La consegna del manifesto da parte di Cataldi a Maglione, sindaco di Melfi
3 minuti per la letturaPOTENZA – La sanità privata si è fermata per davvero. Come annunciato la settimana scorsa, ieri primo giorno di vero stop con il Servizio sanitario nazionale per le strutture accreditate lucane. Niente più cure, niente terapie né prenotazioni. Il tutto almeno fino al prossimo 11 gennaio, quando è previsto un nuovo vertice in Regione sulla vicenda che tiene banco da mesi.
«Con l’inizio del nuovo anno è avvenuto ciò che nessuno avrebbe mai voluto che accadesse – scrive in un comunicato l’Unità di crisi sanitaria Basilicata – ma che il Governo regionale ha reso inevitabile: ben 51 strutture sanitarie su tutto il territorio regionale hanno smesso, per insostenibilità economica, di erogare prestazioni in nome e per conto del Ssn. Si tratta di una dramma epocale per la Basilicata. Un tragico evento unico nel suo genere, mai avvenuto in nessuna regione d’Italia, che porta e porterà delle gravissime ripercussioni sulla vita dei lucani. Il tutto sotto lo sguardo totalmente silenzioso e indifferente del governo regionale, che con le sue scelte ha causato tutto ciò ed ora farà pagare un prezzo amaro alla comunità».
Il comitato, di cui è portavoce Michele Cataldi, ribadisce che «purtroppo si tratta di uno stop che non si poteva evitare. Dopo tre mesi (ottobre, novembre, dicembre) di prestazioni sanitarie pubbliche erogate ma che non sono state remunerate dalla Regione non ci sono più le condizioni economiche minime per continuare a lavorare. Senza nessuna programmazione per il nuovo anno non c’è nemmeno la possibilità di sperare che il 2023 sia diverso. Le strutture sanitarie, le imprese del comparto, gli operatori sanitari, i dipendenti e di conseguenza tutti i pazienti della regione sono lasciati abbandonati a se stessi dalle istituzioni. Una cosa che definire incredibile e surreale è poco e che abbiamo paura non sia stata ancora fino in fondo compresa né da parte dei cittadini né da parte dei governanti».
L’Unità di crisi ricorda che «le strutture private accreditate hanno avuto una fondamentale funzione di supporto e sostituzione a quelle pubbliche. Con le liste d’attesa lunghissime hanno alleggerito e aiutato le strutture pubbliche in maniera silenziosa. Ogni cittadino lucano, che forse non ci ha mai ragionato fino in fondo, da oggi si renderà conto di quanto questa situazione si ripercuota su di sé e sui propri cari. E al totale deficit di assistenza sanitaria Ssn – prosegue il comunicato –, si aggiungerà anche quello per gli infortuni sul lavoro. Sì, perché le strutture accreditate sono anche convenzionate con l’Inail e, venendo meno l’attività Ssn, verrà meno anche la relativa convenzione».
«Il presidente Bardi e l’assessore Fanelli – aggiunge il comitato –, da oggi si trovano di fronte al problema reale, materiale. Non si tratta più di quelle che sono state ingiustamente chiamate provocazioni, strumentalizzazioni, prese di posizione o richieste ingiustificate. Non si tratta più di quelle che in verità erano gridi di allarme, messe in guardia, richieste di ascolto, tentativi di dialogo e confronto. Ora è arrivato il momento dell’amara verità dei fatti: la Regione con le sue scelte ha condannato a morte certa delle imprese sane, i suoi dipendenti e tutti i pazienti che usufruivano delle prestazioni sanitarie puntualmente erogate».
L’Unità di crisi lucana evidenzia che, «insieme a tutte le associazioni di categoria (Anisap, Aspat Basilicata, Cicas, Federbiologi, Federlab e Sanità Futura) si trovano ora di fronte ad un nuovo scenario e continuano a tentarle tutte, anche se il danno è già stato fatto, per evitare che medici, infermieri, tecnici, fisioterapisti prendano altre strade. In questi giorni, parallelamente al blocco delle prestazioni, alle comunicazioni con manifesti e volantini, è iniziato il coinvolgimento di tutti i sindaci della regione (a partire dal sindaco di Melfi, Giuseppe Maglione). Ad ognuno dei 131 primi cittadini è stato o sarà consegnato un manifesto con su scritto: “Non c’è vita senza salute”. Uno degli ultimi tentativi per coinvolgere le figure istituzionali più vicine alla popolazione, con l’obiettivo, speriamo non vano, di chiedere supporto e di intervenire a difesa dei cittadini che rappresentano».
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