INDICE DEI CONTENUTI
- 1 Ministro Calderoli, lei nelle scorse settimane ha rappresentato la Lega negli incontri con gli alleati della coalizione di centrodestra per decidere gli assetti in vista delle prossime elezioni regionali in Basilicata. Pensa che la Lega possa aspirare a guidare la coalizione con un suo candidato governatore?
- 2 Ministro Calderoli, quindi l’ipotesi di un candidato governatore leghista in Basilicata è sul tavolo o no?
- 3 Non pensa che ci saranno ricadute elettorali negative per la Lega, in Basilicata e poi in Umbria, dove il governatore uscente, Donatella Tesei, è espressione proprio del Carroccio, a causa dei timori per il suo disegno di legge sull’autonomia differenziata delle regioni?
- 4 Io mi riferivo alle recenti dichiarazioni del governatore calabrese, Roberto Occhiuto, per cui non si ottempera prima all’obbligo costituzionale di finanziare i livelli essenziali dei servizi sull’intero territorio nazionale, l’autonomia differenziata rischia di diventare una trappola per il Sud.
- 5 Sarà complesso trovare questi soldi se il bilancio dello Stato è quello che è…
- 6 Mi fa un esempio di queste competenze per cui lei ritiene che diciamo potrebbero già essere stati stanziati finanziati a sufficienza e basterebbe una loro riallocazione?
- 7 In una recente intervista alla Stampa lei ha dichiarato che avrebbe voluto una norma anti-ribaltone più rigorosa all’interno del progetto di riforma costituzionale appena approvato in Consiglio dei ministri, ma ha anche condiviso l’esigenza di non marginalizzare il Parlamento. Quindi come giudica il compromesso raggiunto?
- 8 La ministra delle Riforme, Elisabetta Casellati, che è anche la coordinatrice regionale per la Basilicata di Forza Italia, ha già smentito ipotesi di uno scambio tra una riforma cara alla Lega come quella sull’autonomia differenziata, e il presidenzialismo a lungo invocato dalla premier Giorgia Meloni e dagli stessi azzurri. C’è anche chi ipotizza un ulteriore scambio sempre tra l’autonomia differenziata e l’istituzione della Zona economica speciale unica su tutto il territorio del Sud, tanto decantata dal ministro degli Affari europei Raffaele Fitto. Sono tutte illazioni o esiste una competizione all’interno del governo a livello di istanze e progettualità, che poi trovano una loro composizione in Consiglio dei ministri?
- 9 Cosa ne pensa dell’intesa raggiunta dalla premier Meloni col suo omologo della Repubblica albanese per la realizzazione oltre Adriatico di due centri di identificazione e prima accoglienza dei migranti recuperati durante la traversata del Mediterraneo?
- 10 Senatore lei si è sempre dichiarato un cattolico praticante ed è uno storico esponente di un partito come la Lega che si è fatto conoscere, ai tempi della Prima Repubblica, per l’opposizione allo strapotere della Democrazia cristiana. Ministro Calderoli come valuta la discesa in campo in Basilicata del laicato cattolico di centrosinistra che ha indicato come candidato governatore il re delle coop bianche, Angelo Chiorazzo, trovando subito sponda nel Partito democratico?
Intervista al ministro degli Affari regionali, Roberto Calderoli in visita in Basilicata per lanciare la campagna elettorale della Lega
POTENZA – L’autonomia potrebbe rivelarsi una fortuna per la Basilicata. Quanto al nome del candidato governatore del centrodestra toccherà aspettare le decisioni dei leader dei partiti nazionali. Intanto, nel centrosinistra, andrebbe evitato di strumentalizzare valori e caratteri della cristianità «per il recupero di un consenso politico». Lo ha dichiarato, ieri 17 novembre a Potenza, il ministro degli Affari regionali Roberto Calderoli, che ha concesso un’intervista al Quotidiano del Sud a margine dell’incontro di inaugurazione della campagna elettorale della Lega in vista del voto di inizio 2024 in Basilicata.
Ministro Calderoli, lei nelle scorse settimane ha rappresentato la Lega negli incontri con gli alleati della coalizione di centrodestra per decidere gli assetti in vista delle prossime elezioni regionali in Basilicata. Pensa che la Lega possa aspirare a guidare la coalizione con un suo candidato governatore?
«Da quando abbiamo ottenuto la vittoria alle elezioni politiche, ogni volta che siamo andati a elezioni regionali uniti abbiamo vinto. In qualche caso stravinto. E intendiamo continuare a farlo anche in occasione dei prossimi appuntamenti elettorali, alcuni a scadenza molto ravvicinata, altri un po’ meno. Abbiamo assunto, come tavolo di centrodestra, l’obiettivo di riuscire a vincere tutte queste elezioni regionali. Inoltre abbiamo fatto una valutazione, ovviamente a partire dagli uscenti. Abbiamo fatto un discorso complessivo, non legato alla singola regione ma in una logica complessiva. Quindi anche nazionale. E rispetto a tutte le realtà dove si andrà a votare. Poi le ultime decisioni, dopo il lavoro che facciamo noi marescialli di brigata, spettano ovviamente ai leader di partito. Mi auguro comunque che il lavoro istruttorio che abbiamo fatto, perché è stato fatto, possa farli addivenire a scelte che possano portare alla vittoria».
Ministro Calderoli, quindi l’ipotesi di un candidato governatore leghista in Basilicata è sul tavolo o no?
«Io ho un segretario. Sono un ministro ma sono anche un uomo di partito e quindi rispondo al mio segretario, così come ciascun partito risponde al proprio segretario. E’ dal confronto dei segretari che deriverà la scelta definitiva. Il nostro compito era mettere qualunque tipo di opzione sul tavolo».
Non pensa che ci saranno ricadute elettorali negative per la Lega, in Basilicata e poi in Umbria, dove il governatore uscente, Donatella Tesei, è espressione proprio del Carroccio, a causa dei timori per il suo disegno di legge sull’autonomia differenziata delle regioni?
«Sull’autonomia differenziata ho una visione che è esattamente l’opposto e il contrario di quella che ha lei, perché io credo che anche nel Sud l’autonomia differenziata debba rappresentare un valore aggiunto, cioè un fattore che potrà fare arrivare a una vittoria alle elezioni. Con l’autonomia differenziata noi non portiamo dei problemi, portiamo delle soluzioni. Abbiamo una questione meridionale e una questione settentrionale da risolvere. La questione meridionale io l’ho studiata molto a fondo e con l’istituzione della Cassa del Mezzogiorno siamo passati da un reddito pro capite al Sud pari al 50% di quello del Nord, a qualcosa in più del 60%. Dopodiché questo dato è sceso ed è rimasto costante, credo da 35 anni, intorno al 56%. Io credo che sia una rinuncia, una sconfitta, il fatto di accettare questa situazione e credo che quella 56% possa diventare, debba diventare il 70-80%, fino ad arrivare al 100%.
Io credo che l’autonomia differenziata possa rappresentare uno degli strumenti per arrivare ad allineare le regioni del Mezzogiorno a quelli del Nord, e quindi che tutti possano correre alla medesima velocità. Questo sarà un vantaggio in primis per cittadini del Sud e a cascata anche per cittadini del sistema Paese. Quindi anche del Nord. Io credo che l’autonomia differenziata possa veramente dare ragione a una realtà come la vostra. Io vedo la Basilicata come una possibile regione “hub” sotto l’aspetto energetico per quello che si è trovato nel territorio.
Ricordo che è stato il sottoscritto a garantire l’accordo per cui oggi qualcuno non paga il gas, e ben venga che ci sia questa compensazione a livello territoriale per l’impatto che hanno sul territorio le estrazioni del gas e degli idrocarburi. Il sole non vi manca, il vento non vi manca. Avete una superficie che rappresenta anche una riserva anti Co2 fortissima alla luce delle normative europee che arriveranno. Quindi io credo che questa potenzialità ce l’abbiate forte, come nessun altra regione in Italia».
Io mi riferivo alle recenti dichiarazioni del governatore calabrese, Roberto Occhiuto, per cui non si ottempera prima all’obbligo costituzionale di finanziare i livelli essenziali dei servizi sull’intero territorio nazionale, l’autonomia differenziata rischia di diventare una trappola per il Sud.
«Io credo che ci siano delle incomprensioni legate a delle comunicazioni che passano attraverso i giornali e non direttamente. Perché quelle volte che ho parlato direttamente con Occhiuto ci siamo ampiamente compresi e lui stesso mi ha posto come precondizione per arrivare all’avvio di questa riforma il fatto che venissero definiti i livelli essenziali delle prestazioni (lep, ndr), i relativi costi e i fabbisogni standard. Parliamo di qualcosa che non solo è contenuto nel disegno di legge che è all’esame del Senato in questo momento, ma è già legge dello Stato perché questa precondizione io l’ho introdotta nella legge di bilancio del 2023, per cui nessuna materia che è riferibile a un diritto civile sociale può essere trasferita senza la definizione del relativo “lep”, dei costi, dei fabbisogni standard, e senza aver finanziato i livelli essenziali delle prestazioni per quelle materie oggetto di trasferimento.
Il problema è che per arrivare a definire degli stanziamenti di bilancio dovevamo prima definire quali fossero quei diritti civili e sociali che dovessero essere garantiti. Adesso, grazie al lavoro del comitato “lep” del professor Cassese, abbiamo definito la qualità di questi servizi, su cui la commissione tecnica dei fabbisogni standard e Istat definiranno i costi. Solo una volta definite queste cose io posso finanziarle nelle varie leggi di bilancio, di vari anni. È accaduto già nel governo Draghi nel 2022 quando si individuarono i livelli essenziali delle prestazioni sugli gli asili nido, si fissò l’obiettivo da raggiungere e lo stanziamento necessario per i 4 anni successivi. Io credo che quello sia il modello da riprendere e da attuare. È chiaro, come ha detto il professor Cassese, che non si può pensare che i livelli essenziali possano essere finanziati e raggiunti nell’arco di un anno.
L’importante, però, è anche partire, perché fino ad oggi questi divari sui servizi sono presenti e purtroppo penalizzano soprattutto determinate aree territoriali. Per capirsi: noi abbiamo definito quelle che sono le materie riferibili ai diritti civili e sociali e abbiamo stabilito qualitativamente quali sono i livelli essenziali. Ora qualcuno farà un’analisi economica per dire qual è il costo per finanziare questi livelli essenziali in Basilicata e in tutte le 15 regioni a statuto ordinario. Quindi stanzierò le risorse per poter dare garanzie di quei diritti civili e sociali e a quel punto attiverò l’autonomia delle regioni che ne faranno richiesta e ne avranno la possibilità».
Sarà complesso trovare questi soldi se il bilancio dello Stato è quello che è…
«Non necessariamente. Potrà emergere che saranno necessari più soldi. Ma può darsi che alcuni di questi servizi siano già stati finanziati in maniera sufficiente. Magari in maniera maggiore da qualche parte e in maniera minore da un’altra. Perciò potrebbe bastare un riequilibrio. Intanto se io standardizzo il costo responsabilizzo rispetto all’utilizzo delle risorse disponibili. Il punto cardine dell’autonomia differenziata è che il cittadino deve sapere che il proprio amministratore le risorse le ha ricevute, quindi può giudicare come quell’amministratore le ha utilizzate. Se ha ottenuto o meno il risultato».
Mi fa un esempio di queste competenze per cui lei ritiene che diciamo potrebbero già essere stati stanziati finanziati a sufficienza e basterebbe una loro riallocazione?
«Quello della sanità è un argomento molto delicato e controverso. Ma noi abbiamo un fondo sanitario nazionale che viene ripartito con dei coefficienti correttivi rispetto alla popolazione, e gli indici di anzianità, mortalità e privazione. Non sempre le risorse che una regione riceve equivalgono a servizio sanitario erogato, e c’è chi riceve di più e vede i propri cittadini andare a farsi curare da un’altra parte. Su quel servizio non erogato, a livello di spese generali, io credo che qualche risparmio possa essere ottenuto.
Sicuramente dal momento in cui si è iniziato a parlare di spending review, quindi dal 2012 ad oggi, noi abbiamo avuto un incremento delle spese di personale e di beni e servizi da parte dello Stato e un decremento da parte delle regioni. La differenza tra l’aumento sostenuto dallo Stato e la riduzione sopportata dalle regioni è del 25% quindi è evidente che margini di risparmio, di miglior utilizzo delle risorse a disposizione ce ne sono».
In una recente intervista alla Stampa lei ha dichiarato che avrebbe voluto una norma anti-ribaltone più rigorosa all’interno del progetto di riforma costituzionale appena approvato in Consiglio dei ministri, ma ha anche condiviso l’esigenza di non marginalizzare il Parlamento. Quindi come giudica il compromesso raggiunto?
«Sono assolutamente convinto dalla bontà della legge che è comunque un salto in avanti enorme rispetto al fatto che a decidere chi governa un paese sia cittadino. Quello è il punto qualificante: dare stabilità, la durata di una legislatura al governo. In modo che non ci sia una progettualità anno per anno, per accontentare l’elettorato, ma per costruire il sistema Paese. Questo è stato raggiunto. Sono d’accordo sul fatto della valorizzazione del Parlamento perché il modello del “sindaco d’Italia” rischiava di mettere sotto ricatto da parte del premier eletto il Parlamento. Tipo: “o votate qualunque cosa io proponga oppure si va allo scioglimento delle camere”.
Il Parlamento esprime la fiducia nei confronti del presidente del consiglio quindi non poteva essere ridotto al rango di un consiglio comunale. Questo aspetto ha rappresentato un limite anche per i consigli comunali che hanno avuto un depauperamento del loro ruolo. La possibilità che in seconda battuta una persona espressione della stessa maggioranza possa essere il secondo premier di una legislatura credo che sia una soluzione equilibrata.
Il mio modello di riforma costituzionale del 2005 prevedeva che in caso di sostituzione del premier a poterlo votare fossero coloro che avevano espresso la fiducia al momento dell’insediamento del premier eletto da parte del popolo. Oggi c’è il fatto che sia collegato a una lista che ha sostenuto il premier e che riproponga e sottoponga al Parlamento il medesimo programma elettorale su cui si è espressa la fiducia al primo presidente eletto. Poi ci sono quattro passaggi parlamentari da fare per approvare una riforma costituzionale quindi anche il Parlamento vorrà fare delle proprie proposte, immagino».
La ministra delle Riforme, Elisabetta Casellati, che è anche la coordinatrice regionale per la Basilicata di Forza Italia, ha già smentito ipotesi di uno scambio tra una riforma cara alla Lega come quella sull’autonomia differenziata, e il presidenzialismo a lungo invocato dalla premier Giorgia Meloni e dagli stessi azzurri. C’è anche chi ipotizza un ulteriore scambio sempre tra l’autonomia differenziata e l’istituzione della Zona economica speciale unica su tutto il territorio del Sud, tanto decantata dal ministro degli Affari europei Raffaele Fitto. Sono tutte illazioni o esiste una competizione all’interno del governo a livello di istanze e progettualità, che poi trovano una loro composizione in Consiglio dei ministri?
«Mi verrebbe veramente di pensar male della categoria a cui lei appartiene e che così è appassionata di questa materia. Quando c’è una coalizione è evidente che ci sono delle differenze fra i vari partiti che la compongono, è evidente che la competizione è proprio il confronto politico più naturale che esista. Ma se si parla di voto di scambio io ricordo che nella mia riforma costituzionale, approvata dal Parlamento nel 2005 e purtroppo poi bocciata nel referendum popolare, la questione dell’autonomia si affrontava con la devoluzione, facendo finalmente chiarezza fra le materie concorrenti e attribuendone alcune in capo, in maniera definitiva, allo Stato e l’altro in maniera esclusiva alle regioni. Così come era già presente l’elezione diretta del presidente del consiglio.
Quindi se il testo che io ho scritto nel 2005 conteneva già le due proposte evidentemente sono d’accordo su entrambe e non c’è bisogno di nessun voto di scambio. Adesso che qualcuno sia arrivato addirittura a pensare alla Zes unica come argomento di questo scambio… Di Zes unica qualcuno ha iniziato a ragionare nel momento in cui si è andata a fare una valutazione dell’utilizzo delle risorse dei Fondi sviluppo e coesione 2014-2020. Dato che a fronte di 126 miliardi fra fondi europei e fondi nazionali di questi fondi: 10 sono stati utilizzati per il covid, e dei restanti 116: 33 sono stati utilizzati, e gli aòtro 83 sono rimasti nel cassetto.
È evidente che quando a livello periferico non c’è la capacità di spesa quel potere centrale che io mi auguravo fosse solo di coordinamento ha il dovere di intervenire. Perché il primo a venire penalizzato dal mancato utilizzo di quelle risorse è il cittadino. Perché basta venire qui per rendersi conto delle necessità infrastrutturali del territorio. Con 83 miliardi nel cassetto trovarsi ancora dei deficit infrastrutturali è gravissimo».
Cosa ne pensa dell’intesa raggiunta dalla premier Meloni col suo omologo della Repubblica albanese per la realizzazione oltre Adriatico di due centri di identificazione e prima accoglienza dei migranti recuperati durante la traversata del Mediterraneo?
«Io sono assolutamente favorevole. Ho apprezzato l’iniziativa del presidente del consiglio e del governo in generale di individuare aree che non siano collocate nel nostro territorio per la pressione migratoria che subisce il nostro paese con lo sviluppo delle nostre coste. A fronte di certi numeri la individuazione di soluzioni alternative era assolutamente necessario per sollevarci un po’ dal tema del primo impatto».
Senatore lei si è sempre dichiarato un cattolico praticante ed è uno storico esponente di un partito come la Lega che si è fatto conoscere, ai tempi della Prima Repubblica, per l’opposizione allo strapotere della Democrazia cristiana. Ministro Calderoli come valuta la discesa in campo in Basilicata del laicato cattolico di centrosinistra che ha indicato come candidato governatore il re delle coop bianche, Angelo Chiorazzo, trovando subito sponda nel Partito democratico?
«Non conosco Chiorazzo. Direi che la Democrazia cristiana in quanto partito è una cosa, ma non sempre le sue posizioni coincidevano con quelle della cristianità. Anche Gesù scacciò i mercanti dal tempio. Quindi non vedo perché non lo dovessimo fare anche noi. Rispetto alla situazione locale, non credo che i valori e i caratteri dell’essere cristiani e cattolici debbano essere strumenti per il recupero di un consenso politico. Perché andrebbero espressi dalle proprie azioni, dal proprio pensiero e dal proprio modo d’essere. Senza sbandierare questa appartenenza».
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