Petrolio: Total, il sito di Tempa Rossa in Basilicata
3 minuti per la letturaManca il petrolio in Basilicata ed ecco la regressione economica e occupazionale: quasi duemila lavoratori in meno, serve pensare da subito a una riconversione
Il dopo petrolio potrebbe rappresentare per la Basilicata un momento di indubbia regressione dal punto di vista occupazionale ed economico. E’ quanto emerge da un rapporto dell’Istituto di ricerche economiche e sociali (Ires) della Cgil che analizza i potenziali effetti negativi derivanti dalla fine delle estrazioni di greggio. Il documento sarà presentato oggi nel Centro sociale di Villa d’Agri.
In base ad uno studio dettagliato che fa riferimento a fonti ben precise (tra cui l’Istat), nella relazione si legge che «ipotizzando la chiusura del Centro olio legata ad uno senario estremo di smantellamento dell’attività dell’Eni», nella valle dell’ Agri ci sarebbe una diminuzione rilevante di posti di lavoro. Nel dettaglio, si perderebbero 450 lavoratori legati direttamente all’attività estrattiva e 1. 300 maestranze indirette, vale a dire quelle che lavorano per conto di società terze o che operano nella rete dell’indotto. Elemento questo che, sostiene l’Ires, deve sostanzialmente far riflettere anche nell’ottica di quello che può essere poi un piano di riconversione industriale, nel momento in cui lo scenario ipotizzato dovesse diventare realtà oppure si esauriranno i pozzi di petrolio.
«E’ importante notare – scrive, infatti, la Cgil – che gli effetti indiretti» che riguarderebbero l’intera regione «si sommano a quelli diretti, riferiti alla sola Val d’Agri, per un totale di 1.800 occupati in meno su scala regionale». Un dato che, sostiene sempre l’Istituto di ricerca del sindacato, sta a significare un calo del 1,4 per cento dell’occupazione lucana totale. Ma l’altro elemento che desta molta preoccupazione ha un risvolto strettamente economico. Oltre alla diminuzione evidente dell’occupazione, ci sarebbe un calo considerevole del Prodotto interno lordo che si ripercuoterebbe del tutto non solo sulla situazione economica della valle ma anche su quella dell’intera Basilicata.
In particolare, «in uno scenario ‘brutale’ – si legge nel report – in cui le royalties venissero completamente azzerate, il Pil della Val d’Agri perderebbe immediatamente il 10 per cento del suo valore», equiparabile dal punto di vista della quantificazione in euro ad una cifra di poco superiore ai 600 milioni.
E’ chiaro che per quanto riguarda la diminuzione delle unità lavorative un calo così forte del Prodotto interno lordo avrebbe contraccolpi rilevanti su tutta l’economia regionale che non sarebbero riferiti solo alle unità produttive ma anche ad una condizione economica decisamente preoccupante. Infatti, sempre secondo l’Ires, si assisterebbe ad un calo delle esportazioni nella misura del 4-5 per cento. Elemento sul quale occorre fare una riflessione dal momento che le estrazioni petrolifere «pesano» per il 10 per cento sulla bolletta energetica nazionale.
Tutte queste considerazioni sono susseguenti ad un analisi strutturale di tipo economico-sociale riferita all’area presa in esame. In particolare, l’Istituto ritrae un quadro preciso del numero di aziende esistenti nella valle dell’Agri , sia di quelle appartenenti al settore primario sia di quelle che fanno riferimento non solo al manifatturiero ma anche al metalmeccanico.
Partendo da queste considerazioni, e anche dall’impatto sulla popolazione e le comunità che vivono nell’area, si delinea la possibilità di approfondire lo stato di fatto e di tracciare un’alternativa che salvaguardi l’occupazione, anzi accrescendola in modo da attutire se non addirittura azzerare tutti gli elementi controproducenti che potrebbero derivare dall’esaurimento delle risorse petrolifero e dall’abbandono dei pozzi. La richiesta avanzata dalla Cgil non è quindi «quella di una difesa corporativa del Centro olio» ma di pensare già da ora ad una riconversione industriale che dia delle risposte in termini produttivi e occupazionali, come avvenuto in altre zone, per esempio a Livorno e a Priolo.
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