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POTENZA – La 28sima vittima lucana del covid 19 si avvolge di giallo. Col sindaco di Bernalda Domenico Tataranno, medico specializzato in dermatologia, che non ha dubbi sul fatto che la 70enne morta ieri mattina all’ospedale Madonna delle Grazie di Matera fosse stata contagiata. Mentre dai vertici della Regione smentiscono, e ricordano che era stata sottoposta a due diversi tamponi risultati entrambi negativi.
E’ di nuovo scontro tra un primo cittadino e via Verrastro, dopo le azioni giudiziarie annunciate soltanto ieri l’altro dalla sindaca di Maschito, Rossana Musacchio Adorisio, a causa di un altro caso dubbio. Con il tampone effettuato a una cittadina del piccolo centro arbereshe registrato come positivo nella banca dati informatica regionale, ma ancora non ufficializzato in attesa di un secondo tampone di conferma.
A innescare la contrapposizione è stato l’annuncio della morte della donna pubblicato da Tataranno sulla bacheca Facebook dell’amministrazione, parlando in maniera oltremodo chiara «del secondo decesso per Covid19 nel territorio di Bernalda» e dell’«ultima nostra concittadina risultata positiva al virus».
Nelle scorse settimane, infatti, la donna si era sottoposta a un intervento per la frattura del femore all’ospedale di Policoro, dove sono stati diversi i sanitari contagiati e non sono mancati casi di trasmissione intramuraria del virus . Poi era tornata a casa e aveva iniziato a manifestare dei sintomi sospetti. Quindi era stata ricoverata con la diagnosi di una polmonite batterica al Madonna delle Grazie di Matera, dove sarebbe andata incontro a un blocco renale. Pare provocato da occlusioni come quelle riscontrate in diversi pazienti covid 19. Quindi il suo cuore non ha retto più.
Di qui il sospetto di un contagio nascosto, con la guarigione in anticipo rispetto all’effettuazione dei tamponi, e postumi che producono il loro effetto in ritardo.
Difficile immaginare una ricomposizione pacifica del contrasto tra il primo cittadino e la task force regionale incaricata di gestire la crisi sanitaria, e i registri epidemiologici.
Nell’ultimo bollettino diffuso da via Verrastro, infatti, la 28esima vittima non viene citata. Quindi si evidenzia come nessuno dei 607 tamponi esaminati mercoledì abbia fatto rilevare altri contagi. Mentre il numero dei lucani tuttora positivi è sceso a 137 (su 391 complessivi) contro i 233 guariti.
Rassicuranti anche le notizie dall’Azienda sanitaria di Potenza, che ha reso noto gli ultimi sviluppi dell’azione di prevenzione avviata per la fase 2. Con campagne di test alla ricerca di pazienti asintomatici soprattutto tra le categorie a rischio, prima ancora dell’insorgere di nuovi focolai.
Gli ultimi sottoposti «a tampone nasofaringeo» sono stati «i detenuti e i dipendenti (tra personale di Polizia penitenziaria e personale civile) della Casa Circondariale “Antonio Santoro” di Potenza». Ma l’intenzione è di completare «a breve (…) lo screening di tutti gli istituti penitenziari presenti nella provincia di Potenza».
Proseguono le dolenti note, invece, dall’azienda ospedaliera regionale San Carlo, dove è rimasto lettera morta il via libera alla riapertura, da lunedì scorso, dell’attività ambulatoriale sospesa agli inizi di marzo (a cui dovrebbe seguire quello di ricoveri e interventi “non salvavita”).
Da risolvere, infatti, ci sarebbero ancora problemi logistici legati all’accesso e al deflusso in sicurezza dei pazienti dalle varie strutture. Anche in considerazione del fatto che a Potenza tra il reparto di Malattie infettive e quello di pneumologia restano 11 pazienti positivi al covid 19 ricoverati.
Per questo, oltre a una riapertura limitata soltanto ad alcuni padiglioni (dove si potrebbero alternare a rotazione le diverse specialità), si starebbe già pensando a una conversione dell’ospedale da campo in via di allestimento nel parcheggio attiguo alla cittadella della salute del capoluogo. Una donazione del Qatar all’Italia, indirizzata alla Basilicata, che si pensava di utilizzare in autunno per ospitare i pazienti covid con sintomi lievi.
Trasferendovi attrezzature e personale dei gruppi covid dei reparti di malattie infettive, pneumologia, e allestendo alcuni posti di terapia intensiva, invece, potrebbe liberare del tutto il San Carlo dal fantasma del virus. Solo che le stime della tempistica perché diventi funzionale parlano di fine giugno. Quindi rinviare la ripartenza di attività ambulatoriali e ricoveri fino ad allora vorrebbe dire arrivare a luglio con 4 mesi di prenotazioni arretrate da smaltire, in pieno periodo festivo e con forti rallentamenti nel ritmo delle attività dovuti alle misure di prevenzione che andrebbero comunque adottate. A partire dalla sanificazione dei locali dopo ogni visita. In parole povere: un disastro. Che rischia di scatenare un esodo sanitario fuori regione, magari verso strutture provate, di chi oggi avrebbe bisogno di cure ma di questo passo rischia di sentirsi rispondere, quando verranno riaperte le agende, che prima di settembre/ottobre non se parla.
Ieri sulle incertezze della fase 2 del San Carlo sono intervenuti anche Giuliana Pia Scarano, Pasquale Locantore della Fp Cgil e Donato Summa e Piero Galasso della Cisl Fp, denunciando di conoscere ancora: «le proposte dell’azienda sanitaria regionale San Carlo per far ripartire in sicurezza le varie attività, contemperando la piena tutela del diritto alla salute con le misure atte a limitare il rischio contagio».
I sindacati hanno evidenziato l’incremento inevitabile delle liste d’attesa, a cui sarà necessario porre rimedio con «il rafforzamento degli organici dell’azienda». Tanto più se si considera «l’elevato numero di dipendenti immunodepressi e con prescrizioni che la stessa azienda ha collocato a riposo per tutto il periodo della pandemia» e quanti continuano a andare in pensione.
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