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Carmen Lopatriello assieme al nonno Carlantonio Lopatriello

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POTENZA – Per il perito della Corte d’assise, Carmen Lopatriello sarebbe stata capace di intendere e di volere prima, durante e dopo il terribile omicidio del nonno Carlantonio. Ma la sua difesa insiste su una forma acuta di «ansia» che potrebbe averne condizionato i comportamenti. Per questo ha depositato anche le dichiarazioni di alcuni dei suoi familiari.

Si è chiusa così, con un rinvio al 9 novembre per la decisione sulla capacità di stare a giudizio della 27enne di Pisticci, l’udienza di ieri mattina davanti alla Corte d’assise di Potenza.

Sul banco dei testimoni è salito per primo il perito incaricato ad aprile dai magistrati per vagliare un’eventuale infermità mentale dell’imputata, detenuta nel carcere di Lecce da luglio dell’anno scorso.

Il primario del Servizio psichiatrico di diagnosi e cura dell’ospedale di Villa d’Agri, Andrea Barra, ha quindi escluso di aver ravvisato elementi a sostegno di un’infermità della 27enne. Sia dal colloquio avuto con lei che da una serie di test che le sono stati somministrati.

Dello stesso avviso anche Francesco Scafati, il consulente nominato dai familiari di lei, e della vittima, che si sono costituiti come parte civile attraverso gli avvocati Andrea Raffaele Arleo, Roberto Cataldo, e Giovanni Quinto.
Mentre Michele Bruno, che è il consulente incaricato dall’avvocato che difende Lopatriello, Maria Delfino, ha depositato un elaborato per provare ad ampliare la conoscenza dell’imputata, che in vita sua non avrebbe mai avuto problemi psichiatrici, a chi era e come si comportava prima della tragedia. Una specie di indagine comportamentale difensiva, su cui i legali di parte civile si sono riservati di esprimersi, alla prossima udienza, dopo aver esaminato l’elaborato di Bruno.

Ieri mattina era assente, invece, il consulente del pm Annunziata Cazzetta, il professor Roberto Catanesi. Ma le sue conclusioni dovrebbero essere messe subito a disposizione della parti. Sempre con l’obiettivo di definire la questione sull’eventuale infermità mentale dell’imputata entro la prossima udienza. In caso di riconoscimento dell’incapacità di intendere e di volere, infatti, la Corte non potrebbe fare altro che lasciar cadere le accuse e affidare Lopatriello a un percorso terapeutico. Se invece il vizio riscontrato dovesse essere solo parziale, o inesistente, allora il processo potrebbe proseguire, e la 27enne potrebbe aspirare, tutt’al più, a uno sconto di pena.

L’omicidio dell’anziano Carlantonio Lopatriello era stato scoperto la sera del 7 gennaio del 2020, quando proprio la nipote lanciò l’allarme. Ma all’arrivo dei soccorritori nella sua casa di via San Giovanni Bosco, nella periferia di Marconia, l’anziano era già a terra in camera da letto, esanime, su una pozza di sangue.

Nei giorni successivi sarebbero stati una serie di indizi raccolti dagli investigatori a concentrare i sospetti sulla nipote. A partire da alcune evidenti contraddizioni nella sua versione dei fatti e dalle immagini riprese delle telecamere installate di fronte all’abitazione.

Determinanti, però, sono stati gli accertamenti della polizia scientifica, da cui è emerso che «sugli indumenti indossati» dalla 27enne, «nelle ore immediatamente successive al fatto», c’erano diverse macchie di sangue. «Su una sua felpa di colore verde, oltre che nel manico del bastone utilizzato per compiere il delitto», poi, sono emerse tracce di Dna misto del nonno e della nipote.

Quanto al movente del delitto, il pm Cazzetta ha ipotizzato fin da subito «una lite, improvvisa ed imprevista, originata da motivazioni economiche». Eppure la difesa ha contestato con forza questa ricostruzione, perlando di una tesi illogica dal momento che il nonno aveva già disposto dei suoi beni in favore della nipote, e non ci sarebbero state avvisaglie della volontà di tornare indietro. A marzo la Corte di cassazione aveva confermato le esigenze cautelari a carico della 27enne, definita una «persona pericolosissima con propensione al crimine». Dato l’«astio nutrito nei confronti di zii e dei cugini», in particolare, la Corte aveva evidenziato il rischio che rivolgesse i suoi istinti violenti contro di loro.

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