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Le «5 Italie» fotografate dallo studio Acli

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Le analisi di una ricerca Iref-Acli su circa 150 indicatori sociali ed economici sono incoraggianti. Ma c’è un campanello di allarme: la ripresa non è uniforme e aumenta il divario nella ricchezza

POTENZA –  La Basilicata è ancora un territorio in difficoltà ma gli indicatori socio-economici mostrano segnali di risveglio. E’ quanto emerge dalle analisi del rapporto “Le cinque Italie”, realizzato dall’Iref per le Acli e presentato nei giorni scorsi a Roma.

 L’indagine offre una mappa delle trasformazioni sociali dei territori, considerando gli effetti di lungo periodo della depressione economica vissuta dal nostro Paese. Complessivamente sono stati raccolti e trattati 148 indicatori attingendo da diversi enti e istituzioni tra cui l’Istat, il MEF e l’Istituto di ricerca Tagliacarne.

 LO STUDIO UIL: LUCANI INSODDISFATTI E INFELICI

 Le province della Basilicata permangono tra quelle indicate come “depresse” (in grigio nella cartina 1) ma si staccano da un altro consistente gruppo di regioni meridionali che restano in un profondo disagio (“Sud fragile”, in rosso nella cartina 1) e non mostrano segnali di ripresa. 

 “Su fattori dirimenti quali la ricchezza prodotta per abitante, i livelli di occupazione, la capillarità delle imprese e della rete bancaria sul territorio, la proiezione verso i mercati esteri – commenta la presidente regionale delle Acli della Basilicata  Rachele Campagna – le province lucane non sono più assimilabili al sud fragile. Piuttosto appaiono più prossime ai valori intermedi raggiunti dalla nostra nazione. E’ evidente che questi territori avrebbero le carte in regola per invertire la china nei diagrammi dello sviluppo”.

 I dati presentati dalle Acli (tabella 2: la Basilicata rientra nella categoria “Province depresse”) dicono abbastanza chiaramente come la regione sia ancora in una situazione marginale ma in ripresa. Innanzitutto sul piano economico: il Pil procapite di gran parte del Mezzogiorno è pari a 15.160 euro annui, circa settemila euro in meno rispetto alla media nazionale (22.282 euro), ma nella fascia che comprende anche la Basilicata le distanza si assottiglia a meno di quattromila euro (18.562 euro). I tassi di occupazione rivelano un andamento simile: a fronte del 40% di occupati nel meridione, con 16,5 punti percentuali di scarto negativo sul totale nazionale (56,5%), nella fascia in cui rientra la regione il distacco è di 5 punti (51,5%).

 Un discorso analogo si può fare per l’export, la densità delle imprese industriali e il sistema creditizio: nel 2015 la percentuale di esportazioni sul Pil nelle “province depresse” si è avvicinata di molto al totale nazionale (23,4%, contro 26,3%) mentre è risultata decisamente inferiore nel “sud fragile” (17,5%); inoltre, se in gran parte del Mezzogiorno vi sono 6,5 aziende manifatturiere ogni diecimila abitanti, nelle fascia che comprende la Basilicata si sale a 8, un valore non molto distante dal 9 della media nazionale; infine, si contano 2,9 sportelli bancari per 10mila abitanti nel “sud fragile”, a fronte di 4,3 nelle “province depresse”, con uno scarto negativo di una sola unità rispetto alla totalità del nostro paese (5,3).Sotto questo profilo sono incoraggianti i dati sulla crescita del Pil in Italia nel 2015, all’indomani della recessione: la Basilicata (+5,5%) è la regione in cui la ripresa è stata più forte.

 “Il rapporto – avverte il presidente provinciale delle Acli di Potenza Emanuele Abbruzzese – ci fornisce però anche un campanello di allarme molto significativo. Se analizziamo i dati sulla variazione del divario tra le persone più benestanti (reddito superiore o uguale a 120mila euro) e i meno abbienti (reddito inferiore o uguale a 10.000 euro) nel periodo 2008-2015, le nostre province sono tra quelle in cui lo scarto si è incrementato più del 5% (tabella 3). L’allargamento della forbice tra ricchi e poveri, fenomeno diffuso in larga parte al nord, rischia insomma di contaminare anche le nostre comunità ed è urgente porre dei correttivi. La ripresa della nostra terra è una bella notizia solo se è una ripresa diffusa e condivisa”.

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