Un deposito di scorie nucleari
2 minuti per la letturaPOTENZA – L’oro radioattivo non luccica, almeno non abbastanza. Anche se a regime promette di lasciare sul territorio più della metà dei posti di lavoro di un ente come la Regione Basilicata.
E’ questa l’inevitabile considerazione che emerge dalle reazioni alla pubblicazione, con sei anni di ritardo rispetto all’iniziale tabella di marcia, della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee a ospitare l’atteso nuovo deposito unico nazionale delle scorie dell’atomo italiano.
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Gli estremi del progetto, incluse le stime sugli investimenti previsti, sono rimasti gli stessi e prevedono che dalla pubblicazione della mappa occorreranno almeno altri 4 anni e mezzo per terminare le pratiche per la scelta del sito e le autorizzazioni necessarie.
Il costo dell’opera, secondo la Sogin, che è la società di proprietà dello Stato che si occupa della gestione dell’eredità dell’atomo italiano (inclusi impianti come l’Itrec di Rotondella), dovrebbe aggirarsi sui 650milioni di euro per localizzazione, progettazione e costruzione del deposito, più 700milioni per infrastrutture interne ed esterne all’impianto, e altri 150 milioni per la realizzazione di un “Parco tecnologico”. Soldi che arriveranno comunque dalle bollette elettriche pagate dai cittadini italiani.
Inoltre è prevista la spesa di un altro miliardo di euro per finanziare progetti di ricerca, che dovrebbero arrivare da altre fonti. Per un totale di due miliardi e mezzo di euro.
Quanto alle ricadute occupazionali, sul sito della Sogin si parla di «oltre 4.000» posti di lavoro per i quattro anni di durata prevista del cantiere: 2mila «diretti» (tra interni ed esterni), più altri 1.200 indiretti e 1.000 «indotti».
A regime, invece, la stima è di 700 posti di lavoro «fra interni ed esterni» per la gestione della nuova struttura, che dovrebbe essere affiancata anche da un parco tecnologico per «una maggiore integrazione con il territorio che lo ospiterà, attraverso la presenza di attività che potranno essere concordate con le comunità locali (…) con il coinvolgimento di istituzioni, università, associazioni e imprese locali». Più altri 300posti di lavoro nell’indotto, a partire dai presidi di sicurezza.
Numeri tutt’altro che irrilevanti per un territorio come la Basilicata, dove tra i primissimi datori di lavoro c’è proprio la Regione dove ruotano in poco meno di 1.700 tra dipendenti e collaboratori.
L’ultimo capitolo delle erogazioni legate alla realizzazione del deposito, quindi, sono le “royalty” che verranno erogate «secondo modalità che gli enti locali interessati regoleranno attraverso la stipula di una specifica convenzione».
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