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Gli scavi nei pressi del lago di San Giuliano a Matera

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MATERA – Un anno fa l’apertura delle casse e l’avvio dell’opera di restauro della Balena Giuliana proprio quando le speranze di poter provvedere ad un recupero dei resti, per alcuni irrimediabilmente danneggiati, si andava perdendo. L’Amministrazione comunale, la soprintendenza e il Museo Ridola congiuntamente definivano un percorso di recupero, restauro ma che proiettasse anche più avanti verso la complicata e migliore fruizione del bene.

Oggi a distanza di un anno il lavoro continua: “dopo la riapertura delle casse voluta fortemente da questa amministrazione” spiega il primo cittadino di Matera Domenico Bennardi, “posso confermare che è attualmente in corso il lavoro di restauro presso i laboratori all’interno del museo Ridola con cui ci stiamo confrontando costantemente anche sui passaggi che riguardano la valorizzazione e la fruizione. Credo che i lavori di restauro di ciò che rimane del fossile di Giuliana potranno di fatto terminare entro l’autunno o al massimo per il prossimo inverno e a quel punto si potrà lavorare su un ulteriore attrattore turistico e naturalistico della città”.

Entro un anno al massimo dunque il restauro potrebbe essere completato. Il mantenimento dei resti nelle casse ha prodotto evidentemente alcuni danni che posso essere considerati importanti ma che evidentemente solo al termine del lavoro stesso potranno essere meglio definiti e si riuscirà a capire quali sono le condizioni complessive del fossile e quale sarà dunque l’ambito di fruizione e valorizzazione entro cui si potrà lavorare.

Bisogna ricordare che la cosiddetta “Balena Giuliana” è una balenottera del Pleistocene, che visse circa un milione di anni fa. Si tratta del più grande fossile di balena mai descritto e, forse, della più grande balena che abbia mai solcato le acque del Mar Mediterraneo: 26 metri per un peso tra 130 e 150 tonnellate, contro le circa 100 tonnellate del più grande dei dinosauri.

La balena fu ritrovata per caso sulla riva del lago di San Giuliano nel 2006 da un agricoltore. È stata oggetto di un lungo e complesso intervento di recupero, ostacolato dall’innalzamento del livello delle acque nel bacino artificiale.

L’ultimo frammento del fossile è stato recuperato nel 2013; da allora i resti sono stati collocati in casse che sono rimaste ferme ed inutilizzate molto a lungo lasciando una certa preoccupazione circa le condizioni dei resti stessi e il rischio di naturale deterioramento dovuto al tempo e alle condizioni di conservazione che evidentemente non permettevano di mantenere pienamente integro il contenuto delle casse.

Il 29 marzo 2021 il lavoro di recupero del fossile è iniziato. Il Comune di Matera ha messo a disposizione 200mila euro per la promozione e valorizzazione dei reperti e quel percorso diventa oggi quello più importante su cui concentrarsi visto che l’opera di recupero del cetaceo stesso prosegue.

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