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MATERA – Chi è in carcere deve scontare una pena per un delitto compiuto. E su questo non ci piove. Ma la nostra Costituzione prevede che «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Il carcere, per dirla con altre parole, deve essere rieducativo, non punitivo.
Ma da quando la pandemia è entrata nelle nostre vite, per i detenuti il carcere è diventato oltremodo punitivo, perché sta togliendo anche quel minimo di rapporto con i familiari necessario a garantire l’umanità della pena.
A segnalare le difficoltà di questi mesi è l’avvocato materano Nuccio Labriola, che sottolinea come questa situazione accomuni in questo momento tutti i detenuti. Ed è motivo di grande sofferenza.
«I colloqui con le famiglie – spiega Labriola – si tengono nelle sale colloquio. Non c’è il detenuto da solo con il suo familiare, nella stessa sala ci sono diverse persone. Ed era così anche in passato certo, ma da quando c’è il Covid e, come è ovvio che sia, anche le carceri si sono dovute fornire di misure di protezione, riuscire a scambiare due parole è diventato un’impresa. Ci sono gli schermi in plexiglass, le mascherine. E poiché ci sono più persone, non si può alzare eccessivamente la voce. I colloqui con le famiglie, quindi, sono diventati momenti di grande sofferenza, è impossibile riuscire a dirsi due parole».
«Difronte ai grandi temi della giustizia mai risolti nell’interesse del popolo italiano – precisa Labriola – la circostanza da me denunciata può apparire di modesto rilievo per chi non conosce la vita carceraria. Ma in una tale condizione avere per qualche minuto la possibilità di colloquiare con un proprio familiare costituisce l’unico momento anche per chi ha commesso dei reati di tenere un minimo contatto con la vita esterna necessario per un concreto ravvedimento per non commettere più errori».
Anche perché questa situazione si viene a creare solo con la famiglia, con chi può dare conforto.
«Noi avvocati – dice Labriola – pure incontriamo i nostri clienti in stanze con lo schermo e abbiamo le mascherine. Ma i nostri colloqui avvengono senza altre persone attorno, quindi nel silenzio». E a maggior ragione il non poter parlare con un familiare, fosse anche per pochi minuti, ma con un po’ di serenità, sembra in questo momento un supplemento di pena.
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