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MATERA – È rimasto senza alcuna risposta, da parte della Regione Basilicata, l’appello di decine di famiglie di Tursi, per scongiurare le dimissioni degli anziani non autosufficienti, ospiti della Rass1 “San Giuseppe”, se dal 1 ottobre non si pagheranno le rette, adeguate fino a circa 3.000 euro al mese. Le famiglie disperate, hanno chiesto alla Regione di intervenire con un contributo, per concorrere alla spesa inaffrontabile.
Dall’altra parte ci sono i gestori delle Rass1, che segnalano l’aumento vertiginoso delle spese per la sanificazione dei locali ed altre criticità economiche, che renderebbero insostenibile i costi della struttura, stante le rette pagate finora, che ammontano a circa 40 euro al giorno.
Così, come ci ha confermato Vincenzo Clemente, gestore della San Giuseppe, dalla prossima settimana, entro il 1 settembre, partiranno i preavvisi di licenziamento per il personale, poiché anche i costi dei dipendenti sarebbero insostenibili. Quindi, in assenza di una risposta della Regione, si profila una doppia emergenza sociale: quella dei 4.000 anziani lucani non autosufficienti (in 82 Rass1), che dal 1 ottobre dovranno essere presi in carico dalle famiglie, nella maggior parte dei casi non organizzate per poterli assistere nelle proprie abitazioni; e quella dei circa 2.000 dipendenti delle Rass1 regionali, che con le loro famiglie resterebbero senza reddito.
Dalle prime indiscrezioni di ambiente regionale, pare che gli eventuali aiuti alle Rass1 non siano stati proprio contemplati nel bilancio di prossima approvazione; un segnale chiaro del sostanziale disimpegno di via Anzio. Un atteggiamento motivato, a quanto pare, dalla tipologia di gestione delle Rass1, a carattere prettamente privato, e come tale potenzialmente destinatarie di sovvenzioni, a condizione che si accertino determinati prerequisiti di accreditamento.
Un tema caldo, quest’ultimo, stante la sostanziale assenza di un Regolamento per l’eventuale accreditamento, requisito subentrato con una modifica alla legge di riferimento, che risale a dicembre 2020.
Tra le famiglie c’è tanta preoccupazione, perché chi ha un proprio caro ricoverato e non può pagare la mega retta di quasi 100 euro al giorno, sarà costretto a portarlo a casa tra mille difficoltà.
Poi ci sono anche anziani che non hanno più familiari, e che saranno affidati ai servizi sociali dei Comuni di residenza, i quali poi dovranno collocarli in strutture fuori regione, per evitare di doversi a loro volta sobbarcare i costi della Basilicata.
Una polveriera, insomma, di cui si fa portavoce Anna Maria Salerno, tursitana nella duplice veste di operatrice alla San Giuseppe e figlia di un’anziana 85enne ricoverata in quel presidio. Oggi Salerno, come tutti gli altri, si dice pronta a tutto, anche a una plateale protesta di piazza: «È una situazione insostenibile. -ci ha spiegato Salerno- Questi anziani sono quasi tutti in sedia a rotelle, quindi è impossibile per tanti di noi portarli ed assisterli in casa.
Banalmente, la sedia non passa dalle porte, molte case hanno tanti scalini ed i bagni non sono adeguati; lo dico da persona esperta: l’assistenza domiciliare delle famiglie, seppure ipotizzabile, non sarebbe praticamente possibile.
Mia madre ha 85 anni ed è immobilizzata da 3, io vivo nel centro storico di Tursi, tra viottoli e salite, come potrei fare? È un problema serio per tutta la regione. -conclude- L’assessore Leone, il presidente Bardi e il ministro Speranza devono aiutarci, ne vanno dimezzo migliaia di famiglie di anziani e di dipendenti che potrebbero perdere il lavoro».
«Sarò costretto ad inviare i preavvisi di licenziamento -ci ha confermato Clemente- perché in queste condizioni non è più possibile lavorare, se non si adeguano le rette raddoppiandole. Abbiamo chiesto di essere auditi in IV Commissione regionale -ci ha detto ancora Clemente- ma ci è stato negato, perché ci è stato detto che conoscono bene il problema e possono solo attendere eventuali decisioni del dipartimento Politiche della persona. Decisioni che, però, non arrivano; come pure non arriva una richiesta di incontro per confrontarci sul da fare».
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