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QUESTA trattativa tra Regione Basilicata e Total per Tempa Rossa (poi ci sarà anche quella con l’Eni per Viggiano) sta dicendo più cose di quelle che il presidente Bardi e i suoi accoliti ben pagati vorrebbero far capire ai lucani. Passi la sistematica esclusione di certi giornali dal flusso delle notizie quotidiane sullo stato dei lavori (la sindrome della velina e del leccaculismo sono doti non alla portata di tutti), ma lasciare fuori dalla discussione i sindacati non depone proprio a favore di certi improvvisati teorici della trasparenza.

Cgil, Cisl e Uil, – lo ricordiamo agli appena pervenuti – hanno in Basilicata il primato nazionale del consenso tra i lavoratori e sono considerati più credibili di partiti, istituzioni, movimenti. Non solo. La questione petrolio qui da noi è insieme con lo spopolamento, l’occupazione e la sanità, l’argomento dove si toccano i massimi gradi delle sensibilità.

Qui in Basilicata fu raggiunto il quorum nel referendum contro le trivelle, e sempre qui ci sono stati negli ultimi anni episodi clamorosi che hanno messo a repentaglio la salute dei lucani. C’è stata una coraggiosa inchiesta della procura di Potenza, una decisione drastica della giunta Pittella di fermare gli impianti, una perdita disastrosa di greggio, un dossier scottante sull’incremento delle malattie cardiocircolatorie e oncologiche, episodi oscuri come certi strani suicidi.

Non è un argomento che può essere trattato a porte chiuse, con megafoni e imbonitori selezionati in base a simpatie e convenienze. E soprattutto senza sindacati, sindaci, associazioni. Mai come per il petrolio, c’è bisogno di fare tutto alla luce del sole (girano tanti soldi e le tentazioni non scarseggiano mai, visto anche certe notizie che arrivano da alberghi moscoviti), di spiegare e far capire ogni minima cosa a tutti. Non si scherza. Non ci sono solo in ballo i milioni delle royalties, ma anche un patto nuovo, alla pari, tra Basilicata, Eni e Total sulla sicurezza, i controlli, la prevenzione, i risarcimenti equi se qualcosa non dovesse filare.

C’è da rivedere l’accordo alla luce di quello che è accaduto in questi anni, tenendo conto per Tempa Rossa delle problematiche esplose a Viggiano. Eni e Total non possono limitarsi solo a estrarre e portare via, devono farsi carico delle questioni connesse al petrolio, soprattutto nel campo della ricerca, la prevenzione, la sicurezza dentro e fuori gli impianti, garantendo investimenti e tecnologie. Non è solo una faccenda di prezzo, devono essere riscritte in modo serio, credibile, paritario, le regole della coabitazione, pensando anche a quando i pozzi saranno a secco o non più economici.

Non potrà più essere che da una parte ci sono i colossi pieni di petrodollari e dall’altra i cafoni, con il cappello in mano, pronti a firmare tutto e di più, ringraziando e omaggiando. Il favore lo fanno i lucani, non viceversa: chiaro? Ecco perché, gentile presidente Bardi, fare tutto in silenzio e in segreto, come una riunione tra carbonari o tra massoni, non aiuta a ricreare un clima di fiducia tra opinione pubblica, Regione e multinazionali energetiche. E soprattutto non è una questione di prezzo, ma di dignità: cosa della quale i lucani dispongono in maniera abbondante, superiore persino ai barili di greggio.

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