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Da gennaio a luglio 2016 le assunzioni a tempo indeterminato sono calate del 29,2% rispetto allo stesso periodo del 2015 (quelle a termine sono passate da 22.297 del gennaio-luglio 2015 a 341 dello stesso periodo di quest’anno)
POTENZA – Nei primi sette mesi del 2016 (gennaio-luglio) in Basilicata le assunzioni a tempo indeterminato instaurate con la fruizione dell’esonero contributivo (legge 208/2015) sono state 2.305 su 7.187 complessive; alle assunzioni “agevolate” vanno aggiunte 384 trasformazioni a tempo indeterminato di rapporti a termine – sempre grazie alla fruizione dell’esonero contributivo – su un totale di 1.424. Lo rileva una nota congiunta Centro Studi Sociali e del Lavoro Basilicata e Uil Basilicata che hanno rielaborato su scala regionale i dati dell’Osservatorio Inps sul Precariato diffusi oggi. Nella nota si sottolinea che da gennaio a luglio 2016 le assunzioni a tempo indeterminato sono calate del 29,2% rispetto a gennaio-luglio 2015, mentre quelle a termine sono passate da 22.297 del gennaio-luglio 2015 a 341 dello stesso periodo di quest’anno.
«Come avevano previsto – evidenzia la Uil – Il taglio degli incentivi alle assunzioni stabili, ridotti al 40% nel raffronto tra 2016 e 2015, si fa sentire sulla dinamica dei rapporti di lavoro tracciata dall’Inps. Se ne deduce che la politica e il Governo dovrebbero riflettere con attenzione su cosa succederà quando il potente metadone della decontribuzione calerà fino a scomparire. La Uil è fortemente preoccupata che le sorti della crescita quantitativa e qualitativa del lavoro si affidino esclusivamente ai pur necessari incentivi, soprattutto nel sud, e non a politiche che promuovano la crescita ad oggi fragile, debole e a tempo determinato. Inoltre il continuo crescere dei voucher, inarrestabile e omogeneo in tutto il Paese, deve portare il legislatore a porre paletti più rigidi rispetto al solo obbligo di comunicazione, così come prevede il Governo».
«E’ necessaria, a tal proposito – continua la nota -, una forte politica di rilancio dello sviluppo del Sud in grado di riequilibrare le tuttora esistenti e importanti differenze territoriali che caratterizzano il nostro Paese. Ciò significa, costruire un piano, con un’anima politica e sociale, contenente proposte concrete e operative di breve e medio periodo per il rilancio dell’economia dell’Italia tutta, ma che preveda, al suo interno, una maggiore intensità di aiuti e di risorse da destinare al Sud. Per questo è fondamentale accelerare, oltre la spesa dei fondi comunitari già allocati, la programmazione del Fondo Sviluppo e Coesione e dei Programmi Operativi Complementari da parte del CIPE. Quando si discute della più generale impostazione della politica industriale non è poi secondario il ruolo delle Regioni non solo per le competenze dirette ed indirette in materia di sviluppo economico e di incentivi al sistema produttivo, ma anche per promuovere una nuova politica industriale integrata con le politiche regionali. In questo contesto è importante come le stesse Regioni programmino gli interventi a valere sulle risorse nazionali ordinarie con quelle comunitarie del Fondo di Sviluppo Regionale (FESR), per i prossimi anni, considerando il fatto che quest’ultimo ha una dotazione di oltre 32,6 miliardi di euro».
In quest’ottica, la Uil ritiene «che sia necessario non solo rilanciare la produttività del lavoro attraverso un nuovo modello di relazioni industriali ma anche intervenire sui deficit di produttività sistemici che purtroppo caratterizzano il nostro Paese. Si tratta di passare dalle politiche fiscali che devono premiare la produzione e il lavoro, a una nuova politica energetica sostenibile collegata, anche, alla messa in sicurezza del territorio,attraverso investimenti in infrastrutture, una semplificazione burocratica in un’ottica di efficienza ed efficacia, così come per un sostegno maggiore alle imprese che investono nell’economia reale. Ma non solo questo. Occorre, anche, razionalizzare ed efficientare gli attuali strumenti di politica industriale istituendo un “Fondo unico per gli incentivi agli investimenti e alla ricerca industriale” e rivedere i sistemi di incentivazioni alle imprese potenziando il meccanismo degli automatismi attraverso i “crediti di imposta”».
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