INDICE DEI CONTENUTI
- 1 L’APERTURA DELLA PRATICA DEL CSM A CARICO DEL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI MATERA
- 2 LE TELEFONATE DEL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI MATERA INTERCETTATE
- 3 L’ARCHIVIAZIONE
- 4 SANITOPOLI
- 5 IL VACCINO SALTANDO LA FILA…
- 6 …GRAZIE ALL’EX DG IMPUTATO, QUINTO
- 7 MA NON È REATO
- 8 L’INCOMPATIBILITA’
- 9 LA DIFESA
- 10 NIENTE SCONTI DAL CSM PER IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI MATERA
Il presidente del tribunale di Matera, Gaetano Catalani, rischia il trasferimento da parte del Csm per incompatibilità ambientale
POTENZA – Rischia il trasferimento d’ufficio il presidente facente funzioni del Tribunale di Matera, Gaetano Catalani. A causa di una serie di circostanze emerse dalle indagini a carico dell’amico ex assessore regionale alle infrastrutture, Carmine Castelgrande (Pd), che avvolgono di un’ombra di sospetto la gestione del processo sui concorsi truccati nella sanità. E in particolare delle accuse a carico di un sodale di Castelgrande come l’ex governatore Marcello Pittella, assolto a dicembre dell’anno scorso dal collegio presieduto dallo stesso Catalani.
Mercoledì prossimo, infatti, sarà al vaglio del plenum del Consiglio superiore della magistratura una proposta di trasferimento ad altra sede del giudice materano. Proposta già approvata il mese scorso dalla I commissione, competente per i casi di incompatibilità ambientale delle toghe. Col voto favorevole dei consiglieri Elisabetta Chinaglia (togato della corrente di sinistra di Area), Nino Di Matteo (togato indipendente) e Alberto Maria Benedetti (laico del Movimento 5 stelle), l’astensione di Carmelo Celentano (togato di Unicost), e il voto contrario de Paola Maria Braggion (togata di Magistratura indipendente).
L’APERTURA DELLA PRATICA DEL CSM A CARICO DEL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI MATERA
L’apertura della pratica per incompatibilità ambientale risale agli inizi di giugno, quando la procura di Catanzaro, competente per le indagini sui magistrati del distretto giudiziario lucano, ha informato l’organo di autogoverno delle toghe, per le sue autonome valutazioni di carattere disciplinare e quant’altro, dell’esistenza di un fascicolo a carico di Catalani per corruzione in atti giudiziari e peculato. Giusto tre giorni prima che il gip del tribunale calabrese decidesse di archiviare la prima ipotesi, «non essendo stati acquisiti elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio», e la seconda perché il fatto contestato, sebbene accertato, non costituirebbe reato.
Il grosso del fascicolo era costituito da intercettazioni trasmesse dalla procura di Potenza, che tra il 2018 e il 2019 aveva preso di mira un presunto giro di tangenti tra l’ex genio civile di Melfi e il Comune di Venosa.
È proprio indagando sull’amministrazione dell’epoca della città di Orazio, quindi, che sarebbe finito sotto la lente degli investigatori l’attivismo dell’ex sindaco ed ex assessore regionale dell’allora giunta Pittella, Castelgrande.
«Nel corso delle indagini – si legge nella bozza di delibera trasmessa al plenum del Csm per l’approvazione finale – venivano intercettate diverse conversazioni che riguardavano dialoghi tra Miranda Catelgrande Carmine ed il dottor Gaetano Catalani, magistrato in servizio alla sezione penale del Tribunale di Matera, sicché l’autorità giudiziaria di Potenza trasmetteva gli atti (…) alla competente Procura di Catanzaro, che a sua volta procedeva ad iscrizione del procedimento e ad ulteriori indagini tecniche».
LE TELEFONATE DEL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI MATERA INTERCETTATE
Tra il 2020 e il 2021, quindi, gli investigatori di Catanzaro avrebbero ascoltato una a una le telefonate di Catalani, registrando «l’interessamento» di Castelgrande per il processo più importante gestito dall’amico giudice. Processo che vedeva come imputato illustre proprio il suo ex governatore.
A farsi largo tra gli inquirenti, pertanto, è stato il sospetto di «un illecito scambio di reciproche utilità» tra il giudice e l’ex assessore, «il quale – si legge ancora nella bozza di delibera -si sarebbe prestato ad aiutare, in alcune pratiche amministrative, il dottor Catalani, al fine di ottenere che il medesimo si orientasse favorevolmente nel processo a carico di Pittella, dal quale, a sua volta, Miranda voleva ottenere, come contropartita di tale interessamento, l’appoggio politico per la sua ri-candidatura al Consiglio regionale della Basilicata».
Dunque sollecitazioni per un’assoluzione dell’ex governatore, ma non solo. Perché da alcune intercettazioni sarebbero emersi anche l’interesse di Pittella e Castelgrande, e i solleciti di quest’ultimo su Catalani, per la tempestività dell’assoluzione in questione. In modo da permettere la candidatura di Pittella alle elezioni politiche, previste per il 2023, «così da essere aiutato nella successiva campagna elettorale per la Regione», prevista per il 2024.
L’ARCHIVIAZIONE
La delibera trasmessa dalla I commissione al plenum del Csm prosegue spiegando che «la tesi accusatoria relativa all’ipotesi di corruzione non trovava, però, conferma nel materiale probatorio acquisito».
«Come emerge dalla richiesta di archiviazione, accolta dal gip – si legge ancora -, dal materiale intercettivo e dalle indagini “non emerge(ndo) l’esistenza di un accordo corruttivo tra gli indagati finalizzato all’esito favorevole del giudizio a carico del Pittella”; in particolare, “le indagini svolte hanno acclarato l’esistenza di un pregresso e solido rapporto amicale tra il dottor Catalani e Miranda Castelgrande. Ed è in questa ottica che sembrerebbero inquadrarsi – da un lato – la consulenza legale fornita dal CatalanI in merito alle vicende giudiziarie del Miranda Castelgrande su Potenza (certamente censurabile sotto il profilo deontologico) e – dall’altro – l’interessamento di quest’ultimo per le vicende riguardanti il Catalani, escludendo che possano, invece, inserirsi nell’ottica di un illecito scambio di utilità, ovvero di un accordo corruttivo complesso come quello ipotizzato”».
Al netto dei profili penali della vicenda, insomma, all’organo di autogoverno delle toghe sono rimasti da valutare in maniera del autonoma una seri di fatti. Come la consulenza legale fornita da Catalani a Castelgrande rispetto alla richiesta di arresto formulata nei suoi confronti dai pm di Potenza, e reiterata dopo un’iniziale rigetto del gip titolare del fascicolo sul Comune di Venosa. O la sua presunta intercessione su un noto penalista materano, Nicola Buccico, perché convincesse un «avvocato di indiscussa fama professionale» come Franco Coppi, ad assumere la difesa di Castelgrande, in Cassazione, contro quella richiesta di arresti pendente nei suoi confronti.
«Inoltre, ed in parte nello stesso contesto temporale – prosegue il testo al vaglio del plenum -, emergevano un serie di richieste di aiuto da parte del Catalani nei confronti del Miranda Castelgrande, al fine di risolvere alcune questioni di carattere amministrativo relative a propri famigliari».
E giù un elenco con una pratica riferita ad alcuni terreni agricoli, per cui Castelgrande avrebbe organizzato un incontro con un funzionario del Comune di Genzano; un’altra pratica per la rateizzazione dell’imposta comunale sugli immobili del cognato, sempre a Genzano; e poi la «richiesta di Catalani, del luglio 2020, circa la possibilità di avere un contatto con il funzionario competente con cui interloquire in merito alla realizzazione di un parco fotovoltaico nell’interesse di un terzo soggetto, richiesta che anch’essa trovava Miranda condiscendente e pronto, anche, a “fare una telefonata”».
SANITOPOLI
Il Csm ha riscontrato anche le conversazioni «dalle quali si evinceva che effettivamente Miranda si interessava presso il magistrato circa l’andamento del processo Sanitopoli a carico di Pittella, pendente avanti il collegio presieduto da Catalani, ricevendo anche alcune brevi informazioni, peraltro esclusivamente riferite alle difficoltà di celebrazione connesse alla pandemia e mai al merito del processo».
«Emerge che, contemporaneamente – prosegue la delibera -, lo stesso Miranda era in contatto e frequentazione con Pittella, con il quale si incontrava e con il quale discuteva anche circa le loro rispettive opportunità di elezione nell’ambito regionale e nazionale».
Significative, in questo senso, sarebbero alcune intercettazioni da cui è emerso che in almeno un paio di occasioni Castelgrande sarebbe andato a trovare Catalani a Spinazzola, dove risiede, poche ore dopo le udienze del processo sui concorsi truccati nella sanità lucana, raccogliendo, con discrezione, le sue impressioni.
«Ha detto: purtroppo, ha detto, il tempo ci vuole! Il cazzo del covid mo doveva capitare!» Questo il resoconto che l’ex assessore regionale avrebbe fatto alla moglie dopo uno di questi incontri post-udienza. Per poi aggiungere che «più di tanto non gli chiede», e che «me le dice lui le cose». Come pure un «io glielo feci conoscere a Marcello», su cui i componenti del Csm hanno ipotizzato che fosse avvenuta una presentazione tra giudice e imputato al di fuori dell’aula del Tribunale di Matera.
IL VACCINO SALTANDO LA FILA…
Un’ultima vicenda affrontata dai membri della I commissione del Csm, poi, è stata quella ricostruita tramite alcune intercettazioni tra Catalani e il presidente dell’Ordine degli avvocati di Matera, Ferdinando Izzo, che inizialmente era costata un’iscrizione per peculato a carico del giudice.
Ad aprile 2020, infatti, il presidente facente funzioni del Tribunale avrebbe chiesto al legale «se vi fosse la possibilità, pur essendo egli residente in Puglia, di essere sottoposto a vaccinazione contro il covid 19, in occcasione della giornata organizzata dalla Regione Basilicata (cd “open day”) per il giorno successivo, finalizzata alla vaccinazione aperta ai soli cittadini ultrasessantenni residenti in tale regione».
«L’avvocato, ricordando a Catalani di avere sempre “quel contatto” – prosegue la delibera del Csm -, si offriva di fare una telefonata onde accertare la possibilità o meno di sottoporre il dottor Catalani alla vaccinazione; dopo qualche ora lo richiamava e gli confermava la possibilità, estendendola anche alla moglie del dottor Catalani, onde i due si davano appuntamento per la mattina successiva nel garage del Tribunale di Matera, per recarsi insieme alla vaccinazione».
Dall’ascolto delle successive conversazioni, però, sarebbe emerso anche altro. Perché non solo «Catalani e sua moglie avevano effettivamente avuto la possibilità di vaccinarsi il 12 aprile 2021, nonostante non fossero residenti in Basilicata», ma «da una conversazione dello stesso Catalani con la sorella emergeva che lui e la moglie erano stati accompagnati direttamente alla vaccinazione dal direttore generale dell’Asl, saltando la “coda”».
«Non ti dico che macello stava!» Questo il testo della telefonata trascritta. «E quindi siamo andati io e Anna… e quindi lo abbiamo fatto! Lo abbiamo fatto, lui conosceva il direttore generale… e il direttore generale ci ha accompagnati là e abbiamo…»
Stessa circostanza riferita anche in una seconda telefonata dalla moglie del giudice a loro figlia: «Non abbiamo fatto nessuna coda… perché il direttore generale della Asl hai capito? E’ venuto a prenderci… hai capito?… Nessuno la sa questa cosa, evitiamo di dirla in giro perché…»
…GRAZIE ALL’EX DG IMPUTATO, QUINTO
Ed ecco materializzarsi, a questo punto, l’ennesimo colpo di scena. Perché dalle indagini sarebbe emerso che, «nel breve intervallo temporale tra la telefonata di richiesta di Catalani all’avvocato Izzo e la successiva telefonata di Izzo a Catalani, che confermava la possibilità di sottoporre Catalani e la moglie al vaccino, l’avvocato aveva contattato il numero telefonico intestato al dottor Pietro Quinto, già direttore generale dell’Azienda sanitaria di Matera e successivamente direttore dell’unità operativa complessa Attività amministrative distrettuali e direttore Dell’unità operativa complessa Provveditorato-economato della medesima azienda, nonché, al momento del fatto, uno degli imputati nel processo Sanitopoli in corso di celebrazione avanti il dottor Catalani». Un imputato, annota ancora la I commissione, poi «solo parzialmente» condannato.
MA NON È REATO
La delibera dell’organo di autogoverno delle toghe prosegue riportando le ragioni dell’archiviazione chiesta e ottenuta dai pm di Catanzaro per questa ipotesi di peculato a carico di Catalani. Ragioni che evidentemente non sono state ritenute valide dalla procura di Potenza che invece, di recente, ha reiterato la richiesta di rinvio a giudizio del vescovo del capoluogo lucano e altre persone proprio per un vaccino ricevuto anzitempo.
Secondo i magistrati calabresi, infatti, sarebbe stato, sì, «documentato che l’indagato unitamente alla moglie ottenevano la vaccinazione anti Covid 19 in violazione delle disposizioni emanate dalla Regione Basilicata». Tuttavia: «l’utilizzo delle dosi non può considerarsi condotta distrattiva atteso che sebbene utilizzate “irregolarmente”, le stesse non sono state sottratte alla loro funzione e destinazione e a vantaggio di soggetti che comunque ne avrebbero avuto diritto, atteso che la campagna vaccinale ha riguardato tutta la popolazione. Per le stesse ragioni, non può esserci alcun danno di natura patrimoniale».
L’INCOMPATIBILITA’
Nel formulare la sua contestazione in termini di incompatibilità ambientale per il venir meno dell’«immagine di indipendenza ed imparzialità» che dovrebbe avere un magistrato, a seguito dei fatti appena ricostruiti, la I commissione del Csm si è soffermata anche su altro ancora.
Come le telefonate col collega relatore del processo Sanitopoli al quale Catalani avrebbe anticipato «le ragioni che la inducevano a ritenere insussistenti le accuse fatte al Pittella», sulla cui assoluzione resta comunque pendente un appello proposto dalla procura di Matera. O ancora alcuni commenti apparentemente diretti al procuratore capo di Potenza, Francesco Curcio, che verrebbe definito «un folle che intimorisce i giudici» davanti ai quali rappresenta la pubblica accusa.
LA DIFESA
Di fronte alla I commissione Catalani si è difeso denunciando che «i dati e le affermazioni presenti nella comunicazione di apertura della procedura siano via via “gravi falsità”, circostanze “invieritiere o addirittura diffamatorie” o “assolutamente falso”, affermazioni “apodittiche”, tali in sostanza da integrare una “saga delle congetture”».
Il giudice ha aggiunto di conoscere Castelgrande perché sarebbero stati compagni di scuola, e ha liquidato come del tutto legittime le richieste avanzate all’ex assessore.
«Ha osservato – prosegue la bozza di delibera – come fosse, a suo avviso, del tutto normale che egli, stante il rapporto di amicizia, abbia richiesto al Miranda tutte le informazioni sopra indicate, trattandosi di persona che “gravitava sul potentino” mentre Catalani era residente in Puglia, e, comunque, non avendo mai richiesto trattamenti privilegiati o interventi in suo favore (come confermato dagli accertamenti svolti dalla polizia giudiziaria in relazione alle pratiche sopra indicate)».
Poi ha definito «fisiologico» che l’amico Castelgrande gli chiedesse lumi sulla sua vicenda giudiziaria, e sul processo Sanitopoli «si è riportato a quanto osservato nella richiesta di archiviazione, non avendo mai parlato del merito del processo con il Miranda Castelgrande, avendo solo, al massimo, fornito informazioni sull’andamento del processo, con riferimento alle difficoltà generate dalla pandemia».
«Ha, in particolare, negato – prosegue la delibera riferendo la difesa di Catalani – di aver preso un caffè con il Pittella il giorno dell’udienza, di aver accelerato la trattazione del processo “Sanitopoli”, o di aver in qualche modo condizionato il giudice relatore della sentenza sull’esito della decisione».
Quanto al vaccino, infine, ha «escluso di essere stato mai conoscenza del rapporto esistente tra l’avvocato Izzo e il dottorQuinto, effettivamente imputato nel processo “Sanitopoli”, osservando che egli credeva che l’avvocato Izzo si fosse rivolto alla dottoressa Pulvirenti (Sabrina), ndr), commissario straordinario della Asl (di Matera, ndr)».
«Il dottor Catalani – prosegue ancora la delibera -ha concluso sostenendo che alcun addebito può essergli mosso e che la vera ragione della apertura della presente procedura risiede solo nel pregiudizio sorto in esito al procedimento penale, il quale, invece, ha dimostrato, nonostante la persistente attività captativa, che egli non ha commesso alcun illecito. Ha ribadito di essersi limitato ad aiutare, nei limiti del lecito, un caro amico in difficoltà, non sentendo la necessità di rompere i rapporti solo perché era indagato da una diversa autorità giudiziaria, e che il suo rapporto amicale non ha influenzato in alcun modo le sue decisioni, tra l’altro collegiali».
Ma non è bastato.
NIENTE SCONTI DAL CSM PER IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI MATERA
«Le conversazioni tra il dottor Catalani e il Miranda – conclude la I commissione – evidenziano non già degli scambi illeciti di favori (che sono stati esclusi in sede penale e che in questa sede non si ritiene affatto di voler nuovamente ipotizzare), quando, piuttosto, un habitus mentale poco consono a chi amministra funzioni pubbliche, soprattutto in un centro di piccole dimensioni».
La I commissione ha dato atto che «le motivazioni che hanno indotto il dottor Catalani ad esporsi per il Miranda, (…) appaiono legate a un nobile sentimento di amicizia».
Quanto all’ex governatore Pittella, «pur non essendo stata rilevata alcuna anomalia nella gestione del processo» a cui è stato sottoposto, nella bozza di delibera si legge che «dalle conversazioni risulta anche che il Miranda avrebbe presentato il Pittella al dottor Catalani, circostanza non contestata nella memoria depositata dal magistrato, con ciò fugando ogni dubbio sulla consapevolezza da parte del dottor Catalani del tipo di rapporto intercorrente tra l’amico e l’imputato».
Quanto al vaccino saltando la fila invece, sempre secondo la I commissione: «poco rileva se sia stato effettivamente il dottor Quinto ad acconsentire alla vaccinazione di Catalani e consorte o addirittura se sia stato lui o meno ad accompagnarli per saltare la fila. Ciò che rileva è che il dottor Catalani ha espressamente richiesto un favore per sè e per sua moglie, ottenendolo, e non solo lo ha richiesto tramite il presidente del consiglio dell’Ordine degli avvocati, ma lo ha richiesto alla stessa azienda sanitaria nell’ambito della quale erano maturati i fatti oggetto del processo che egli stava celebrando, e la vicenda è stata quanto meno oggetto di conoscenza da parte di uno dei principali imputati del processo».
In conclusione: «emergono circostanze di fatto che inducono a ritenere che si sia creata una situazione di perdita di credibilità e di caduta dell’immagine di indipendenza ed imparzialità del magistrato, percepita all’esterno o comunque percepibile».
Di qui la richiesta di trasferimento su cui l’ultima parola spetterà, mercoledì prossimo, al plenum del Csm.
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