile rimozione (a tre metri dalla battigia e in misura di rispetto dalla duna), rimuovendo eventuali strutture in cemento e con orari di apertura (6.30-20.30) compatibili con il rispetto dell’ecosistema».
Prescrizioni stringenti, che metteranno certamente in difficoltà tanti gestori di lidi jonici, proprio nel primo anno della vera ripresa del turismo balneare dopo la pandemia. Gli enti preposti, Regione e Comune, dovranno attivarsi subito per favorire questo processo virtuoso ma doloroso per tanti.
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