Il Tribunale di Matera
2 minuti per la letturaSCANZANO JONICO – Non è ancora chiaro, quale sia il ruolo criminale che la Distrettuale antimafia gli attribuisce; ma tra le accuse principali contestate all’imprenditore e messo comunale di Scanzano, Franco Carlomagno, c’è quella di essere vicino al clan capeggiato dall’ex carabiniere, oggi in carcere, Gerardo Schettino.
Questa, a quanto pare, sarebbe la prima contestazione, ribadita anche ieri durante l’udienza per la convalida del fermo, svoltasi nel tribunale di Matera davanti al Gip Angela Rosa Nettis. Carlomagno, 47enne imprenditore nel settore dei servizi e movimento terra, era assistito dai suoi legali, i noti penalisti Emilio Nicola Buccico e Donatello Cimadomo. Poco è trapelato sui contenuti dell’interrogatorio, ma pare che a Carlomagno vengano contestati alcuni particolari fatti, rispetto ai quali avrebbe garantito la massima collaborazione agli inquirenti, fornendo per circa due ore spiegazioni e rispondendo a tutte le domande del magistrato, che si è riservato di decidere nelle prossime ore sulla convalida del fermo come indiziato di delitto. Anche per questa ragione, le accuse a suo carico non sono ancora chiare ed integralmente formulate, trattandosi di un’imputazione precautelare, ma si tratterebbe di associazione di stampo mafioso. Di certo l’arresto di Carlomagno, così come quello dei presunti sodali Carlo Fattorini, che si trovava a Parma e Castolo Vincenzo Direnzo, detenuto nel carcere di Castrovillari (Cs), si inserisce nel filone delle indagini che hanno portato nell’ultimo anno a tre grosse operazioni di polizia, condotte dai carabinieri della Compagnia di Policoro, su input della Distrettuale antimafia.
Gli inquirenti ritengono di aver messo le mani su uno dei cinque clan ancora pienamente attivi nella fascia jonica metapontina, ovvero quello con base a Scanzano Jonico, che vedrebbe in Schettino il capo indiscusso. Non è chiaro quale sia il presunto ruolo di Carlomagno sugli affari che il clan ha curato negli ultimi dieci anni. Estorsioni, intimidazioni alle imprese concorrenti, richiesta di pizzo, ma anche traffico di droga ed altri affari, pilotati grazie a quella che si ritiene la connivenza di alcuni amministratori comunali.
Per questa ragione, nel 2019 il Municipio jonico fu commissariato in seguito allo scioglimento del consiglio comunale per presunte infiltrazioni mafiose. Il nome di Carlomagno, che dopo un passato da conducente dello scuolabus, oggi è incaricato come messo comunale, compare insistentemente anche nella relazione stilata dalla Commissione d’accesso, che ha documentato e motivato la decisione di sciogliere l’Amministrazione, guidata dal sindaco Raffaello Ripoli.
Carlomagno, come risulterebbe da alcune intercettazioni, appellava amichevolmente “cumpà”, il presunto capo clan Schettino. Si attende la decisione del Gip sulla eventuale convalida o revoca del fermo, così come si attende di sapere (al momento parrebbe non chiaro neppure ai legali difensori di Carlomagno), quale sia il capo d’accusa principale, verosimilmente riconducibile alla matrice mafiosa. Se così fosse, i sospetti degli inquirenti nei confronti dell’imprenditore 47enne, potrebbero essere piuttosto pesanti. Nulla è trapelato ancora sul presunto ruolo e le responsabilità degli altri due arrestati, ed anche su questo si attendono notizie ufficiali.
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