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Nello stabilimento e le aree dismesse della ex Materit (in attività dal 1973 al 1989) sono custoditi ancora 500-600 sacconi da mille chili di amianto ciascuno che aspettano di essere bonificati

MATERA – «In Basilicata c’è un disastro ambientale e sanitario di dimensioni enormi che da troppi anni viene trascurato e non affrontato come sarebbe urgente fare. Stiamo parlando della gravissima situazione provocata dalla ex Materit, una fabbrica che lavorava l’amianto, nonché dalla ex Liquichimica e dalla ex Enichem, tutte aziende che operavano nell’area industriale della Valbasento». Lo dichiara Piernicola Pedicini, eurodeputato del Movimento 5 Stelle. 

«E’ uno scandalo – prosegue – che deve essere chiarito in tutta la sua complessità e drammaticità almeno per quattro motivi: perché è necessario fare luce sulla morte di centinaia di persone che sarebbero decedute per malattie tumorali causate dall’inquinamento industriale; perché ci sono ritardi inauditi per la bonifica delle aree coinvolte; perché i rifiuti nocivi e pericolosi non sono stati rimossi e continuano a mettere a rischio la salute pubblica e l’ambiente; perché il protocollo di sorveglianza sanitaria per gli ex lavoratori e per i familiari è parziale e andrebbe incrementato. Si tratterà di capire come sia stato possibile che in oltre venti anni di palleggiamenti vari, le istituzioni pubbliche regionali e nazionali, gli organi di controllo e la magistratura, non abbiano affrontato l’emergenza in corso con la determinazione che occorre in vicende come queste». 

Tonnellate di fanghi e di manufatti d’amianto sotterrati nei 76mila metri quadrati di pertinenza dell’industria, varie tonnellate abbandonate all’aperto, e coperte solo da un telone, in un’area accanto alla statale 407 Basentana, ad un chilometro circa dall’uscita per Pisticci

Seconco Pedicini «è una delle pagine più brutte della Basilicata sulle quali non è possibile continuare a tergiversare. E’ l’esempio di come la politica e le istituzioni abbiano fallito miseramente. E questo, nonostante, nel corso degli anni, alcune meritevoli associazioni e organi di informazione abbiano tentato di tenere i riflettori accesi. La Regione Basilicata, più di tutti, deve dare conto dei ritardi e deve assumersi le responsabilità delle inefficienze e inadempienze. Noi, come parlamentari europei del M5s, nonostante abbiamo già presentato due interrogazioni sull’inquinamento del Basento e sulla radioattività nell’area della ex Liquichimica di Tito, presenteremo un’altra interrogazione alla Commissione Ue e avvieremo una serie di iniziative per fare in modo che le istituzioni competenti si attivino con maggiore celerità, che la magistratura verifichi se ci sono responsabilità civili e penali e che l’opinione pubblica venga informata in modo trasparente. Non è possibile apprendere che lo stabilimento e le aree dismesse della ex Materit, che è stata in attività dal 1973 al 1989, siano custodite alla meno peggio e che dentro ci siano ancora 500-600 sacconi da mille chili di amianto ciascuno che aspettano di essere bonificati. Oltre a questo ci sono tonnellate di fanghi e di manufatti d’amianto sotterrati nei 76mila metri quadrati di pertinenza dell’industria, varie tonnellate abbandonate all’aperto, e coperte solo da un telone, in un’area accanto alla statale 407 Basentana, ad un chilometro circa dall’uscita per Pisticci. Poi, secondo le testimonianze di alcuni ex lavoratori, ci sarebbero altri rifiuti nocivi disseminati un po’ in tutte le campagne di Ferrandina perché gli scarti di amianto sarebbero stati buttati anche in burroni e calanchi». 

Per l’europarlamengtare grillino si tratta di «una situazione terribile e vergognosa che ci porta a ritenere che si tratti di una Terra dei fuochi lucana. Un dramma ambientale e sanitario che colpisce chi frequenta quei territori e chi è costretto a respirare le fibre di amianto trasportate dal vento, perché, va a lavorare nelle aziende della Valbasento. E non è concepibile che solo nel 2013 siano partite le ordinanze di non utilizzo delle acque del Basento per l’abbeveraggio degli animali o per l’irrigazione, quando poi, dalle relazioni dell’Arpab già nel 2004 si documentavano situazioni raccapriccianti riferite al superamento delle soglie di legge di pericolosi inquinanti». 

Un altro tema «riguarda il riconoscimento delle malattie professionali e i protocolli sanitari che dovrebbero essere garantiti agli ex lavoratori, ma anche ai familiari e alle vedove che sono stati a contatto con le polveri di amianto a causa delle tutte di lavoro e della biancheria che venivano portate a casa. Un riconoscimento indispensabile se si considera che il picco di mortalità si dovrebbe avere nel 2020 e sappiamo bene l’importanza di una diagnosi precoce delle malattie oncologiche. In questo caso, va dato atto delle straordinarie battaglie portate avanti in questi anni dei volontari dell’Aiea (associazione italiana esposti amianto di Matera)». 

Infine, rispetto agli interventi di bonifica, «pur se sono stati stanziati 46 milioni di euro, per la Valbasento e per l’area della ex Liquichimica di Tito di cui ci occuperemo prossimamente, ad oggi non è stato fatto ancora niente di concreto, e siamo solo al punto che l’assessore regionale all’Ambiente della Basilicata Pietrantuono ha promesso che tra il 2018 e il 2020 tutti gli interventi dovrebbero essere completati. Una promessa di cui non ci fidiamo, visti i colpevoli ritardi avvenuti finora, pertanto vigileremo con grande attenzione. Per le stesse ragioni, ma anche per le inefficienze, reticenze e coperture del passato, non ci fidiamo dell’Arpab e neanche del ministero dell’Ambiente, che dovrebbe essere una sorta di cabina di regia di tutte le azioni. Davanti a questo quadro ci auguriamo, pertanto, che sia più celere l’azione giudiziaria della Procura di Matera». 

«Resta la nostra rabbia e il nostro disappunto – conclude Pedicini – per aver verificato come un disastro di tali dimensioni sia stato gestito con tanta superficialità dalle istituzioni pubbliche e come i cittadini e i lavoratori siano stati abbandonati a se stessi». 

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