INDICE DEI CONTENUTI
- 1 Le indagini della Corte dei conti sulla prefettura di Matera
- 2 La ricostruzione della Guardia di Finanza
- 3 La Corte dei Conti indaga sulla prefettura di Matera: I pagamenti spezzettati
- 4 La Corte dei conti indaga sulla prefettura di Matera: Il presunto dolo delle funzionarie
- 5 Le accuse all’ex prefetto e al vice prefetto
POTENZA – «Disse la dottoressa della Prefettura (…) “ditemi come mi devo comportare (…) perché – dice – se sa il Prefetto una cosa del genere come vi sto agevolando, io perdo il posto di lavoro (…) non vorrei che qua mo mi trovo nei guai».
Sono state queste le parole intercettate dagli investigatori della Guardia di finanza di Matera, a marzo del 2017, che hanno acceso i riflettori su un certo andazzo negli uffici del governo della città dei Sassi. Lo stesso andazzo per cui nei giorni scorsi la procura regionale della Corte dei conti ha citato a giudizio 6 persone, tra funzionari e dirigenti, per un presunto danno erariale, per «indebito esborso», da 205mila euro totali.
Le indagini della Corte dei conti sulla prefettura di Matera
In particolare due funzionarie dell’ufficio contabilità e gestione finanziaria, Luigia Santorufo e Maria Franca Montemurro, due dirigenti del medesimo ufficio, Michele Tritto e Rita Guida, il viceprefetto vicario Rosalia Ermelinda Camerini, e il prefetto in carica tra il 2014 e il 2018, Antonia Bellomo, poi trasferita a Taranto e dal 2020 in servizio come prefetto a Bari.
A svelare l’esistenza di una corsia preferenziale nei pagamenti a una delle ditte degli imprenditori materani Lascaro, incaricata del servizio di «recupero, custodia ed acquisto di veicoli sottoposti a fermo giudiziario», è stata proprio di una di loro, Carmela Lascaro, «figlia del patriarca» Graziantonio, secondo la definizione degli investigatori.
Quel giorno di fine marzo, infatti, l’imprenditrice si sarebbe confidata in una lunga conversazione telefonica con Anna Taccardi, una dirigente di lungo corso dell’Azienda sanitaria di matera, per cui pure i Lascaro gestivano un serie di servizi. In particolare il trasporto degli infermi.
Parlando delle tensioni interne alla famiglia, quindi, sarebbero venute a galla le vicende prefettizie. Vicende che all’inizio i investigatori hanno liquidato come «millanterie», ma che in seguito hanno trovato «numerose conferme in altrettante, successive conversazioni telefoniche intrattenute da Lascaro Carmela anche con una delle infedeli dipendenti della locale Prefettura». Vale a dire Santorufo.
La ricostruzione della Guardia di Finanza
Alle Fiamme gialle sarebbe occorso ben poco per ricostruire quanto stava accadendo, col frazionamento artificioso dei pagamenti ai Lascaro, indebitati col fisco per «113mila euro», per eludere la regola che imponeva agli uffici anche verifiche sul Documento unico di regolarità contributiva (Durc) per le imprese destinatarie di pagamenti superiori ai 10mila euro. Quindi proprio sulla pendenza di eventuali debiti fiscali.
Gli investigatori parlano di uno «stretto rapporto d’amicizia e di connivenza» tra Lascaro e Santorufo, ma evidenziano che quest’ultima «non è la sola che ha agevolato la famiglia Lascaro in quanto (…) anche altri funzionari e dirigenti della locale rappresentanza del governo hanno verosimilmente assunto la stessa condotta agevolativa consistente nell’elusione della normativa in premessa indicata».
In primis la collega Montemurro e l’allora dirigente dell’ufficio, Tritto.
«La Montemurro ha una grave difficoltà». Queste le parole intercettate ascoltando le telefonate di Carmela Lascaro, con le quali Santorufo avrebbe provato a tranquillizzare l’amica sul buon esito dei pagamenti programmati. «Io posso dire sto controllando ancora, ancora c’è qualcosa che non va. Lei avrebbe dovuto controllare, c’è il problema con Equitalia e tu lo sai… allora con Maria Montemurro siamo rimasti d’accordo così: “senti Gina facciamo una cosa, paghiamo questo, facciamoci avere il Durc regolare, e poi acchiappiamo il dirigente, tutte e due, e facciamogli un ragionamento”. Abbiamo intenzione di fare così».
La Corte dei Conti indaga sulla prefettura di Matera: I pagamenti spezzettati
Stesso tenore di un’altra intercettazione, successiva di qualche settimana, in cui la funzionaria avrebbe aggiornato Lascaro del fatto che era arrivata un’interrogazione sul Durc della loro ditta e che il giochino dello spezzettamento dei pagamenti non poteva andare molto più avanti.
«Guarda che noi – sono le parole di Santorufo trascritte dai finanzieri – abbiamo anche sto problema, sia io che la Montemurro, fermo restando il Durc, che ci abbiamo Equitalia nella capa, perché giustifi… mentre quando i soldi sono dell’anno, delle fatture dell’anno, la ragioneria non ci può dire nulla, dice: perché non hai interrogato? lo nell’anno io erano di meno le fatture e quindi non ho fatto interrogazione».
«Quando si tratta di debiti pregressi – prosegue – quelli in conto residui come quelli che ho avuto io, la ragioneria può dire: scusa, perché hai fatto tanti pagamenti? Ne potevi fare uno e interrogare Equitalia. Quindi portami subito il Durc. Perché noi dobbiamo ragionare perfettamente nooo, tu lo devi avere. Ho detto: guarda che quello è stato richiesto il 13 di aprile, va bene? Da un’altra ditta, non so chi l’ha chiesta, che io quando sono andata l’ho trovato già (…). Io non lo sapevo da chi è stato chiesto mi ha detto: guarda che è stato richiesto, comunque ti comunicherà pure a te quando arriverà. Quindici giorni passano veloce, se tu non stai addosso punto e d’accapo. E qua i mesi passano».
«La Montemurro – conclude l’intercettazione trascritta – non è che c’ha da pagare poco, c’ha da pagare tanto, non potrà troppo spacchettare, cioé capiamoci, voi vi dovete mettere anche pure nella condizione poi dopo dell’ufficio, non è che poi gli altri uffici stanno comodi e si pigliano mesi di tempo per fare le cazzate».
La Corte dei conti indaga sulla prefettura di Matera: Il presunto dolo delle funzionarie
Le intercettazioni delle Fiamme gialle sulla corsia privilegiata di cui godevano i Lascaro nella prefettura di Matera sono finite all’attenzione della procura regionale della Corte dei conti dopo l’archiviazione di un’ipotesi di abuso d’ufficio inizialmente formulata dai pm della città dei Sassi. Gli stessi pm che hanno chiesto e ottenuto un processo, d’altro canto, su quanto emerso indagando sui rapporti tra i Lascaro e l’Asm, in particolare una serie di concorsi truccati che nell’estate del 2018 hanno fatto esplodere l’inchiesta ribattezzata “sanitopoli”.
Secondo gli inquirenti contabili, in particolare, le intercettazioni in questione non lascerebbero adito a dubbi sul «dolo» di Santorufo e Montemurro, che «materialmente avevano in capo le operazioni di pagamento delle spettanze alle imprese riconducibili ai Lascaro».
Le accuse all’ex prefetto e al vice prefetto
Quanto a Tritto, invece, l’accusa ha ipotizzato il dolo, o in subordine la colpa grave. Ipotesi che sarebbe consistita nell’aver avallato quei pagamenti «senza porsi minimamente il problema della loro legittimità».
Di colpa grave devono rispondere anche il viceprefetto Camerini, Guida e l’ex prefetta Bellomo.
Solo alla prima, tuttavia, viene rimproverato l’avallo di quei pagamenti frazionati.
La contestazione alle altre, invece, riguarda una distinta vicenda sul pagamento di un credito da 8.763 euro passato di mano tra due ditte riconducibili ai medesimi Lascaro, dopo che era scattato il blocco dei pagamenti alla prima a causa della sua esposizione col fisco.
Di qui la contestazione di non aver impedito l’erogazione delle somme in questione «in virtù del loro derivare da un credito ceduto che, però, non poteva trovare soddisfazione per via della norma sul blocco fiscale dei pagamenti».
Il sostituto procuratore regionale della Corte dei conti lucana, Giulio Stolfi, ha chiesto la condanna al pagamento di 196mila di Santorufo, Montemurro e Tritto, e «in via sussidiaria» di Camerini. Più 8.763 euro «in parti uguali» tra Guida e Bellomo.
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