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POTENZA – La tesi è che il poliziotto eroe di Matera non si sarebbe mai esposto a un «concreto e reale pericolo di vita», sventando «a mani nude» quella rapina alla filiale della Banca di credito cooperativo di Santeramo di via dei Bizantini, a marzo del 2017. Perché in seguito si sarebbe scoperto che l’arma esibita dal rapinatore era un giocattolo, mentre il taglierino impugnato avrebbe avuto una «pericolosità di gran lunga inferiore al coltello». Quindi niente promozione sul campo, ma solo un encomio solenne, come se ne vedono per tanti fatti meno eclatanti.
E’ la beffa partorita tre anni dopo dal Consiglio per le ricompense e per i meriti straordinari e speciali del Ministero dell’Interno nei confronti di un volenteroso assistente capo in servizio nella questura di Matera, Ignazio Burgi.
Ad avallarla, giovedì scorso, c’ha pensato il Tar Basilicata, respingendo il ricorso presentato dal legale dell’agente contro il provvedimento con cui dal Viminale avevano respinto la proposta di promozione sul campo di Burgi. Proposta avanzata, poco dopo la rapina sventata, dall’allora questore di Matera, Paolo Sirna, per «l’eccezionale coraggio dimostrato», per aver messo «a repentaglio la propria stessa vita», e per aver dimostrato «vivo senso del dovere, abnegazione, grande determinazione, rapidità e coordinazione».
Sirna aveva aveva anche evidenziato il grande risalto mediatico dell’accaduto e le «numerose attestazioni di plauso da parte dei cittadini ed in particolare dalla categoria dei bancari e del presidente di quella banca, che aveva fatto pervenire una nota di sentito ringraziamento».
Quella mattina di marzo, infatti, il timore era che «impiegati e clienti» dell’istituto fossero «presi in ostaggio» o «coinvolti in un conflitto a fuoco», tra rapinatori e polizia. Per questo Burgi avrebbe deciso di affrontare «da solo il rapinatore, senza impugnare la pistola d’ordinanza». Per poi ingaggiare «una breve, ma intensa colluttazione» con l’uomo che minacciava di tagliargli la gola, difendendosi dai suoi fendenti sferrati col taglierino, e alla fine riuscendo a disarmarlo e bloccarlo. Consentendo anche il recupero di 15mila euro di refurtiva.
«La Promozione per merito Straordinario “deroga alle disposizioni che regolano nel pubblico impiego l’accesso alle diverse qualifiche”, è un “istituto di stretta eccezionalità”, che non può essere applicato nei “casi in cui il dipendente della Polizia di Stato compie atti che non esulino dai compiti di istituto”».
Così il Tar ha ripercorso i motivi della bocciatura della proposta avanzata dal Questore.
«L’amministrazione datrice di lavoro – ha aggiunto il collegio presieduto da Fabio Donadono (giudici a latere Pasquale Mastrantuono, e Benedetto Nappi) con una valutazione ampiamente discrezionale, che non risulta viziata da travisamento dei fatti e/o da illogicità, ha evidenziato che il taglierino, utilizzato dal rapinatore, era di tipo “cutter”, avente una pericolosità di gran lunga inferiore al coltello, in quanto la lama è concepita per spezzarsi nell’incontrare ostacoli». Anche se le cronache sono piene di rapine con taglierini finite molto male e lame che non si sono spezzate in tempo per evitare lesioni mortali alle vittime.
Pertanto, concludono i magistrati: «deve ritenersi che, nella specie, non ricorre il presupposto (…) che il ricorrente abbia corso un grave pericolo di vita per tutelare la sicurezza e l’incolumità pubblica».
L’unica concessione del Tar al poliziotto eroe è arrivata nella ripartizione delle spese del giudizio. Spese compensate, dunque: «tenuto conto (…) che il ricorrente nell’azione sopra descritta aveva dimostrato un grande coraggio ed una forte determinazione, non impugnando la pistola d’ordinanza, per evitare che il rapinatore prendesse in ostaggio gli impiegati e/o i clienti della banca oppure che il rapinatore avesse potuto cagionare lesioni a tali persone».
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