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MARCONIA DI PISTICCI (MATERA) – Ha dovuto aspettare una settimana, perchè gli venisse riconosciuto il diritto a fare il tampone, per verificare il serio sospetto di infezione da Coronavirus. Parliamo del giovane di Marconia, positivo al test che gli è stato fatto martedì, dopo una settimana di febbre e tosse. Nel frattempo la sua polmonite si è aggravata, tanto che lunedì il suo medico curante, il dottor Domenico Albano, ha dovuto chiedere il ricovero. Tutto è iniziato lunedì 16 marzo, quando il giovane che, si badi bene, lavora nell’ospedale di Policoro ma non è un sanitario, ha manifestato uno stato febbrile. Sono passati due giorni senza miglioramenti, quindi ha deciso di allertare il dottor Albano.

Nel frattempo anche la moglie, che lavora nella struttura ospedaliera di Tinchi, ha deciso di mettersi in quarantena volontaria. Un comportamento molto responsabile, che probabilmente, ove fosse anche lei positiva, ha messo al riparo la salute di tante altre persone. Quindi il dottor Albano ha fatto l’anamnesi, comunicato i risultati alle autorità sanitarie competenti, che però, come ci ha riferito il medico, «non hanno ritenuto di fare subito il tampone, perchè tra i requisiti essenziali ci dovrebbe essere l’avvenuto contatto con persone provenienti da zone rosse, cosa che si esclude in questo caso; oltre a difficoltà respiratorie e tosse secca».

Un requisito ormai paradossale, quello del contatto con persone esposte delle zone rosse, perchè la Basilicata è regione di contagi, come anche il Materano. Eppure, per il caso di Marconia pare sia stato addirittura determinante. Intanto dal venerdì il giovane ha iniziato ad aggravarsi, con la comparsa della tosse, oltre allo stato febbrile continuo. «Quindi -spiega ancora Albano- ho allertato di nuovo le autorità sanitarie, chiedendo di fare il tampone, in presenza di sintomi ormai chiari. Finalmente si sono decisi -rimarca- intanto io ho monitorato il paziente telefonicamente e fino a lunedì scorso le sue condizioni sono peggiorate ulteriormente, tanto che ho dovuto disporre il ricovero in ospedale».
Quindi lo sfogo del medico, che si dice amareggiato anche per le recenti affermazioni dell’assessore regionale Leone, sui medici di famiglia: «Qualcuno dovrebbe chiedersi se il protocollo sanitario della nostra regione sia ancora appropriato alla prevenzione del Coronavirus; probabilmente oggi occorrerebbe fare i tamponi a tutti gli operatori sanitari, invece non se ne parla.

Nessuno ha chiuso lo studio, non c’è alcuna deposizione delle armi -ha rimarcato Albano- noi siamo qui, visitando tutti i giorni pazienti oncologici ed altri, sempre con le dovute cautele, senza sala d’aspetto e uno alla volta. Piuttosto bisognerebbe ricordare a Leone che ci hanno dotati di sole tre mascherine e, come dimostra il caso del collega contagiato a Bernalda, siamo quotidianamente esposti al rischio. Io ho dovuto acquistare una tuta leggera, come quelle che usano gli operai tagliaerba, per potermi proteggere».

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