Il luogo dell'agguato dell'ottobre 2019
3 minuti per la letturaPOLICORO (MATERA) – Mentre gli altri clienti del chiosco in via Salerno scappavano via, il cognato del boss Salvatore Scarcia, a sua volta «intraneo da tempi risalenti del clan», era rimasto coi figli del presunto “pistolero”, impegnati a lavare il sangue dalla strada. Non è mancata, poi, la classica «condotta omertosa» di quanti avrebbero potuto raccontare come sono andati i fatti, «determinata, se non dalla connivenza, dalla paura, dalla consapevolezza dello spessore criminale dei protagonisti della vicenda, autore e vittime comprese».
È quanto ribadito nei giorni scorsi dalla Corte di cassazione sul duplice tentato omicidio avvenuto poco più di un anno fa, il 10 ottobre del 2019, a Policoro, davanti al bar “Sandwich beach 2”, in cui sono rimasti feriti due noti pregiudicati del posto: Mario Lorito, e Vincenzo Mitidieri, considerato dall’Antimafia il boss dell’omonimo clan operante nella cittadina ionica e dintorni. A fine aprile i giudici di Trastevere hanno confermato la custodia cautelare in carcere per il presunto attentatore dei due: Antonio Gialdino, titolare del Sandwich beach 2. Le motivazioni di quella decisione, tuttavia, non sono state depositate che giovedì scorso.
Ad anticiparle, in realtà, ci aveva pensato l’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia, pubblicata a luglio. Gli investigatori della Dia avevano inquadrato il fattaccio nell’ambito di uno scontro tra il clan Mitidieri e clan Scarcia acceso dal «vuoto di potere» creato dagli arresti compiuti tra le file di un altro gruppo capace di imporsi per anni sul territorio: quello guidato dall’ex carabiniere Gerardo Schettino.
Ma nella sentenza della Cassazione vengono dettagliati in maniera minuziosa gli elementi raccolti dagli inquirenti a riguardo, con la conferma delle conclusioni su cui si era attestato il Tribunale del riesame confermando il carcere per Gialdino. «Il fatto va inquadrato nell’ambito di una disputa tra clan per il predominio sul territorio ionico». Così nella sentenza appena pubblicata.
La Cassazione ha valorizzato sia le «modalità cruente dell’attentato» compiuto «nonostante la presenza di molte persone», sia la «vicinanza dell’attentatore delle vittime rispettivamente al clan Scarcia e al clan Mitidieri». Ma non è sfuggita nemmeno l’omertà delle vittime, e in particolare di Lorito, che non ha voluto indicare il nome del suo attentatore. I giudici hanno escluso anche le eccezioni delle difese sul punto del carattere mafioso dell’attentato, evidenziando «l’inesistenza di un clan Mitidieri».
Quanto alla scintilla che ha fatto esplodere la violenza i magistrati citano la discussione accesasi negli attimi immediatamente precedenti agli spari tra Mitidieri, Lorito e i figli di Gialdino, che dopo aver fatto fuoco sarebbe andato a casa a cambiarsi perdendo in auto un bossolo compatibile con i proiettili esplosi (l’arma invece non è stata mai ritrovata).
Nella sentenza, tuttavia, si fa anche riferimento a un episodio avvenuto poco prima, ovvero al pestaggio di una quarta persona da parte di «un gruppo di individui non identificato». Subito dopo, infatti, Gialdino sarebbe andato via in auto «a velocità sostenuta» per ritornare 6 minuti più tardi. Quindi si sarebbero materializzati Mitidieri e Lorito con intenzioni, all’apparenza, tutt’altro che pacifiche.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA