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DEI 283 milioni di euro destinati dallo Stato alle regioni alla Basilicata arriverebbero 2.715.235 euro, cioè lo 0,35% (la spesa regionalizzata è al 36,73%). Il dato è evidenziato da un articolo di Milano Finanza, a firma di Roberto Sommella, che cita gli ultimi dati della Ragioneria generale dello Stato sulla regionalizzazione della spesa. Per quanto riguarda la spesa finale per abitante, al netto degli interessi, i lucani si fermano a 5034 euro (una posizione ragguardevole, visto che in molte regioni del nord, secondo questi dati, la spesa sarebbe inferiore).

La spesa regionale per abitante, secondo l’analisi di Milano Finanza, mostra fondamentalmente un’Italia già divisa, con alcune regioni del Nord che ricevono meno stanziamenti del Sud. Almeno a guardare le tre tabelle pubblicate nel dossier che illustrano il problema dividendolo in tre: si tratta infatti di osservare la spesa statale divisa per le regioni che fruiscono degli stanziamenti dello Stato centrale (che costa oltre 800 miliardi l’anno), della spesa regionale per abitante e di quella in rapporto al loro prodotto interno lordo. «Dalla loro lettura ne escono tre Italia diverse e – si legge nell’articolo – motivi contrapposti sia per dare ragione ai sostenitori del progetto leghista sbandierato da Matteo Salvini sia ai suoi detrattori, che rapidamente hanno messo in piedi un numero importante di firme per arrivare ad un referendum abrogativo della legge Calderoli».

Su 283 miliardi di euro di spesa destinata alle regioni, 44 vanno al Lazio, primo nella classifica, seguito dalla Lombardia (35 miliardi), dalla Sicilia (25 miliardi), dalla Campania (24 miliardi), dal Veneto, Piemonte e Puglia. Più in basso, invece, in regioni come Calabria, Basilicata, Abruzzo e Molise. La graduatoria è invece diversa se questi numeri si dividono per gli abitanti delle regioni. Le tre regioni con la spesa più bassa per abitante sono Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Il Lazio è la terza regione con la spesa per abitante più alta mentre Campania, Puglia e Calabria sono a metà classifica. Il primo è il Trentino Alto Adige. Parametrando la spesa al Pil regionale, invece, emerge che Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte sono rispettivamente le quattro regioni con la percentuale più bassa di spesa statale rispetto alla ricchezza prodotta: non supera in nessuno caso il 12% e si ferma all’8% nel caso lombardo. Mentre è quasi tre volte superiore in Sardegna (32%), Calabria (28%) e Sicilia (28%). In Campania raggiunge poco più del 22%, come nel Lazio.

«Questo significa – si legge ancora su Milano Finanza – che al Nord le regioni hanno già di loro una potenza economica tale che diluisce i pur ingenti stanziamenti dello Stato centrale» mentre «per le regioni che dipendono maggiormente dai soldi di Roma questo discorso si può capovolgere». Quindi lo Stato centrale «impiega per le regioni, anche per quelle più ricche, ben il 36% della spesa totale annuale, una cifra che si suppone si ridurrà con l’autonomia differenziata perché alcune amministrazioni locali potranno fare da sole». E infine si evidenzia anche che «la percezione della vicinanza di uno Stato ai suoi abitanti sembra effettivamente dipendere dal livello di spesa per i cittadini».

C’è da sottolineare anche, a proposito di Pil, che nel 2023 secondo i dati Svimez sulle regioni, la contrazione dell’industria in Basilicata ha penalizzato la crescita del prodotto interno lordo. Il calo del settore si è attestato infatti al 2,7% frenando in maniera robusta l’espansione dell’economia lucana. L’aumento del Pil è stato infatti solo dello 0,9%, il più basso del Sud insieme alla Puglia, ma comunque pari alla media del dato nazionale e in linea con quello di tutto il Mezzogiorno. Parametrando la spesa al Pil regionale, invece, dall’anailisi di Milano Finanza emerge che Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte sono rispettivamente le quattro regioni con la percentuale più bassa di spesa statale rispetto alla ricchezza prodotta: non supera in nessuno caso il 12% e si ferma all’8% nel caso lombardo. Mentre al contrario è quasi tre volte superiore in Sardegna (32%), Calabria (28%) e Sicilia (28%). In Campania raggiunge poco più del 22%, come del resto anche nel Lazio. «Questo significa – si legge ancora su Milano Finanza – che al Nord le regioni hanno già di loro una potenza economica tale che diluisce i pur ingenti stanziamenti dello Stato centrale» mentre «per le regioni che dipendono maggiormente dai soldi di Roma questo discorso si può capovolgere».

Quindi lo Stato centrale «impiega per le regioni, anche per quelle più ricche, ben il 36% della spesa totale annuale, una cifra che si suppone si ridurrà con l’autonomia differenziata perché alcune amministrazioni locali potranno fare da sole». E infine si evidenzia anche che «la percezione della vicinanza di uno stato ai suoi abitanti sembra effettivamente dipendere dal livello di spesa per i cittadini». Nel frattempo il Comitato referendario per l’abrogazione della legge sull’autonomia differenziata ha comunicato che «in sole tre settimane abbiamo raggiunto mezzo milione di firme digitali, il numero previsto dalla Costituzione per promuovere il referendum abrogativo dell’Autonomia differenziata».

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