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Non solo droga, a Policoro spunta la giustizia parallela del boss Mitidieri; nel mirino dell’Antimafia la «funzione paragiurisdizionale»
A POLICORO il clan capeggiato da Vincenzo Mitidieri non si sarebbe limitato a gestire una discreta piazza di spaccio. Ma avrebbe esercitato anche «una sorta di funzione “paragiurisdizionale” parallela», riuscendo a infiltrarsi «prepotentemente negli apparati economici del territorio».
E’ quanto emerge dagli atti dell’indagine per cui la scorsa settimana sono finiti in carcere in 14, e altre 10 sono state sottoposte a obblighi di dimora e di firma in caserma.
Alla base della ricostruzione del ruolo di “giustiziere” di Mitidieri c’è in particolare la vicenda di una donna che si è rivolta a lui a dicembre del 2018. Dopo la fine burrascosa del suo rapporto di lavoro con una ditta di costruzioni di Policoro. Una vicenda per cui gli inquirenti della Direzione distrettuale antimafia avevano chiesto l’arresto di entrambi, il presunto boss e la sua postulante, Maria Elisabetta Manco.
Solo che il gip, Ida Iura, ha derubricato l’accusa ipotizzata, quella di estorsione aggravata dal metodo mafioso, in esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Quindi ha ritenuto di non poter procedere in assenza di una querela della vittima, in base a quanto previsto dalla riforma Cartabia. Prima che l’attuale governo corresse ai ripari ripristinando la procedibilità di ufficio per reati aggravati dal metodo mafioso. Proprio in considerazione del fatto che l’intimidazione delle vittime è uno degli effetti principali della mafiosità di una condotta.
«A me non mi piacciono le persone che gridano… (…) che gridano vicino… alle persone che mi appartengono».
Queste le parole del presunto boss intercettate dalle microspie piazzate dagli investigatori delle squadre mobili di Potenza e Matera, della sezione investigativa del servizio centrale operativo (Sisco) del capoluogo, e del commissariato di polizia di Policoro. Parole rivolte al titolare dell’impresa dove lavorava Manco, che aveva provato ad anticipare Mitidieri, dicendosi dispiaciuto «se sono volate un po’ di parole grosse».
Di fronte al rimprovero del pluripregiudicato policorese l’imprenditore aveva anche provato a difendersi. Negando «di aver mancato di rispetto alla donna», e spiegando di avere anche dei testimoni che potevano confermarlo.
A questa affermazione, però, Mitidieri avrebbe replicato «che a lui i testimoni non piacevano». Quindi avrebbe aggiunto che l’unico modo per chiudere la questione sarebbe stato quello di pagare alla sua ex dipendente quanto dovuto. Richiesta subito accolta dall’imprenditore, che su 2mila euro dovuti gliene avrebbe riconosciuti 1.100, chiedendo in cambio una «liberatoria» per iscritto. Quindi avrebbe confermato la disponibilità al presunto boss per della «legna».
Duro il giudizio finale del gip, nel motivare le esigenza cautelari a carico di Mitidieri e dei suoi presunti sodali. «Non si può ignorare – si legge nell’ordinanza eseguita la scorsa settimana – che l’intera vicenda pone in luce le personalità connotate in senso fortemente deviante degli indagati predetti, molti dei quali non paiono aver tratto giovamento alcuno dalle pregresse esperienze giudiziarie sofferte, i quali tutti, inclusi i formalmente incensurati, hanno evidenziato, nella presente vicenda, una elevata intensità del dolo connotante le proprie condotte – ispirate da motivi ripugnanti -, mostrandosi incuranti persino dell’entità del danno psico-fisico arrecato alle vittime di alcuni dei reati accertati».
I destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa la scorsa settimana dal gip Ida Iura sono: Vincenzo Mitidieri, Maicol Mitidieri, Nico Mitidieri (classe 1983), Nicola Mitidieri (classe 1981), Rocco Mitidieri, Santina Mitidieri, Salvatrice Gallo, Vincenzo Celico, Giuseppe Chindamo, Mario Lorito, Vito Faggiano, Antonio Felicetti, Christian Lauria, Lukasz Marcin Wilk.
Sono stati sottoposti a obbligo di dimora nel comune di residenza, invece: Angelo Anelli; Eustachio Cristallo; Raffaele Di Cosola; Davide Cavotta; Abdul Mumin Bashiru; Ndricim Haxhillari; Damiano Manolio.
L’obbligo di firma in commissariato, invece, è stato disposto per Mattia Grazio Leone, Antonella Cristallo e Antonio Stasi.
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