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Bernalda, la ragazzina di 11 anni può muoversi senza soffrire. L’amarezza del padre: «Maltrattati dalle istituzioni, siamo stati come numeri»
BERNALDA (MATERA) – «Mamma mia come si sta più comodi!». È l’esclamazione teneramente stupita di Maria (nome di fantasia), la ragazzina di 11 anni, che venerdì scorso, dopo ben sette mesi di sofferta attesa, ha ottenuto la sua nuova carrozzina, chiesta al servizio sanitario regionale nel maggio scorso.
Il Quotidiano del Sud ha seguito e denunciato questa storia di autentica malagestione del sistema di fornitura, per i supporti ortopedici alle persone diversabili. A Tricarico una storia simile (LEGGI LA NOTIZIA).
I genitori di Maria, Michele e Antonella, hanno avuto la forza e il coraggio di denunciare il balletto di disguidi e colpevoli sviste, che si è consumato intorno alla loro vicenda umana. L’hanno fatto anche assumendosi la responsabilità delle conseguenze psicologiche, che la vicenda avrebbe avuto su Maria, una ragazza intelligente, senza alcuna disabilità mentale, la cui spiccata sensibilità è stata toccata dal clamore mediatico della sua storia. Oggi Maria è più felice, perchè la sua schiena, che ormai da cinque anni non aveva più un supporto, si può agevolmente poggiare su di una sedia che la sostiene e la fa rimanere eretta. Il suo bacino non soffre più, negli spazi angusti di una seduta ormai troppo stretta. La sua esistenza resta complicata, come quella dei suoi genitori, che la aiutano quotidianamente. Maria, è bene rimarcarlo, è disabile per un probabile errore sanitario, commesso all’ospedale “Madonna delle grazie” di Matera, con un procedimento giudiziario che si trascina da 8 lunghi anni.
«In questa storia – ci ha confessato il papà Michele – ci siamo sentiti abbandonati dalle istituzioni, considerati come dei numeri e dei codici da applicare; la nostra situazione umana è rimasta ai margini». Maria, infatti, ha subìto i pesanti ritardi dovuti all’errata prescrizione di una sedia a rotelle standard, ovvero completamente inadeguata alle sue esigenze. Solo le proteste dei genitori, hanno portato il fisiatra prescrittore e la Direzione sanitaria regionale, a rivedere il tutto. Intanto sono passati diversi mesi, con Maria ricurva sulla sua vecchia sedia, costretta ad aspettare.
«Molte associazioni e privati cittadini, appresa la nostra storia, ci sono stati vicini – continua Michele – alcuni si sono persino offerti di comprare loro la sedia, ma la nostra è stata una battaglia di principio anche per coloro, e sono veramente tanti, che ancora oggi vivono queste situazioni assurde. Mia figlia ha sofferto anche per questo, sentendoci battagliare e discutere per telefono con gli uffici competenti. Si è persino sentita in colpa, pur essendo una bambina amata ed apprezzata anche a livello scolastico, avendo scritto un libro. Senza il clamore che siamo stati costretti a fare, forse oggi non avremmo ancora la sedia. Siamo una goccia nell’oceano, e dobbiamo lottare anche per i nostri diritti».
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