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“BERNALDABELLA”, la Basilicata, l’orgoglio delle origini. E’ di questo che Francis Ford Coppola parla, a tratti senza riuscire a nascondere un pizzico di emozione, nell’intervista con Fabio Fazio a “Che tempo che fa”, su Rai 3. Solo un assaggio di quello che sarà l’appuntamento di oggi, alle 19.30, al Teatro dal Verme di Milano, “Ritrovare le radici per incontrare il futuro: la mia Basilicata”, nel corso del quale il regista parlerà delle sue radici, della famiglia e dell’amore per la Basilicata. Il cinema, l’arte che gli ha regalato fama e successo, mai come in questa occasione, sembra essere marginale, rispetto al racconto del ritorno alla terra degli avi, più di 75 anni dopo la partenza dei nonni da Bernalda verso il sogno americano. E sfogliando l’album dei ricordi il regista non può fare a meno di associare alla terra lucana i suoi sapori, che hanno consentito alla sua famiglia di sentirsi a casa pur con un oceano di mezzo. «I “lampascioni” – racconta- si mangiavano anche a New York. La cosa straordinaria è che i miei non parlavano mai delle difficoltà del sud o della povertà, hanno sempre parlato della loro terra con amore e quindi hanno insegnato anche a noi figli ad amarla. Tornare a “Bernaldabella”, dopo tanti anni è stato un fatto quasi naturale».
E per un figlio di migranti è altrettanto naturale mostrare attenzione ai migranti di oggi. Intenso il racconto che il maestro fa del suo incontro con i 130 ospiti del Cara di Matera. «E’ stata un’esperienza forte- dice mister Coppola- Ho appreso dalla televisione delle storie di questi disperati, ho saputo che alcuni di loro erano a Matera e ho chiesto di poterli salutare e congratularmi con loro per il coraggio. Mi ha sorpreso che, quando gli ho chiesto in che modo avrei potuto aiutarli, mi abbiano risposto gli bastasse solo una scheda telefonica da 10 euro per chiamare a casa. Quando gliele ho consegnate mi sono fatto promettere da ognuno di loro di dire alle loro famiglie “non mollerò mai”». Poi, inevitabilmente si torna a parlare di Bernalda e di Palazzo Margherita, la dimora storica diventata il buen retiro lucano di Coppola. «E’ un palazzo meraviglioso- dice, con orgoglio il regista, l’unico di tutta la Basilicata che ha un giardino originale interno. E poi se andate a Bernaldabella, a palazzo si possono vedere tutti i capolavori del cinema italiano e i film di Scorsese: il suo viaggio in italia è una spiegazione mirabile del cinema italiano».
Con un po’ di rammarico, Francis Ford Coppola, osserva che dopo Rossellini che è stato un grande maestro, c’è stato un momento di povertà che ha determinato un vuoto nel cinema di casa nostra. E con ancora più amarezza rileva di come oggi il cinema sia sempre meno arte e più intrattenimento. «I grandi film – dice- sono fatti solo per far soldi. Nessuno ha voglia di investire sul cinema indipendente di tanti giovani talenti. Oggi arrivare al cinema, come ho fatto io, è diventato molto più difficile e questo mi intristisce molto. Il cinema è un privilegio quando lo fai».
Il film sulla saga della sua famiglia italiana? Un’idea tutt’altro che accantonata. «Il film l’ho scritto- conferma il regista- ma voglio farlo in maniera nuova, con inquadrature precise e attori che recitano dal vivo: sarebbe divertentissimo».
Invece è a Cuba che ha fatto l’ultima scorpacciata di buon cinema. «Ci sono stato di recente, ho cucinato per 600 persone e messo a disposizione 37 casse di vino. Ho visto tutti i loro film realizzati da studenti e ognuno mi ha regalato un punto di vista diverso del mondo. Lì trovo la bellezza».
E se si parla di vini (meglio i tuoi vini californiani o l’Aglianico della Basilicata, la domanda di Fazio), viene fuori il cuore più autentico di Francis Ford Coppola. «Da ragazzo- racconta- mamma mi diceva: tu sei fortunato perchè sei americano, il paese più grande del mondo, ricco di benessere e opportunità; mio padre, invece, mi ricordava che ero ancora più fortunato perchè italiano, il paese di Dante, della poesia, della bellezza. Io sono felice perchè sono entrambe le cose».

m.agata@luedi.it

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