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E’ un impegno «solenne» quello che assumono i tre governatori di Basilicata, Calabria e Puglia – Pittella, Oliverio ed Emiliano – sul palco del lungomare di Policoro: portare a casa il risultato, che è difendere il mare dalle trivelle. Ma la platea è cospicua. Fatta soprattutto di rappresentanti istituzionali: sindaci, consiglieri regionali, presidenti delle due Province, esponenti di sindacati e di partiti, associazioni datoriali.
In tutto circa cinquecento. I veri assenti sono loro: i cittadini. Le spiagge sono quasi piene, il lungomare no. Un risultato, comunque, c’è: tre regioni, per di più del Sud, con le massime cariche istituzionali scese in campo, sono unite nella lotta. I governatori ne sono consapevoli e infatti parlano di «successo istituzionale».
Rimane, però, che quella di ieri, nata per iniziativa del sindaco Leone, non è stata la rivolta di popolo in cui molti avevano creduto. Proprio nel giorno in cui il Governo, per voce del ministro Guidi, conferma la volontà di andare avanti sulle attività di ricerca, finalizzate alle estrazioni in mare.
Oltre agli assenti, ci sono i contestatori, una cinquantina, non in gran numero, neanche loro. In compenso, sono agguerriti. Hanno accolto a suon di fischi il presidente lucano già al suo arrivo. Si sono presentati come liberi cittadini, ma molti ammettano di essere di movimenti e partiti che avevano annunciato di non prendere parte alla manifestazione. Guidano il corteo. Con le spalle rivolte in senso opposto rispetto alla direzione della marcia, per gridare in faccia a chi li segue “Venduti, venduti”. E quando Pittella prende la parola sul palco, gridano più forte, quasi non gli consentono di parlare. «Quattro buffoni» li definirà dopo poco il presidente Emiliano. Che però spingono il presidente Pittella a cambiare le priorità del suo intervento. E il primo messaggio è rivolto proprio a loro: «Mando a dire a Salvini che era a lui a volere le scorie a Scanzano. Non vi temo. Io vi sfido e vi batto». Si scalda anche lui, sotto il sole cocente di Policoro. Quello ingaggiato è quasi un corpo a corpo, una prova di forza: «Se pensate di poter mettere in ginocchio la democrazia con i vostri dissensi strumentali – dice, avanzando sul palco, con voce sostenuta – vi dimostrerò che siamo una regione che riesce ad affermarsi attraverso i valori della democrazia, che pensa al futuro, che sa confrontarsi con il Governo, e che ha il suo peso. Tale da consentirci di poter raggiungere il traguardo che vogliamo: tenere lontane le estrazioni dallo Jonio». E di democrazia parla anche il governatore pugliese, che un attimo dopo ribadirà dal palco: «Noi non siamo fascisti, siamo democratici». In platea di vede la reazione infuriata del consigliere lucano di FdI, Gianni Rosa, presente alla manifestazione, insieme al suo partito, contro le trivelle, ma anche per contestare Pittella. Solo un’anticipazione di quello che si vedrà quando, in chiusura, Emiliano lascerà il palco cantando “Bella Ciao”.
«Facciamo parte di quelle organizzazioni politiche – aveva detto prima il governatore pugliese – che usano la ragione, non la pancia. Ed è con la ragione – e qui l’applauso del palco si è fatto sentire forte – che vi travolgeremo». Appelli a rimanere uniti arrivano dal presidente calabrese, Oliverio e dal presidente del Consiglio pugliese, Introna. La battaglia non è contro qualcuno, ma contro qualcosa.
Operativamente, la strategia consiste nell’immediata apertura di un tavolo congiunto a Roma. E’ l’impegno assunto dalla Regione Basilicata, che si fa promotrice dell’iniziativa. Nel frattempo, Pittella ne esplora anche un’altra. La notizia si è appresa solo dopo i comizi, proprio perché le contestazioni hanno portato la discussione altrove. Ma è una proposta che la Basilicata porterà nel prossimo incontro che si terrà il prossimo 24 luglio a Termoli, con l’aggiunta di altre due regioni. Consiste in una proposta di legge di cui dovrebbero farsi promotori i Consigli regionali, per modificare l’articolo 4 della legge 9 del ‘91. E fare in modo così che anche il Golfo di Taranto sia inserito tra le aree marine che non possono essere interessate da estrazioni.
La via che si segue prioritariamente è quella della mediazione politica, per far cambiare idea al Governo. Che fino a ora, però, non sembra intenzionato a retrocedere. Anzi. Le risposte del ministro Guidi all’interrogazione di Latronico, è servita a capire che il Governo si muove in direzione opposta.
«Se così non riusciremo a ottonere quello che chiediamo – aveva detto, prendendo la parola (anche lui tra le sonore contestazioni), il lavori il primo cittadino di Scanzano, Rocco Leone – i nostri parlamentari dovranno fare in modo di staccare la spina a un Governo che non vuol sentire le nostre ragioni». Se le vie diplomatiche saranno un fallimento, si procederà con altri strumenti. Quali? Calabria e Puglia hanno le idee chiare. «Ci opponiamo con forza a tutte le estrazioni, in terra e in mare», dice con forza il governatore Oliverio. «Abbiamo impugnato sei articoli dello Sblocca Italia», aggiunge il collega della Puglia, Emiliano. E su questo campo le distanze con la Basilicata ci sono. Qualche mese fa ha scelto di non opporsi al cosiddetto decreto “Sblocca trivelle”. Cosa accadrà nel prossimo futuro? Le istituzioni lucane saranno chiamate a una nuova difficile scelta. Almeno se si vuol rimanere sul carro delle tre regioni che fino a ora hanno fatto quadrato. Perché, sia il presidente calabrese, del Pd ma molto lontano dalla linea del Presidente del Consiglio e segretario di partito, sia il renziano (seppure “anomalo”) Emiliano hanno intenzione di andare avanti su questo fronte. Il pugliese è categorico: «Siamo favorevoli al referendum abrogativo dello Sblocca Italia, senza se e senza ma. Siamo promotori di un collegamento fra tutte le regioni che si affacciano sull’Adriatico e sullo Jonio, dalla Calabria all’Emila Romagna, che sceglieranno di difendersi in questo modo. E saremo in grado di far valere le nostre ragioni. Chi vorrà veramente difendere i territori, e non solo le proprie piccole ragioni politiche, sarà con noi, non contro di noi». Non è meno meno perentorio, Mario Oliverio: «Siamo contro le trivelle, in mare e in terra. Abbiamo scelto di impugnare lo Sblocca Italia. E’ stata già fissata la data della prima udienza, per novembre 2016. Abbiamo fatto ricorso al Tar contro il provvedimento autorizzativo del Ministero dell’Ambiente. Chi davvero vuole impegnarsi per impedire che si realizzi un nuovo saccheggio, anche contestando, deve rafforzare questa linea. Commette un errore chi invece pensa solo a fare contestazioni fini a se stesse, non ragionate. La nostra non è un’opposizione ideologica. Scaturisce dalla valutazione che non si possono sfregiare le risorse che sono il mare ed il nostro territorio, il più grande capitale per il futuro». Insieme nell’opposizione alle trivelle, ma anche nella programmazione. «Le tre regioni – continua il presidente calabrese – prendono l’impegno a mettere insieme un progetto per la valorizzazione del golfo di Taranto, per usare le risorse che l’Unione europea destina alle regioni rivierasche con la direttiva “Strategia del mare”».
Cosa accadrà ora? La sensazione è che per la Basilicata saranno nuove settimane di travaglio, per decidere se stare o meno con le regioni che si oppongono senza se e senza ma al petrolio.
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