La palazzina crollata e Giuseppe Sicolo
INDICE DEI CONTENUTI
- 1 Quali sono oggi le possibilità normative date ai cittadini per intervenire sul monitoraggio e garantirsi la sicurezza dell’edilizia pubblica?
- 2 Matera ha edifici che sono per la maggior parte edifici antecedenti al 1980 è pensabile individuare zone ed aree su cui è più urgente procedere ad un vero e proprio monitoraggio degli edifici esistenti? Quali sono?
- 3 Passiamo alle altre zone da attenzionare come si dovrebbe intervenire?
- 4 L’essenzialità sarebbe quella di un monitoraggio?
- 5 Come si fa ad avviare un’opera di monitoraggio seria di questa città? Cosa serve come risorse umane e economiche. E come l’ordine degli ingegneri può essere d’ausilio?
- 6 Da Vico Piave ad oggi cosa è stato fatto?
L’intervista al presidente dell’ordine degli ingeneri di Matera dopo il crollo di una palazzina in centro
«Una modifica immediata del regolamento urbanistico che consenta anche nelle aree del centro storico cittadino di poter procedere con la demolizione e ricostruzione senza problemi e con le agevolazioni date per altre aree della città, un monitoraggio particolare di alcune aree a ridosso del centro da vico Piave e via Protospata a quartieri come Cappuccini e Piccianello. E un’allerta vera e propria per quelle situazioni che prevedano delle sopraelevazioni (consuete in molte abitazioni) che hanno aumentato il carico strutturale su edifici che in molti casi hanno fatto la gran parte del loro ciclo naturale di vita e non possono sopportare ulteriori pesi».
Sono alcune delle osservazioni che il presidente dell’ordine degli ingegneri della Provincia di Matera Giuseppe Sicolo ha voluto condividere con il “Quotidiano” nel commentare quello che è successo qualche giorno fa con il crollo di un una palazzina e soprattutto nell’indicare alcune strade che possano limitare il più possibile questi episodi. Constatando amaramente che da vico Piave a oggi “nulla è stato fatto”.
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Quali sono oggi le possibilità normative date ai cittadini per intervenire sul monitoraggio e garantirsi la sicurezza dell’edilizia pubblica?
«Non esiste una misura nazionale o regionale che si possa invocare su questo tema per quanto esista il superbonus, sisma bonus e ecobonus sono stati concepiti proprio per affrontare il tema gravissimo dello stato di vetustà del patrimonio edilizio italiano che è all’80% costruito prima del 1980 e quindi assolutamente inadeguato sia dal punto di vista sismico e sia dal punto di vista energetico. Tutte queste misure messe in campo per andare verso la rigenerazione urbana sono state utilizzate anche se adesso sono al palo. C’era poi il Piano Casa che era stato concepito come misura anticiclica per l’economia ma aveva sempre come obiettivo il miglioramento degli edifici. Oggi c’è la legge nazionale 380 che ha stabilito che la ristrutturazione si può fare con la demolizione e fedele ricostruzione anche nel centro storico fatti salvi gli edifici vincolati o i vincoli del piano regolatore della città.
A Matera abbiamo il problema che il regolamento urbanistico impedisce la demolizione e fedele ricostruzione nel centro storico e io mi sto battendo su questa questione. Con un’aggravante che in alcuni punti dove è vietata la demolizione e fedele ricostruzione si può però fare la sopraelevazione cioè gravare di carichi ulteriori immobili che sono già precari».
Matera ha edifici che sono per la maggior parte edifici antecedenti al 1980 è pensabile individuare zone ed aree su cui è più urgente procedere ad un vero e proprio monitoraggio degli edifici esistenti? Quali sono?
«Le aree più a rischio sono le aree in prossimità di vico Piave, quell’area attorno, Cappuccini, Piccianello. Tutta la parte del piano con costruzioni in muratura portante realizzate ai primi del 900. Compresa la costruzione che è caduta che era realizzata in muratura portante per successive implementazioni. Oggi si fanno studi sui terreni per capire con quali fondazioni intervenire. Una volta questo non accadeva. Andrebbe attenzionata quest’area a ridosso del centro senza aver paura di ricorrere alla demolizione e ricostruzione. Noi non siamo speculatori edilizi ma lavoriamo per la sicurezza e per l’adeguatezza degli immobili anche sotto il profilo energetico. Bisogna intervenire in modo deciso. Questa stortura normativa del regolamento urbanistico che impedisce la demolizione e ricostruzione in alcune aree ma autorizza la sopraelevazione vuol dire che non si farà mai niente. Non capisco perchè il Comune ha deciso di impedire una pratica sacrosanta di demolizione e ricostruzione. Non dico assolutamente che tutti gli edifici del centro storico vanno demoliti. E’ chiaro».
Passiamo alle altre zone da attenzionare come si dovrebbe intervenire?
«Cappuccini per esempio è un quartiere misto con strutture in muratura e in cemento armato miste. Addirittura alcune sono con parti in cemento armato e parti in muratura portante. Lì bisognerebbe intervenire e avere il coraggio di spingere sulla rigenerazione urbana. Il regolamento urbanistico prevede premialità in alcune aree per demolizione e ricostruzione dal 20 al 40-50 per cento. Questo è un modo per evitare questi episodi di crollo incentivando la rigenerazione».
L’essenzialità sarebbe quella di un monitoraggio?
«Si, andrebbe fatto ma è legato alla scelta del singolo. Se il proprietario non ha un interesse e un quadro economico che funziona diventa difficile immaginare che intervenga. Ci sono poi quartieri storici come Spine Bianche, Lanera, Serra Venerdì che hanno formato intere generazioni di architetti. Questi hanno strutture portanti in cemento armato e con tecniche costruttive non più utilizzate. Andrebbe fatto monitoraggio serio e intervento puntuale di consolidamento di questi immobili. Che costituiscono un patrimonio. Addirittura è stato consentito di fare balconi che hanno aumentato il carico su queste strutture. Sono edifici costruiti agli inizi degli anni 60 che hanno concluso il loro ciclo utile di vita. Bisogna individuare soluzioni per dare vita a questi quartieri che sono un fiore all’occhiello. Mentre gli immobili di minor pregio vanno demoliti».
Come si fa ad avviare un’opera di monitoraggio seria di questa città? Cosa serve come risorse umane e economiche. E come l’ordine degli ingegneri può essere d’ausilio?
«Noi siamo 1100 iscritti, con molti colleghi esperti a livello di edilizia strutturale. Noi siamo una risorsa a disposizione della collettività. Va fatto un piano delle autorità per riuscire a strutturarlo. Serve la volontà di farlo innanzitutto. Poi con un progetto serio candidato a finanziamento ci potranno essere risorse per andare avanti. Bisogna fare una campitura delle aree, definizione di squadre di progettisti coadiuvati da tecnici comunali, si fa una campagna di indagine per capire gli immobili da monitorare e poi mettere in condizione tecnici di fare proposte. Verificando anche gli interventi fatti ad esempio di sopraelevazioni perchè la maggior parte degli immobili sono stati fatti per step successivi».
Da Vico Piave ad oggi cosa è stato fatto?
«Nulla, ne avevamo parlato ma poi molte cose sono finite in secondo piano»
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