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POTENZA – Cosa significa turismo? Tutto ruota attorno alla definizione che noi diamo a questa parola. Il turista è solo colui che si muove con la valigia per andare al mare? O è colui che si muove girando per musei? Seguendo questo ragionamento, quali città possono definirsi turistiche? E Potenza, il capoluogo di questa piccola regione chiamata Basilicata, si può definire “città turistica”?
C’è, secondo il direttore dell’Apt Basilicata, Gianpiero Perri, un equivoco di fondo. Perchè a dirci quanti turisti sono entrati in città sono indicatori come quante persone hanno dormito nelle strutture ricettive; quante hanno mangiato nei ristoranti. «E se hanno dormito qui a Potenza perchè devono sottoporsi a una visita in ospedale o perchè devono iscrivere il figlio all’Università noi certo non possiamo saperlo. Per questo dobbiamo guardare al turismo diversamente: il turista è colui che si muove per un motivo. E il motivo può essere culturale, ma anche economico, sanitario. Il punto è l’attrattività della città».
Ed è da questo che certamente bisogna partire: quanto il capoluogo è attrattivo? Perchè capire questo concetto significa comprendere come non serva a una città possedere il monumento più bello del mondo. L’attrattività è un’altra cosa.

«E un capoluogo – spiega Perri – è di per sè attrattivo. Potenza, tanto per fare un esempio, è il principale snodo viario e ferroviario per raggiungere poi i vari centri lucani. Un punto di passaggio imprescindibile». Ma non c’è solo questo: c’è l’ospedale, per esempio. Così, negli anni Novanta, quando la Cardiochirurgia al San Carlo era un’eccellezza, il turismo era sanitario. C’era sì il paziente in ospedale, ma poi c’era anche una famiglia che lo raggiungeva per salutarlo. E quindi questo significava prenotare un albergo o mangiare in un ristorante. Stesso discorso si può fare per il Tribunale, il principale della regione. E non è probabilmente un caso che i numeri più alti in termini di pernottamenti e arrivi riguardino il 2005, quando in città c’era Henry John Woodcock e le sue inchieste fecero improvvisamente diventare famosa la città.

«E’ il dato più alto in assoluto – spiega Perri – uno di quelli da ricordare, perchè gli anni successivi sono stati di grave crisi per la città. Nel 2005 sono state registrate, infatti, 42.193 persone, per un totale di 81.731 pernottamenti. Nel 2012 il dato più basso, con 53.000 pernottamenti».
Essere attrattivi in questo senso significa cambiare anche il modo di immaginare le politiche di servizio per la città. Perchè, tanto per dirne una, se il capoluogo è il principale snodo logistico della regione, agli amministratori tocca far trovare una città impeccabile dal punto di vista estetico davanti alla stazione, per esempio.
«Chiariamoci – dice Perri – tutte le città capoluogo hanno una funzione turistica legata al patrimonio monumentale e culturale. E Potenza non è da meno. Il patrimonio culturale del capoluogo è assolutamente degno di essere scoperto. E va detto che in questi anni ho potuto notare come spesso chi viene dall’esterno apprezzi Potenza molto più dei suoi cittadini. Ma anche questo è normale, noi ricordiamo la città com’era 15/20 anni fa. E l’insoddisfazione nasce facendo il paragone».

«Detto questo dobbiamo fare delle considerazioni in base ai numeri. E i numeri ci dicono che effettivamente i turisti in città sono diminuiti dal 2007 in poi. Il dato è leggermente migliorato negli ultimi due anni, ma comunque restiamo sotto i 60.000 pernottamenti. Ora, c’è chi accusa l’Agenzia turistica di mancata promozione del capoluogo. E sarebbe anche questa la causa del mancato inserimento della città nella guida turistica del Corriere della Sera. Non è così. Tanto per dire due cose: abbiamo stampato e fatto circolare migliaia di copie di una guida proprio sul capoluogo (E’ Potenza); stiamo per presentare un portale, nato grazie alla collaborazione con il sindaco De Luca, in cui si offre a tutti i viaggiatori una guida precisa su cosa fare a Potenza, dove andare a mangiare, dove andare in palestra. Ed è quello il ruolo dell’Agenzia: promuovere, in accordo con le diverse amministrazioni comunali, le iniziative proposte. Noi sosteniamo, ma non spetta a me, per capirci, programmare una politica turistica».

Ed è questo il nodo: capire su cosa Potenza vuole puntare. «Perchè Potenza potrebbe scegliere – continua Perri – di puntare magari sull’impiantistica sportiva. Anche quella è una forma di turismo. Come potrebbe invece scegliere di creare un prestigioso polo musicale, puntando a far crescere il Conservatorio. Anche quello è turismo. L’impressione che io ho, analizzando i dati, è che la grande depressione che ha impoverito la città abbia poi inciso notevolmente sul numero di turisti. Per chiarirci meglio: tutte le funzioni economiche che attraevano persone non sono più attrattive. Ed è un danno generalizzato a tutta la provincia. Perchè alla crisi di Potenza corrisponde un’impoverimento generale di tutta la provincia; così come i dati positivi di Matera hanno portato a una crescita di tutti i comuni del Materano. E’ sempre così, i capoluoghi sono portanti. E Potenza – rimarca Perri – è la vetrina di tutta la Basilicata. Per questo penso che tutti i lucani dovrebbero sostenere con forza la rinascita di Potenza. Perchè da quella dipende quella di tutta la regione».

Perchè se un turista arriva a Potenza – che è il capoluogo di questa regione – e vede il marciapiedi rotto o il verde non curato, la spazzatura e il degrado, i servizi non funzionanti (e l’elenco potrebbe continuare), finirà per pensare: “Se questo è il capoluogo, figuriamoci cos’è il resto”. Una vetrina. Che deve tornare «ad esercitare quelle che erano le eccellenze. C’è a Potenza un Istituto Alberghiero che potrebbe contribuire a una crescita qualitativa della ristorazione. Ma si deve aprire anche un rapporto diverso tra la politica e l’imprenditoria privata. Perchè se c’è – come tanti esempi nella provincia di Potenza mostrano – una decisa capacità imprenditoriale, quell’attività funziona indipendentemente dalle politiche pubbliche». Gli ultimi due anni raccontano di un turismo che viene dall’estero. E ora chiedersi su cosa vogliamo puntare nei prossimi anni diventa cruciale. Se non vogliamo continuare a perdere quello che di eccellente c’era (e c’è) in questa città.

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