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Flossbach von Storch, tra i maggiori gestori non bancari della Germania, evidenzia il dato della Basilicata terra salva aziende zombie
Le Banche centrali stanno alzando i tassi di interesse per contrastare l’inflazione. La politica monetaria estremamente restrittiva non è priva di rischi e di effetti collaterali. Si è visto di recente con il collasso di due banche statunitensi, la Silicon Valley Bank e la First Repubblic Bank e, in Europa, di Credit Suisse, dovuto al deprezzamento dei loro asset. Si sta vedendo anche con l’aumento dell’onere dell’indebitamento delle famiglie più esposte verso le banche e con le imprese meno (o per nulla) redditizie, tra le quali ci sono anche le cosiddette “imprese zombie”, che talvolta siedono su grandi montagne di debiti e ora rischiano di rimanere senza liquidità e di andare verso il default.
Le società immobiliari in particolare che lavorano con elevati livelli di capitale di debito stanno soffrendo per il forte e rapido aumento dei tassi di interesse. A tutto ciò si aggiunge l’aumento dei costi di manutenzione, ristrutturazione energetica e amministrazione. Se i redditi da locazione non terranno il passo con l’aumento dei costi, i profitti caleranno.
AZIENDE ZOMBIE, UN PESO PER L’ECONOMIA MONDIALE E LOCALE
Le “imprese zombie ” apportano quindi un contributo nullo all’economia di un Paese ma anzi ne determinano un danno in quanto comportano un’errata allocazione di risorse che potrebbero essere destinate a start-up innovative e produttive. La sopravvivenza delle imprese zombie in Europa è stata garantita dalla prolungata politica monetaria espansiva della Banca Centrale Europea, caratterizzata da tassi di interesse vicini allo zero che hanno consentito anche ad aziende prossime al fallimento di prendere denaro a prestito dalle banche senza incorrere in insostenibili costi per ripagare i debiti contratti. Ma con il rialzo dei tassi di interesse della Bce, il più sostenuto e rapido dalla sua creazione, la musica è cambiata. E quello che non sarebbe potuto accadere ieri, per le ragioni dette, potrebbe avvenire oggi, o nell’immediato futuro, determinando non pochi problemi.
In una recente un’analisi, Flossbach von Storch (uno dei gestori patrimoniali non bancari più grandi della Germania), riprendendo dati di Cerved (la tech company che aiuta il Sistema Paese a proteggersi dal rischio e crescere in maniera sostenibile), ha messo in luce il contributo positivo del Fondo di Garanzia come strumento di stabilità e resilienza per risanare imprese a rischio default facendole fuoriuscire dalla zona d’ombra dove ristagnavano e rilanciandole.
Nel biennio 2020-21, infatti, grazie ai finanziamenti del Fondo è stato possibile intervenire in favore del 28,8% (8.102) delle aziende considerate zombie nel 2019 e il 69,6% (contro il 43,1% di quelle non finanziate) è riuscito a rimettersi in sesto grazie a 3,1 miliardi di euro di sovvenzioni. Tuttavia, lo studio ha evidenziato che il restante 30,4% è uscito dal mercato o è tuttora zombie, portando con sé 1,3 miliardi di finanziamenti andati perduti.
BASILICATA TRA LE REGIONI CON MAGGIORI SUCCESSI NEL SALVATAGGIO DI AZIENDE ZOMBIE
In totale, nel biennio 2020-21 le aziende zombie risanate hanno superato le 40.000 unità. E, udite, udite, la Basilicata è la regione d’Italia ad avere avuto nel 2019 una tra le più elevate percentuali di imprese risanate (il 53,5%), preceduta da Trentino – Alto Adige, Abruzzo, Calabria e Sardegna. Non solo: ma osservando l’andamento delle aziende zombie tra il 2019 ed il 2021, la Basilicata vanta inoltre uno dei tassi più alti di riduzione della loro incidenza (-25,7%). Preceduta, in questo caso, solo da Sardegna, Sicilia, Calabria ed Abruzzo.
Quella delle imprese zombie è una categorizzazione più mobile di quanto si creda: attualmente, sulla base dei bilanci 2021 che sono gli ultimi disponibili, in Italia ce ne sono 23.262 – composte dalle 12.456 che non si sono risanate (ancora zombie) e da 10.806 nuovi ingressi – per il 45,9% (10.675) finanziate dal Fondo di Garanzia con 7 miliardi di euro a fronte di 20,4 miliardi di debiti finanziari iscritti a bilancio.
Nel 2021 la ripresa economica favoriva l’uscita dallo status di zombie di 27.762 imprese. Si tratta di aziende con 71 miliardi di debiti finanziari risanati, ma altre 10.806 vi entravano. Quanto ai debiti finanziari, nel 2021 erano in aumento: 130,4 miliardi di euro (di cui solo 20,4 finanziati da Fondo di Garanzia) contro i 128,6 miliardi di euro del 2019, nonostante il numero di imprese zombie fosse calato da 28.099 a 23.262; anche l’indebitamento medio era più alto (5,6 milioni contro 4,6).
I SETTORI DI ATTIVITÀ A PIÚ LARGA INCIDENZA DI RISANAMENTI
Lavorazione dei metalli, logistica e trasporti, chimica e farmaceutica, servizi assicurativi, finanziari e non finanziari, largo consumo, elettromeccanica e sistema casa si sono rivelati i comparti con la più alta percentuale di aziende zombie risanate sul totale del 2019 (tra 60,2% e 52,7%), mentre quelli dove le imprese riscontrano più difficolta a rientrare a pieno titolo nel mercato sono quelle dei comparti sistema moda, mezzi di trasporto, costruzioni, carburanti, energia e utility, elettrotecnica e informatica (tra 43,5% e 47,9%).
Se si considera, invece, l’incidenza delle aziende zombie su ciascun comparto, nel 2021 agricoltura e allevamento (5,2%), largo consumo (5%), carburanti e energia e utility (4,1%) mezzi di trasporto (3,8%) e sistema moda (3,5%) erano quelli più colpiti, su una media trasversale italiana del 2,4%; al contrario, servizi finanziari e assicurativi (0,2%) e immobiliare (0,5%) si dimostrano appena lambiti dal fenomeno.
L’ANALISI TERRITORIALE SUL SALVATAGGIO DELLE AZIENDE ZOMBIE CHE PREMIA LA BASILICATA
Quanto all’analisi territoriale, il Trentino Alto Adige ha la più alta percentuale di aziende zombie sanate sul totale del 2019 (61,2%), seguito da Abruzzo (55,7%), Calabria (55,2%), Sardegna (54,9%), Basilicata (53,5%), Piemonte e Sicilia (53,3%), Puglia (52,8%), Veneto (51,8%) e Marche (50,5%). Maglia nera, invece, alla Valle d’Aosta (44,2%); con risultati un po’ migliori, ma sempre in fondo alla classifica, troviamo Liguria (47,2%), Toscana (47,5%), Umbria (48%), Molise (48,8%), Emilia Romagna (48,9%), Friuli Venezia Giulia (49,5%), Lazio e Lombardia (49,6%) e Campania (50%).
Osservando, invece, l’andamento delle aziende zombie tra il 2019 e il 2021, vediamo che la riduzione più forte si è avuta in Sardegna (-42,9%), seguita da Sicilia (-32,3%), Calabria (-30,1%), Abruzzo (-26,8%), Basilicata (-25,7%) e Puglia (-24,6%). Al contrario, variazioni minime si sono avute in Umbria (-3,4%), Toscana (-4,3%) e Friuli Venezia Giulia (-5,7%), mentre in Valle d’Aosta il trend è in crescita (da 52 a 56, pari al 7,7% in più).
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