X
<
>

L’auto di Cifarelli distrutta dall’esplosivo

Share
6 minuti per la lettura

MATERA – C’è un intreccio di ricatti e favori non corrisposti dalla politica locale, ma anche minacce di morte ed intenzioni ben più pesanti, di quelle poi realizzate nei fatti. Sullo sfondo, le difficoltà economiche dell’impresa edile “Gecos Srl”, che secondo gli inquirenti avrebbero spinto l’imprenditore 50enne Sergio Coretti, a macchiarsi di crimini piuttosto gravi. Come quello di far saltare in aria la Range Rover del consigliere regionale Pd, Roberto Cifarelli (LEGGI LA NOTIZIA e GUARDA IL VIDEO), che Coretti avrebbe voluto far gambizzare, perchè “reo” di non aver voluto oliare gli ingranaggi della burocrazia, per favorire un suo investimento in via Montescaglioso. Un fatto ricollegabile, secondo gli inquirenti, a quello accaduto poco tempo prima, con le gomme tagliate alla Jeep del consigliere comunale Salvatore Adduce, nel parcheggio del centro commerciale “Il Circo” di via Sallustio.

Ma secondo l’accusa, come ricostruito nella richiesta del Giudice per le indagini preliminari Angelo Onorati, che ha disposto per Coretti la custodia cautelare in carcere, ci sarebbe stata anche l’intenzione di far gambizzare anche un noto imprenditore edile materano, che non avrebbe voluto concludere con lui un affare da 450mila euro, salvo poi denunciare alla Questura le minacce subìte. Un intreccio di fatti e circostanze, in cui compaiono anche i nomi del segretario cittadino del Pd, Cosimo Muscaridola, e dell’ex consigliere comunale Sergio Cappella, molto amico di Cifarelli, di cui Coretti si sarebbe voluto servire per abbattere le barriere amministrative sui cantieri del terreno di proprietà della coop “Vittoria”, in via Montescaglioso a Matera. Coretti è accusato di essere il mandante dell’attentato esplosivo a Cifarelli, con l’aggravante determinata dal ruolo politico ricoperto dall’uomo, dunque dal potenziale intimidatorio del gesto; poi ci sono le reiterate minacce di morte all’imprenditore, con l’aggravante di averle pronunciate nel suo luogo di lavoro, dove l’uomo ha anche la sua residenza.

I FATTI
Gli episodi contestati a Coretti, arrestato probabilmente per impedirgli di eseguire anche il secondo a carico dell’imprenditore, sono sostanzialmente due, che però si intrecciano. Il primo, culminato nella bomba carta all’auto di Cifarelli (a cui sarebbe ricollegabile quello precedente ad Adduce), parte dal rifiuto del consigliere regionale (e quindi anche di Adduce), di assecondare le sue pressanti richieste di intervento. Coretti è procugino di Cifarelli, e nella sua azienda lavora come capocantiere il fratello del consigliere regionale; probabilmente per queste ragioni, l’imprenditore si sarebbe sentito in diritto di pretendere i favori poi negati. Come quello di rimuovere il vincolo paesaggistico sul terreno di via Montescaglioso, dove Coretti voleva costruire. Un passo da fare con gli uffici della Regione, ecco perchè Coretti si era rivolto a Cifarelli. Ma c’era anche l’ostacolo del Regolamento urbanistico comunale; per questo Coretti aveva incontrato il consigliere comunale Adduce e il segretario Pd Muscaridola, che gli avevano rappresentato l’impossibilità di procedere. In quella circostanza, Coretti si sarebbe allontanato dai due, minacciando azioni legali per la presunta irregolarità dei vincoli prospettati. Quindi, l’imprenditore avrebbe maturato rancore anche nei confronti di Sergio Cappella, contro il quale aveva tentato di assoldare un sicario per una non ben definita “azione violenta”. Cappella, che gli aveva consigliato di rivolgersi a Cifarelli per il vincolo di via Montescaglioso, era ritenuto responsabile di non aver saputo oliare a dovere gli ingranaggi anche con l’imprenditore, che Coretti avrebbe voluto addirittura gambizzare, perchè reo di non aver accettato l’accordo per la lottizzazione di via Montescaglioso, con un esborso di 450mila euro. Tutti i protagonisti della vicenda, hanno poi collaborato con gli inquirenti, permettendo di ricostruire un ricco e dettagliato quadro indiziario, tale da giustificare la custodia cautelare in carcere di Coretti, evidentemente ritenuto di notevole pericolosità sociale.

GLI ESECUTORI
C’è un noto personaggio materano, secondo l’accusa avvicinato più volte da Coretti, per portare a termine le sue azioni criminose. Una figura evidentemente non ben “misurata” dall’imprenditore della Gecos, perchè non solo ha rifiutato più volte le sue richieste, sia nei confronti di Cifarelli che di Cappella e dell’imprenditore edile, ma lo ha poi puntualmente accusato, riferendo tutto agli inquirenti. L’uomo sarebbe stato avvicinato la prima volta il 2 marzo, un giorno prima dell’attentato all’auto di Cifarelli. Coretti gli chiese addirittura di gambizzare Cifarelli, ma l’uomo si rifiuta fermamente di farlo. Quindi l’imprenditore, evidentemente ben determinato nel suo intento, si sarebbe rivolto a gruppi criminali di Scanzano o Policoro, come riferito dallo stesso “sicario”, secondo il quale alla sua esplicita domanda, dopo l’esplosione dell’auto, Coretti avrebbe risposto “ni”. Quindi, il sicario sarebbe stato avvicinato una seconda volta l’11 marzo, come lui stesso racconta agli inquirenti, con la richiesta di gambizzare Cappella e l’imprenditore edile, quest’ultimo per non aver perfezionato con lui la compravendita di alcuni immobili a Policoro, nè aver accettato di finanziare al Gecos per l’investimento progettato a via Montescaglioso. Coretti avrebbe cercato in un primo momento anche la mediazione di Cifarelli, oltre che di Cappella, che quindi voleva punire. In questa occasione, al sicario sarebbe stato offerto addirittura un compenso di 5.000 euro, con la motivazione: “Per tutte le cose che succedono al Comune”. Ma anche questa volta, l’uomo si è rifiutato fermamente, salvo poi raccontare tutto agli inquirenti.

LE MINACCE
Coretti è accusato anche di aver ripetutamente minacciato l’imprenditore, che si rifiutava di fare affari con lui. Lo avrebbe fatto una prima volta nei locali della sua azienda, dicendogli che lui e sua moglie “non sarebbero arrivati all’estate”, se continuavano con questo rifiuto. Poi il 6 marzo, quindi tre giorni dopo l’attentato a Cifarelli, utilizzandolo come leva (“hai visto cosa sta succedendo in città?”), e mimando con le tre dita il gesto della pistola. Ma anche in quella occasione, l’uomo non ha aderito, rifiutando di sottomettersi a pressioni e minacce. E poi ci sarebbero i messaggi intimidatori, inviati alla moglie dell’imprenditore.

LA DIFESA
Il giudice ha ritenuto “pienamente attendibili” tutte le dichiarazioni rese dai testimoni, perchè concordanti su circostanze e movente nei confronti di Coretti “sprofondato in una pesante crisi di liquidità”. Tutto, sebbene nel caso dell’imprenditore e di Cappela, si trattasse di un’azione solo progettata, quindi non oggetto di capi d’imputazione. Coretti, in sede di interrogatorio di garanzia, ha proclamato la sua assoluta innocenza, riferendo di aver contattato il presunto sicario una sola volta per chiedergli di eseguire un lavoro edile, mentre le presunte minacce di azioni fisiche a Cappella ed all’imprenditore, sarebbero solo di volersi tutelare legalmente, per un presunto illecito guadagno dell’imprenditore nell’affare di Policoro. Da qui, secondo quanto dichiarato da Coretti, sarebbe nato anche un contenzioso legale, con minacce di denunciare lui e la moglie per usura. Quindi, nessuna intenzione di procedere con attentati intimidatori o aggressioni fisiche. Ragioni a cui il Gip non ha creduto, ritenendolo “pericoloso e privo di freni inibitori”, perchè “mosso da notevole risentimento”. È in carcere a Matera.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE