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Difficile comprendere se c’è più emozione per l’apertura delle casse che contengono i resti fossili della balena “Giuliana” o per il progetto che la renderà visibile agli occhi del mondo nei prossimi anni. Le 19 casse che contengono i preziosi reperti verranno aperte da una impresa specializzata. «Abbiamo avviato una procedura pubblica per individuare l’operatore che svolgerà questa attività- spiega la direttrice del Museo Ridola, dove si trova il materiale che sarà restaurato e esposto nella stessa sede dopo fasi alle quali contribuiranno tutti i componenti del gruppo di lavoro composto dalla direttrice del museo Ridola, Anna Maria Mauro, dall’architetto Canestrini, dirigente della Sabap (Soprintendenza Archeologia belle arti e paesaggio), dal sindaco Bennardi, dall’architetto Sobrà dell’Icr di Matera e dal prof. Giovanni Bianucci dell’Università di Pisa per l’aspetto paleontologico. Lo stato dell’arte è molto chiaro nelle parole della direttrice Mauro: «Abbiamo svolto già molti incontri preliminari per comprender innanzitutto come aprire le 19 casse che si trovano nel museo Ridola.

Obiettivo è quello di avere un cronoprogramma condiviso che individui attività e costi». L’apertura delle casse, il cui avvio potrebbe già avvenire entro aprile, è solo la prima fase di un percorso molto lungo che comprende anche la valutazione dello stato dei reperti, il loro restauro, il consolidamento e la valorizzazione. «La collocazione della balena – spiega ancora l’architetto Mauro – dovrà tenere conto innanzitutto del restauro e dopo alcuni sopralluoghi abbiamo individuato due ambienti: la sala degli eventi e quella che si trova nella palazzina Fio. E’ necessario che si tratti di reperti compatibili con gli ambienti, le superfici e le condizioni climatiche. Come accade per ogni reperto, si passa da temperature diverse e in questo caso da un habitat diverso come quello che si crea all’interno delle casse che potrebbe provocare uno stress».

Il Museo Ridola ha già avviato un monitoraggio climatico in entrambi i locali individuati. «Le casse verranno aperte solo quando queste condizioni saranno ben chiare – spiega ancora la direttrice del Museo Ridola –
Una parte dell’orecchio del più grande cetaceo del pleistocene, lunga 26 metri e pesante presumibilmente almeno 150 tonnellate era trovata nel 2006 sulle rive della diga di San Giuliano e da quel primo passo ne seguirono altri che ricostruirono dimensioni e caratteristiche di questo esemplare preistorico che entrerà a far parte di uno dei momenti più importanti dela cittàdei prossimi anni, consentendo di comprendere ulteriormente la sua storia millenaria.

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