Franco Carlomagno
3 minuti per la letturaMATERA – Resta detenuto nel carcere di Matera, Franco Carlomagno, il 47enne imprenditore e dipendente del Comune di Scanzano Jonico, arrestato giovedì mattina ed accusato dalla Dda di 416 bis, associazione per delinquere di stampo mafioso.
Ieri il Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Matera, Angela Rosa Nettis, non ha convalidato il fermo come indiziato di delitto, dichiarando subito la sua incompetenza rispetto al capo d’accusa ed emettendo una nuova misura di custodia cautelare in carcere, che entro i prossimi venti giorni dovrà essere convalidata, ma dal Gip distrettuale della Dda di Potenza.
I legali di Carlomagno, gli avvocati Emilio Nicola Buccico e Donatello Cimadomo, hanno preso atto della decisione e si riservano di presentare ricorso al tribunale della libertà. I legali hanno chiesto un controllo medico per Carlomagno, poiché le sue condizioni di salute non si concilierebbero con la detenzione in carcere. Il fermo non poteva essere convalidato, a quanto pare per l’insussistenza del pericolo di fuga che ne è alla base, ma l’accusa per Carlomagno resta grave. Il 47enne, infatti, insieme con gli altri due arrestati, lo scanzanese Carlo Fattorini detenuto a Parma e Castolo Vincenzo Direnzo, calabrese di Roseto Capo Spulico nel Cosentino, detenuto a Castrovillari, è accusato di importanti connivenze con il clan, guidato dall’ex carabiniere Gerardo Schettino.
In fase di interrogatorio, il Gip Nettis avrebbe contestato a Carlomagno tre o quattro episodi, che dimostrerebbero la sua vicinanza agli affari del clan; l’uomo ha, però, risposto a tutte le domande, adducendo le sue spiegazioni rispetto ai fatti contestati. Evidentemente, il passaggio con il Gip di Matera era solo un fatto procedurale di giurisdizione territoriale, ma il cuore dell’indagine condotta dai carabinieri della Compagnia di Policoro, passa attraverso la Distrettuale antimafia, che ora riprenderà in mano il caso con contestazioni puntuali a tutti e tre gli arrestati.
L’arresto di Carlomagno ha fatto molto discutere la comunità di Scanzano Jonico, dove l’uomo è molto noto per la sua attività di imprenditore nel settore dei servizi e del movimento terra, ma anche perché messo comunale. In passato aveva svolto persino l’incarico di autista dello scuolabus cittadino.
Il suo nome, però, ricorre con insistenza tra le carte delle ultime indagini volte a sgominare il clan Schettino, oggi praticamente decapitato con il presunto boss in carcere.
Con l’ex carabiniere, infatti, si chiamavano affettuosamente “cumpà”, un segnale chiaro secondo gli inquirenti di vicinanza ed affinità. Il clan Schettino, che ha imperversato nella fascia jonica almeno per una ventina d’anni, negli ultimi tempi era dedito alle estorsioni ed al traffico di droga. Si ritiene che Schettino fosse legato in modo abbastanza solido con i clan pugliesi e calabresi, ma anche con un’altra importante cellula sgominata a settembre 2020, attiva nello spaccio e territorialmente collocabile nella Montagna materana, con base operativa nel comune di Stigliano. Nel Metapontino, ad oggi, si ritiene siano attivi ancora altri quattro clan tra Scanzano Jonico e Policoro; tutti con forti legami con la malavita pugliese e quella della Calabria jonica.
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