Emanuela Katia Tundo
3 minuti per la letturaMATERA – Sarà l’autopsia a chiarire le cause della morte di Emanuela Katia Tundo, 43enne di Marconia di Pisticci, deceduta domenica nel reparto di Terapia intensiva dell’ospedale “Madonna delle Grazie” di Matera, dove era stata ricoverata d’urgenza il 3 giugno scorso. Un ricovero resosi necessario a 24 giorni dall’operazione di riduzione dello stomaco, a cui si era sottoposta nel policlinico “San Marco in Zingonia” di Bergamo.
Emanuela pesava 90 chili e in base alla sua statura qualcuno la classificava come obesa, andando contro il canone che restituiva l’occhio esterno di chi la guardava, vedendola carnosa ma non certo obesa.
Era una ragazza solare e molto bella, che probabilmente subiva i condizionamenti di una società sempre più incentrata sull’ossessione della forma, quindi ultimamente voleva perdere qualche chilo. Era ossessionata dalla necessità di dimagrire in fretta; per questo, dopo il colloquio preliminare con l’équipe bergamasca, che periodicamente si reca a Matera per incontrare i candidati all’intervento, era stata inserita nell’elenco degli idonei per chirurgia bariatrica, la quale consiste nella riduzione della capienza dello stomaco, che accelera il senso di sazietà e produce un dimagrimento nelle persone particolarmente obese, che con la sola dieta e la pratica sportiva non riescono a perdere peso, risentendone sulla salute in generale.
Il 26 maggio scorso, Emanuela si era sottoposta all’intervento nell’ospedale bergamasco, ritenuto una delle strutture d’eccellenza in questo genere di interventi, ormai quasi di routine, con un margine di rischio piuttosto basso.
Infatti, si tratta di un intervento che, di per sé, ha una incidenza di decessi pari a 1 caso ogni mille; ma quel caso potrebbe essere fatalmente quello di Emanuela, se l’esame autoptico dovesse dimostrare il nesso causale tra le complicanze per cui è stata ricoverata a Matera, otto giorni dopo l’intervento e cinque dopo le dimissioni da Bergamo. I fatti ed il decorso post operatorio, sono narrati dal figlio ventenne della donna, Leonardo Corsano, che ieri ha presentato formale denuncia in questura a Matera.
La donna è stata ricoverata d’urgenza all’ospedale di Matera, già otto giorni dopo l’intervento ed a cinque giorni dalle dimissioni dal policlinico di Bergamo, come racconta il figlio; accusava forti dolori all’addome e un senso generale di malessere. I medici di Matera hanno dovuto praticamente rioperarla, perché pare fosse saltato un punto di sutura all’interno dello stomaco, con conseguente emorragia interna. Da lì è iniziato il calvario della povera Emanuela, entrata subito in Terapia intensiva, dalla quale è uscita domenica dopo sedici giorni priva di vita. Il figlio chiede, quindi, l’apertura di un’indagine con l’esame autoptico sulla salma della mamma, per accertare le cause che hanno determinato la morte di una persona in sovrappeso, «ma sostanzialmente sana, senza particolari patologie».
Data la bassissima incidenza di mortalità per questi interventi, si sospetta che le complicanze «siano dovute ad una cattiva realizzazione dell’intervento, nonché le dimissioni – spiega Corsano – avvenute tre giorni dopo, senza un’adeguata diagnosi in uscita per la verifica della situazione generale e specifica della paziente. L’esame autoptico è, pertanto, indispensabile per accertare se la morte sia dovuta all’imperizia e/o negligenza e/o al mancato rispetto dei protocolli, per l’intervento a cui è stata sottoposta».
Il figlio, vista la giovane età di Emanuela e lo stato complessivo di buona salute, sospetta che la sua morte sia causa diretta dell’intervento, «o dell’erronea esecuzione dello stesso». Il giovane ha anche nominato gli avvocati Pietro Ditaranto ed Eleonora Derario di Bernalda. I sospetti e le ipotesi, troveranno una prima conferma/smentita nell’esame autoptico, chiesto dai familiari, che si dovrebbe svolgere nei prossimi giorni, comunque in tempi compatibili con l’eventuale apertura di un fascicolo d’indagine per la morte di questa povera ragazza.
Un caso, questo, che dovrebbe far riflettere tutti coloro, soprattutto donne, che vivono nell’ossessione del sovrappeso, vittime di una società malata, con il desiderio di rimediare rapidamente attraverso l’intervento, senza pensare ai sacrifici di una molto meno rischiosa tradizionale dieta. Una tendenza molto pericolosa, quella di ricorrere alla chirurgia per dimagrire, che per questo richiede grande scrupolo nell’anamnesi preliminare all’intervento.
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