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Il Tribunale di Matera

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Finisce in Consiglio di Stato la vicenda che riguarda la nomina di Civitano alla presidenza della sezione penale del Tribunale di Matera


FINISCE in Consiglio di Stato la nomina del giudice barese Chiara Civitano alla presidenza della sezione penale del Tribunale di Matera.
A portare il caso a Palazzo Spada, un altro dei contendenti per l’incarico assegnato a gennaio dell’anno scorso dal Consiglio superiore della Magistratura.

Nei giorni scorsi, infatti, la pugliese Angela Rosa Nettis, da anni in servizio proprio nella sezione penale del Tribunale di Matera, ha presentato ricorso contro il verdetto emesso a febbraio dal Tar Lazio. Verdetto che bocciava le doglianze sue e di altri due aspiranti, confermando la legittimità designazione di Civitano.
Ieri pomeriggio, quindi, il plenum del Csm ha votato una delibera per la costituzione in giudizio a difesa del suo operato, in cui si ripercorrono le doglianze di Nettis.

Un primo motivo di ricorso ruota attorno alla penalizzazione inflittale, durante l’istruttoria effettuata dalla commissione dell’organo di autogoverno delle toghe competente per gli incarichi direttivi e semi direttivi. Una penalizzazione collegata alle sue «vicissitudini disciplinari» risalenti al 2008, che in realtà si sarebbero risolte, dopo un percorso alquanto complesso, senza alcuna sanzione nei suoi confronti. Per alcune dichiarazioni attribuite dal Corriere della Sera in relazione a un caso di cronaca assai noto di cui si era occupata. Vale a dire la morte dei fratellini di Gravina, Francesco e Salvatore Pappalardi, per cui a un certo punto venne sospettato ingiustamente anche il padre.

Nella delibera appena approvata dal Csm si evidenziano le doglianze al riguardo di Nettis, per cui non vi sarebbe stato alcun accertamento «in ordine ai fatti» che le sono stati contestati, e valorizzare «quanto riportato nella sentenza disciplinare poi annullata, significherebbe legittimare un esercizio illimitato dell’azione disciplinare sui medesimi fatti e ciò in evidente violazione del diritto al ne bis in idem».

La giudice materana ha anche rinnovato la censura sull’operato della quinta commissione dell’organo di autogoverno delle toghe, in relazione alla sua mancata audizione. Nonostante ne avesse fatto richiesta espressa.
Infine ha sottolineato «il decorso di un lungo lasso di tempo dai fatti» e gli scatti di anzianità che le sono stati riconosciuti negli anni intercorsi, e ha puntato il dito sulla «mancata adeguata considerazione del suo profilo curriculare».
Nella delibera del Csm appena approvata si dà atto di un parere dell’ufficio studi di Palazzo dei Marescialli per cui il ricorso della giudice materana sarebbe addirittura inammissibile. Perché riproporrebbe questioni già vagliate dal Tar senza soffermarsi sulle presunte criticità della sentenza impugnata.

«La Commissione – scrive l’ufficio studi – ha avuto quindi la possibilità di esaminare nel dettaglio i profili dei vari candidati, avendo anche l’occasione di decidere se fosse necessario audire uno o più partecipanti alla procedura. In quest’ottica appare pienamente comprensibile che la richiesta della dottoressa Nettis di essere audita in Commissione all’indomani della formalizzazione delle proposte in favore di tre altri candidati, abbia comportato una mera presa d’atto, non essendo evidentemente emerse ragioni che suggerivano alla Commissione di rivedere la valutazione sul profilo della ricorrente, appena compiuta, nè sussistendo un obbligo in tal senso per il Consiglio stesso».

Quanto alla rilevanza delle «vicissitudini disciplinari», l’ufficio studi evidenzia che i fatti oggetto di incolpazione sarebbero stati «provati», benché negati in ogni sede da Nettis. Pertanto il Consiglio avrebbe ritenuto legittimamente «che le dichiarazioni rese in quella sede (…) assumano un ruolo particolarmente rilevante nella procedura concorsuale in esame».

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